martedì 30 maggio 2017

PAGELLE DI SERIE A

Con il campionato conclusosi ieri, è tempo di dare i voti alle varie squadre. Una per una, tutte e venti. 

Risultato immagine per serie a pagelle

Si avvicina la fine di maggio ed è tempo di calcoli, per chiunque stia concludendo l'anno. Tra situazioni incerte, medie già sicure e rischio debiti, sembra di essere a fare la spesa al bazar di Marrakech nell'ora di punta, in un pomeriggio di caldo apocalittico. E invece ci si ritrova seduti su un divano, a discutere di calcio (come se in Italia sia una novità), e ad analizzare la stagiona appena terminata. E dopo qualche giorno di relax, ecco che l'ansia rientra, in concomitanza con l'arrivo delle pagelle. Di pagelle calcistiche se ne contano all'infinito, ma quelle che più valgono sono quelle di fine stagione. Come quelle che seguono, ad esempio.


ATALANTA 8.5
Se vogliamo parlare di sorprese, la vera sorpresa dell'anno. Una squadra da decimo posto portata da un maestro di lunga data, come Gian Piero Gasperini, al definitivo quarto posto nella giornata di sabato. I complimenti e gli elogi all'Atalanta sono ormai stati fatti da tutto l'Occidente cristiano, perché quest'anno calcistico sarà ricordato come il migliore della Dea da quando è stata fondata. Il migliore perché il "Papu" Gomez si è definitivamente preso la scena che aspettava da molto tempo (oltre che la Nazionale), perché i vari Petagna, Caldara, Kessie e Coti sono stati tutti (escluso Petagna), cresciuti in uno dei settori giovanili migliori d'Italia, ma anche probabilmente d'Europa. Migliore, infine, perché dopo 26 anni rivediamo una squadra nerazzurra, che non sia di Milano, che torna a giocarsi le sue carte in Europa. E questo, oltre che essere un bene per i tifosi e per la città, è un bene per tutta l'Italia, per riportare in auge l'idea che anche i giovani possono fare grandi cose.



BOLOGNA 5
Non una delle migliori stagioni per la squadra del cuore di Gianni Morandi, che tra infortuni e digiuni dal gol (soprattutto di Destro), non è riuscita ad esaltare come sperava e voleva i suoi tifosi.



CAGLIARI 6.5
Con 15 vittorie Rastelli è riuscito a salvare la sua squadra al primo anno dopo la promozione dalla B, qualcosa che non è riuscito a tutti gli allenatori. Guidato in avanti dalla coppia Sau-Boriello, dall'esperienza di Dossena, dalla tecnica di Joao Pedro e dalle parate di Rafael, l'allenatore di Torre del Greco ha assicurato ai suoi tifosi almeno un altra stagione nella massima divisione.



CHIEVO 6
Come ogni stagione il Chievo ha un andamento decrescente. L'inizio è sempre promettente, con la squadra che riesce sempre a stupire nel corso delle prime giornate, poi verso la fine del girone d'andata qualcosa s'inceppa e da quel momento in poi la squadra scaligera non riesce più a tenere il ritmo dei primi match.



CROTONE 8
Davide Nicola l'aveva promesso ad inizio stagione: nel caso il suo Crotone si fosse salvato, avrebbe fatto il tragitto che separa la città calabrese da Torino in bicicletta. E ora che il miracolo è concluso, l'allenatore dei rossoblù potrà godersi i bellissimi panorami italiani su due ruote non motorizzate. 20 punti nelle ultime nove giornate, e un Falcinelli da 13 gol totali in campionato hanno contribuito a rendere reale un miracolo che ad inizio anno sembrava più che utopico.



EMPOLI 4.5
La stagione, i toscani l'hanno maledettamente buttata via. L'hanno sprecata a Palermo, sul campo che in teoria più semplice di tutta la Serie A assieme a Pescara, banalmente perché i rosanero domenica erano già retrocessi da tempo. Invece no, i ragazzi di Martusciello hanno deciso di perderla, con un atteggiamento scialbo, a cui è conseguita una reazione avvenuta troppo tardi. Una stagione deludente, conclusa nel peggiore dei modi. La contestazione dei tifosi, una conseguenza logica.



FIORENTINA 6
Che la stagione non sarebbe stata esaltante, lo si era capito dall'ambiente. I Della Valle che iniziano a stufarsi di impegnarsi nel mondo del pallone, Paulo Sousa che medita il posto dove andare il prossimo anno, Pasqual che cambia aria e vai dai cugini dell'Empoli, il mercato che si rivela povero di acquisti. Tutti questi fattori hanno contribuito ad influenzare il morale e l'aspetto psicologico della squadra, che ha reagito di conseguenza, il più delle volte sfornando prestazioni lontane dalle aspettative. La vittoria sulla Juve l'unico grande acuto di una stagione grigia.



GENOA 5.5
Il rischio di concludere la stagione con la retrocessione è svanito a due giornate dalla fine, ma fino a quel momento era stato realmente un incubo di quelli seri. Anche in questo caso, un presidente che non ha più entusiasmo di investire (si vocifera che voglia vendere il club all'amico Berlusconi), e un mercato di poco valore. Tra gli aspetti positivi della stagione appena conclusa, la scoperta del "Cholito" Simeone e la riconferma di Juric.

INTER 5.5
Una stagione iniziata male e finita bene, quando ormai però vincere non contava più. La stagione interista può essere sostanzialmente definita in tre parole: un grande caos. Perché l'estate è iniziata con Mancini, intenzionato a pedir (chiedere per ottenere, in spagnolo) giocatori di altissimo livello quali Reus e altri. La società si è sentita offesa dal comportamento altezzoso dell'allenatore di Jesolo, e per questo l'otto agosto del 2016, l'ha rimpiazzato con Frank de Boer. FDB si è ritrovato catapultato in una situazione ai limiti dell'incredibile, in un campionato mai conosciuto a fondo e mai frequentato, con dei capi poco conoscenti in materia calcistica italiana. Le sue idee ha provato a portarle, in primis il 3-5-2 ma non è riuscito a radicarle nelle menti dei suoi calciatori, che fino all'uno di novembre hanno giocato praticamente in materia autonoma. Poi è arrivato Pioli, e con l'ex allenatore laziale l'Inter sembrava tutta un'altra squadra. L'esordio, come quello del ritorno di Mancini, è avvenuto nel derby, pareggiato in extremis. Dall'otto dicembre in poi, 9 vittorie consecutive hanno trasformato l'ex difensore in una sorta di Conte senza Scudetto, con l'Inter che ha agganciato il quarto posto. La vittoria di San Siro per 7-1 contro l'Atalanta è stato il manifesto della Milano nerazzurra firmata Pioli. Da quel momento un blackout totale, con soli 11 punti in 10 partite, e soprattutto con eclatanti sconfitte contro squadre quali Crotone e Genoa. I due intermezzi di Vecchi non sono serviti a molto. Servono investimenti, organizzazione, e testa, per ripartire con grandi ambizioni.


JUVENTUS 9
La stagione perfetta fino a dicembre, la stagione straordinaria da gennaio in poi. Perché fino alla pausa natalizia tutti gli schemi avevano funzionato bene, come un'auto nuova di zecca: Higuain che da sostituto di Mandzukic si prende a suon di gol il posto da titolare, Pjanic che in poco tempo prende in mano le redini del centrocampo, la BBC che praticamente non sbaglia un colpo. Domenica 22 gennaio la svolta con Allegri decide di spostare Mandzukic sull'esterno e affiancarlo a Dybala e Cuadrado, che agiscono dietro a Higuain. Pjanic e Khedira in medina, Dani Alves e Alex Sandro che fanno i terzini di un 4-2-3-1 che convince subito tutti. Il cambio di modulo, che diventa uno schieramento a cinque stelle, non fa che giovare alla Juve, che così acquisce l'aggressività in più che in certi casi le mancava. Il campionato, vinto alla penultima giornata, non riflette il vero andamento del campionato, dominato in lungo e in largo dai bianconeri, che nonostante ciò hanno avuto la matematica certezza della vittoria solo due domeniche fa. In Coppa Italia, lo strapotere juventino si è visto ancor di più, con i ragazzi di Allegri che hanno stravinto senza faticare molto. In Champions, sebbene escluso il Barcellona il cammino non è stato così complicato, alla finale i bianconeri ci sono arrivati, e se la giocheranno a viso aperto.


LAZIO 8
Simone Inzaghi è stato l'allenatore rivelazione dell'anno, la sua Lazio la squadra. I giocatori hanno completato l'allenatore, lui i suoi giocatori. Credo basti questo per definire più che buona la stagione laziale targata 2016-2017.


MILAN 7
La stagione di Montella è stata più che discreta. Iniziata in pompa magna nel girone d'andata, continuata non nel migliore dei modi nella parte centrale, chiusa male alla fine. Donnarumma si è riconfermato, Montella ha fatto un mezzo miracolo con la squadra a disposizione, Suso e Bonaventura i due assi di una squadra che non ha fatto della tecnica una delle sue migliori armi. I cinesi hanno iniziato a investire, e i rossoneri, dopo anni duri, sperano di proseguire su quest'onda.


NAPOLI 8
Il calcio di Sarri è alla lunga il migliore del nostro campionato. Merito suo e dei giocatori. Merito suo perché inventare Mertens falso nueve per sopperire all'assenza di Milik, è più di una mossa geniale, una mossa che pochi avrebbero voluto rischiare. I moduli, i movimenti ormai li conosciamo a memoria, ma nonostante ciò non riusciamo ancora a capacitarci di come i tre "nani" là davanti riescano ancora a stupirci. I misteri del calcio.


PALERMO 4.5
Il presunto cambio di proprietà, che non si sa ancora se sia avvenuto o meno, non ha portato gli effetti sperati, e molti infatti sospettano ancora che il reale proprietario sia Zamparini. Fatto sta che non definire disastrosa la stagione rosanera è molto, veramente molto difficile.


PESCARA 4
Una stagione disastrosa, iniziata già male a giugno, quando alla giusta riconferma di Oddo non erano seguiti i giusti acquisti per definire la squadra adatta alla categoria. Zeman ha tentato di portare i suoi concetti alla squadra, che però già prima dell'arrivo del tecnico boemo era già in crisi, con la prima vittoria arrivata solo a febbraio.


ROMA 7.5
L'anno ha avuto sostanzialmente tre grandi temi, ovvero l'eliminazione dalla Champions, Totti, ed infine Spalletti. Il tutto è iniziato nel peggiore dei modi, con l'eliminazione dall'Europa che conta da parte dei portoghesi del Porto, che all'Olimpico hanno schiantato la Roma per 3-0. Il cammino europeo è quindi proseguito in Europa League, con i giallorossi che hanno trovato un girone tutto sommato semplice (Viktoria Plzen, Austria Vienna e Astra Giurgiu). L'eliminazione con il Lione, venuta successivamente alla convincente vittoria nel turno precedente con il Villareal, ha mostrato tutti i limiti della Roma, una squadra capace di buttarsi via dopo aver concluso il primo tempo in vantaggio. Il secondo topic è Spallettti, uomo da una parte amato per i risultati ottenuti in questi tre anni e per gli accorgimenti tattici (Nainggolan trequartista su tutti), dall'altro lato odiato per come ha gestito il minutaggio di una figura sacra a Roma quale quella dell'ex capitano (dispiace dirlo) Francesco Totti. Proprio l'eterno capitano è il terzo ed ultimo argomento legato alla Roma. Capitano che ieri ha ammainato le vele per l'ultima volta dopo 25 interminabili e emozionantissimi anni. 25 anni a capo di una sola squadra, con una sola maglia. Il calciatore l'hanno già celebrato tutti, l'uomo non ancora. Perché Francesco, non si è mai lamentato pubblicamente dei minuti che Spalletti gli concedeva. Anche questi atteggiamenti lo rendono diverso dalla maggior parte degli altri calciatori di tutto il mondo. Il passaggio di fascia al più piccolo capitano della Roma (classe 2006), soprattutto.


SAMPDORIA 6
La stagione non è stata un granché, fatta eccezione per la grande rivelazione Schick e per i bomber Muriel e Quagliarella.


SASSUOLO 6
La stagione europea ha influito in maniera enorme sulle prestazioni nazionali della squadra emiliana, che però dall'Europa League è stata eliminata ai gironi. L'assenza di Berardi per infortunio è stato l'altro grande peso che ha gravato sulle performance della squadra di Eusebio Di Francesco. Perché il più delle volte, le pecore senza padrone si perdono, smarrite.


TORINO 6.5
Belotti, Hart e Mihajlovic sono stati i tre attori principali dell'annata 2016-17 del Torino. Il "Gallo" perché si è definitivamente affermato a livello italiano e continentale, con una grande stagione da 28 gol complessivi in 38 partite totali, che gli hanno permesso di ricevere un clausola da 100 milioni di euro. Hart, il gran portiere inglese che arriva in una piazza storica ma poco vincente, che conquista subito la curva granata, che compie poche delle sue solite papere, che dà l'addio al Toro con un post carico di emozioni su Instagram. E infine Mihajlovic, che da un lato carica chiunque per i derby contro la Juve, mentre dall'altro spacca i cartelloni delle interviste, dopo partite buttate all'aria. Un allenatore che si adatta in maniera perfetta, che calza a pennello con l'identità e lo spirito tipici dei granata. Un atteggiamento che dei tifosi sentimentali come quelli torinesi, piace eccome.


UDINESE 6
Stadio nuovo, stesso pubblico, stessa anonima stagione.






domenica 14 maggio 2017

FALLIRE FACENDO LA STORIA

Sabato é andato in scena "Breaking2", l'evento Nike che puntava ad abbattere il record di due ore nella maratona. Alla fine il tentativo é fallito per 25 secondi, ma arrivarci così vicino é un impresa. 



La prima volta che un uomo corse 42 km ininterrottamente era l'anno 490 a.C. L'epoca era quella della Guerra Persiana, tra i Greci e l'esercito di Dario I di Persia, che per punire l'aiuto militare dato da Atene e Eretria a delle colonie ribelle, decise di intraprendere una spedizione punitiva. L'anno 490 é quello della famosa battaglia di Maratona, da cui tutt'oggi prende il nome la disciplina olimpica. Questo é possibile grazie a un uomo, Fidippide, che corse senza sosta la distanza tra il campo di battaglia e la città difesa da Atena per annunciare la vittoria di quest'ultimi sugli acerrimi nemici. 
Anche sabato scorso qualcuno correva per annunciare qualcosa di importantissimo e storico: per dire al mondo che l'uomo, grazie alla tecnologia e alla scienza é capace di correre sotto le due ore i 42 km che compongono una maratona. 
Alla fine il risultato non é stato portato a termine per soli 25 millesimi, ma comunque é stato un grande successo: il "vincitore" Eliud Kipchoge ha infatti percorso i 17 giri migliorando di 2 minuti e 32 secondi il record del mondo, che rimarrà però invariato, dato che questo test non é considerabile come una vera e propria gara. Dico test non casualmente, perché in realtà Monza era un vero e proprio laboratorio scelto dalla Nike per verificare fino a dove un maratoneta, seppur con l'aiuto della tecnologia, potesse spingersi. 

La selezione degli atleti
All'inizio i papabili per la maratona erano 18, poi tramite Darwin ne sono rimasti tre. Eliud Kipchonge, 32 anni, keniano, vincitore della 42km di Rio; Lelisa Desisa, 27 anni, etiope, due volte vincitore della maratona di Boston; Zersenay Tadese, 35 anni, eritreo, detentore del record mondiale nella mezza maratona. Per arrivare a questi tre gli scienziati americani si sono basati su tre tipi di dati: velocità nel recuperare ossigeno, capacità di mantenere un passo veloce, dispersione di energia. 

La divisa
Qual é la prima cosa che un atleta si mette per andare a correre? La risposta é più che banale, la divisa. Ed é proprio da qui che il minuzioso lavoro della Nike inizia: dalla maglietta. Questo indumento é stato oggetto di dettagliate ricerche al fine di trovare tutti gli elementi che consentissero agli atleti di abbattere il muro delle due ore. La canotta é attillata e costruita con un materiale plastico che fende l'aria, ma é stata allo stesso tempo studiata per evitare che il sudore la facesse "attaccare" al corpo. I calzoncini sono più stretti sulle cosce ma più larghi sui fianchi per non limitare i movimenti, mentre i calzettoni sono stati realizzati con una particolare spugna al fine di evitare lo scivolamento del piede all'interno della scarpa. Alle braccia infine sono stati applicati dei manicotti che tengono costante la temperatura corporea e riducono l'attrito. Dei nastri con alette ai lati,  sono invece stati applicati ai polpacci, per aumentare l'aerodinamicità. 

Le scarpe
Partiamo col dire che anche le scarpe, come molte altre componenti usate per questo esperimento, non sono omologate dalla IAAF. Detto questo, la Nike ha compiuto studi per un anno per capire quale fosse la shoe migliore, e alla fine ha decretato vincitrice la Nike VaporFly 4%, chiamata così perché secondo il suo creatore dovrebbe avere il 4% di incidenza sulle prestazioni dell'atleta. 
Iniziando dalla forma, c'é da sottolineare il fatto che queste scarpe sono allungate e affilate, per sfruttare al meglio la velocità dell'atleta. Ma la "chicca" esistente e poco visibile, é la presenza di un plantare in fibra di carbonio, messo tra i due cuscinetti ammortizzatori situati sotto la suola, che ha la funzione di evitare che le dita si pieghino. Ciò permette all'atleta di riavere l'85% dell'energia scaricata a terra ad ogni passo. 
Il peso di queste sorta di scarpa volante é di soli 320 grammi, mentre il costo é di 250$. Pensate sia troppo? Immaginatevi mentre correte a 21.1 km/h e poi ne possiamo riparlare. 

L'alimentazione
Il cibo veniva servito ai tanto attesi ospiti ogni giro, per diciassette volte. Solido (barrette di carboidrati) o liquido, nulla importa, perché qualsiasi cosa sia sai che porterà beneficio, dato che anche il cibo è stato oggetto di studio della Nike. L'azienda americana infatti, si era posta come obiettivo quello di evitare crisi di fame, disidratazione e alimentazione eccessiva. 

Il percorso 
Dopo tantissimi mesi, passati alla ricerca delle location perfetta, di quella migliore dal punto di vista climatico e della pista, la società fondata da Phil Knight ha deciso di eleggere Monza come suo personale laboratorio. L'autodromo lombardo é stato scelto per la temperatura (che alle 5.45 del 6 maggio era 11.3 gradi), per la quasi assenza di vento, per il tasso di umidità attorno al 70%, per l'altimetria, sostanzialmente piatta, ed infine per la qualità dell'asfalto e per l'assenza di paraboliche. Tutto reso più semplice dal disegno della pista italiana per eccellenza, che facilitava rifornimenti e cambi delle lepri. 

Le lepri
In questo caso la domanda sorge spontanea: cosa c'entrano le lepri con una maratona? C'entrano eccome, invece. Le lepri sono infatti degli atleti che si dispongono in maniera tale da dettare il tempo all'atleta e da coprirlo dal punto di vista delle condizioni climatiche. Fatto sta che a Monza c'era una vera e propria batteria di lepri (30 atleti), tutti professioniste, disposte nella formazione 1-2-3. Davanti a loro c'era poi un'auto, che fendeva l'aria, teneva una velocità costante di 21.1 km/h e proiettava sull'asfalto una luce verde, usata per indicare il passo agli apripista.

Cosa ci rimane di Breaking2
Di Breaking2 ci rimangono sostanzialmente due cose: il nuovo limite raggiunto dall'essere umano e le onnipresenti polemiche. 
L'uomo con questo esperimento ha toccato nuove vette e, seppur aiutato dalla tecnologia e dalla scienza, ha rischiato di abbattere al primo tentativo un record che fino a qualche anno fa era pura teoria. Fallire di 25 secondi fa male, é un rimpianto che ti seguirà fino al prossimo tentativo: e il tutto é ancora più amaro se si pensa che prima del chilometro 30, quello da cui poi Kipchoge ha iniziato a rallentare, l'uomo aveva 6 secondi di vantaggio sulla macchina. Poi a 12 km dal termine, inspiegabilmente anche il cyborg keniano ha iniziato a divenire umano e a rallentare, riuscendo comunque a migliorare il suo tempo. "L'essere umano non ha limiti" era una delle frasi più volte ripetute dai tre corridori, ed in effetti prima del colpo di scena, si pensava che questa maratona potesse essere l'esempio migliore dell'uomo come essere perfetto, un motivo tanto caro agli Umanisti. Poi anche la scienza e la tecnologia si sono dovute farsi da parte, e al posto loro é subentrata la stanchezza, che ha reso meno epica la corsa di quanto spettacolare già non fosse. 
Arriviamo quindi alle polemiche, che fin da quando la Nike aveva annunciato l'evento, non avevano tardato ad arrivare. La più grande accusa che chiaramente é stata mossa contro alla società nata nell'Oregon é di avere storpiato il concetto di maratona, trasformandola in una sorta di test scientifico al fine di comprendere fino a che punto l'essere umano può spingersi. C'é da puntualizzare un aspetto che probabilmente pochi hanno notato: nessun uomo Nike ha mai pronunciato la parola maratona, riferendosi alla disciplina olimpica, perché tutti sapevano che con essa Breaking2 non avrebbe mai avuto a che fare. Se però vogliamo anche criticare questo evento come la solita mossa marketing targata Usa, allora si devono condannare anche tutti gli sponsor che partecipano alle maratone firmando partnership con gli atleti: allora, magari, é meglio tornare a correre i 42 km scalzi sui terreni accidentati, come nel 1960 a Roma fece Abebe Bikila. 
Fallire facendo la storia era già successo all'uomo nella sua storia ultra millenaria. Era successo a Napoleone nella battaglia di Waterloo (1815), successivamente a Mussolini (1940-45), poi a Lyndon Johnson e Richard Nixon (tra il '63 e il '74), ma mai a un corridore. 
Stavolta invece sì, questa volta si é registrata un'impresa causata da un fallimento. Esserne contenti può sembrare da fuori di testa, ma se provate a chiedere a Eliud Kipchoge, vedrete cosa vi risponderà.




lunedì 1 maggio 2017

IL MONDO AI PIEDI DI JOSHUA

Il boxeur britannico batte all'undicesimo round il 41enne Vladimir Klitschko in un match memorabile, davanti ai 90.000 spettatori di Wembley



"A vincere senza pericolo, si trionfa senza gloria." A pronunciare queste parole non é stato un personaggio a caso, il primo che passava per la via, bensì Pierre Corneille, uno dei tre "pezzi grossi" della drammaturgia francese del XVII, assieme a due altri immortali come Molière e Racine. E se dobbiamo trovare un'obbligatoria applicazione di questa frase allo sport, non possiamo che assegnarla ad Anthony Joshua. La frase é adattissima al boxeur britannico in quanto sabato, davanti ai 90.000 di Wembley, a rischiato di perdere la cintura mondiale da parte di Vladimir Klitschko ma alla fine, non senza correre pericoli, ha trionfato, portando a casa le cinture IBO, WBA, WBO e IBF nella categoria dei pesi massimi. 
Nei giorni prima del big match, tutta l'isola di Sua Maestà era ovviamente in trepida attesa per un match importantissimo che avrebbe ridato lustro in qualsiasi caso, sia nel caso della vittoria dell'idolo di casa sia in caso contrario, all'Inghilterra boxistica. E quale location migliore se non il mitico stadio di Wembley, un tempio pansportivo capace di ospitare 90.000 persone, che in passato aveva accolto più di una finale di Champions e più di un Mondiale di rugby. 
Ad affrontarsi c'erano due big di questo sport, divisi da 14 anni di età. 27 per Joshua, simbolo della box d'Oltremanica, discusso campione olimpico di categoria a Londra 2012, capace di vincere 18 incontri su 18 disputati per K.O.
41 invece le primavere per Klitschko, leader indiscusso di categoria negli ultimi 10 anni, con all'attivo uno score di 60 vittorie e quattro sole sconfitte, di cui l'ultima inflittagli un anno e mezzo fa da Tyson Fury. 
I bookmakers davano come favorito il britannico: 4/9 vincente, 4/5 per ko, 6/1 ai punti. Per quanto riguardava lo sfidante, 9/4 vincente, 7/2 per ko, 7/1 ai punti. 
La sfida é talmente globale che i prezzi sono sparati alle stelle (gli ultimi tagliandi a bordo ring venduti attorno ai 70.000 euro), e l'affluenza di star, tra le quali Arnold Schwarzenegger, é stata non da poco. 
Il match é stato equilibratissimo per i primi cinque round, con Klitschko che cercava il varco giusto, il punto debole per attaccare l'avversario, mentre Joshua rimaneva sulla difensiva, in attesa di trovare l'occasione giusta per iniziare a sferrare colpi decisivi. 
Nel quinto round, nemmeno se fosse in uno stato di estasi, il boxeur britannico é entrato sul ring elettrizzato. Il russo, preso alla sprovvista, subisce in sequenza un gancio destro e dopo poco uno sinistro che lo stordiscono non poco, e che lo obbligano a inginocchiarsi al tappeto. I 30 secondi rimanenti sono una vera e propria caccia all'uomo, con Joshua che cerca il colpo fatale mentre Klitschko cerca in qualche modo di difendersi. E che la difesa sia il miglior attacco il russo lo sa bene, dato che prima del gong riesce a stordire l'avversario con un diretto destro niente male. É pero nel sesto round che la vera potenza del 41enne esce allo scoperto prepotentemente, mandando al tappeto l'idolo di casa con un gran diretto destro, alla lunga il suo colpo migliore. Joshua sembra distrutto, affaticato, in confusione, ma grazie anche al sostegno dei 90.000 di Wembley, riesce a riprendersi e a vincere il round numero 10, rimettendo tutto in equilibrio. 
Nell'ultimo e decisivo round, la maggior freschezza dell'inglese, data soprattutto dall'età, esce fuori, ed é in questo momento che Anthony Joshua capisce che é quella la ripresa fondamentale per la vittoria. Perciò inizia a martellare di pugni Klitschko, colpendolo con un montante destro e mandandolo a terra. Sembra tutto finito, sembra che Joshua possa esultare, ma nemmeno stavolta il veterano russo lascia vincere così facilmente l'avversario. Un'altra serie di pugni devastanti, chiusi da un spettacolare gancio sinistro, mettono però la parola fine ad un match eccezionale, caratterizzato da un livello di pathos che non vedevamo dall'ultimo incontro di Mayweather (2 maggio 2015). 
Indipendentemente da come sia realmente terminato il match, possiamo con certezza affermare che entrambi i pugili escono sicuramente arricchiti da questo match, dato che ognuno ha portato a casa una borsa riempita con ben 18 milioni di euro. E se per Joshua questo successo significa visibilità a livello mondiale, e per Klitschko la sconfitta significa ritiro quasi certo, per la boxe questo memorabile incontro significa un'unica cosa: essere rispolverata e messa in mostra come un diamante di grande valore.