Dopo la vergognosa qualificazione mancata al Mondiale i colpevoli sono due: Tavecchio e Ventura. Analizziamo le loro colpe, e tentiamo di capire da dove si può ripartire
"La difesa sballata, il centrocampo endemicamente fioco, l'attacco scomposto di gente molto sollecitata a impaurirsi. E dove credevamo di andare?" Così, il grandissimo giornalista sportivo Gianni Brera commentava la sconfitta clamorosa dell'Italia contro la Nord Corea, che aveva di fatto eliminato gli Azzurri dal Mondiale inglese del 1966. Per quanto quella disfatta avesse assunto proporzioni sostanzialmente catastrofiche, per quanto quella sconfitta rappresentava uno dei punti più bassi della nostra storia calcistica, per quanto fossimo stati battuti da un dentista, niente di tutto ciò é lontanamente paragonabile a uno scenario di proporzioni bibliche che non avremmo mai voluto vedere: l'Italia che non si qualifica alla Coppa del Mondo. Prima di lunedì, una sola volta la nostra nazionale non era riuscita ad ottenere il pass che garantiva l'accesso alla competizione calcistica più importante del globo terrestre. Allora, 15 gennaio 1958, riuscimmo a essere eliminati da due gol di due calciatori, Mcllroy e Cush, che hanno avuto una carriera praticamente nulla, eccetto per quel labile momento di effimera gloria. Quegli Azzurri, a dirla tutta, non erano la squadra più forte che il calcio nostrano avesse generato, gli unici degni di nota paradossalmente erano i due oriundi Schiaffino e Ghiggia, e questo é tutt'oggi visto come una delle cause che portarono al "disastro di Belfast". Il ct Alfredo Foni fu considerato inadatto e per questo esonerato, così come il presidente della FIGC, il cui mandato terminò con il commissariamento da parte della Federcalcio.
59 anni più tardi, quasi come se volessimo festeggiare le nozze di diamante, siamo riusciti nell'orribile impresa di farci eliminare ai playoff dalla Svezia, che battendoci potrà bellamente godersi l'esperienza russa del Mondiale. 59 anni dopo siamo riusciti a non qualificarci, ancora una volta contro un avversario dallo spessore nettamente inferiore al nostro. E pensare che la Svezia l'avevamo già battuta, ad Euro 2016, quando in squadra gli scandinavi avevano ancora un campione come Zlatan Ibrahimovic. "Via Ibra, si pensava, tutto é già fatto", "Ma che vuoi che facciano questi svedesi, che hanno solo Forsberg come unico talento", dicevano. Dall'altra parte della barricata c'erano gli scettici, o almeno coloro che pensavano che la Svezia sarebbe stata una squadra particolarmente ostica, dura da fronteggiare, e che avremmo dovuto faticare per passare. Un sondaggio riportato venerdì 10 novembre sulla Gazzetta dello Sport mostrava come il 69% degli intervistati era fiducioso che, nonostante un po' di fatica, avremmo staccato il biglietto per Mosca. Solamente due giorni più tardi, in un'inchiesta online su Gazzetta.it, il 15% si dichiarava ottimista in visto del ritorno.
Alla fine, i dubbiosi hanno avuto la meglio, hanno avuto ragione, hanno predetto il futuro senza saperlo. L'Italia é fuori, l'Italia non andrà ai Mondiali, il movimento italiano é da rifondare, partendo dalle fondamenta. I colpevoli sono due e sono già stati individuati: Tavecchio e Ventura. In questo articolo analizzeremo cosa hanno fatto di male, dove hanno sbagliato, ma metteremo anche l'accento sul punto di ripartenza, vale a dire da dove e da chi si può ripartire per rifondare il calcio del Bel Paese.
1. Le colpe di Tavecchio: scegliere e riconfermare Ventura / non occuparsi dei settori giovanili
Il termine colpa in sé contiene un concetto molto semplice: quando sei incolpato di aver fatto qualcosa, significa che quell'azione l'hai commessa, e almeno che ti considerino innocente, passerai il resto della tua vita dietro delle sbarre di ferro. Parlando di Carlo Tavecchio l'idea rimane la stessa, nonostante il contesto sia molto meno cupo e pesante. Ciononostante, l'ex presidente di FIGC ed ex commissario della Lega Serie A é il secondo maggiore imputato, dietro solo a Ventura, del disastro calcistico del Bel Paese. Le colpe, sono di aver scelto e riconfermato l'ex allenatore del Torino e di non essersi occupato abbastanza dei settori giovanili e del problema degli stranieri.
Incomincio con il dire che la scelta di Ventura per guidare la Nazionale nel periodo post-Conte sembrava a molti, incluso il sottoscritto, una scelta parecchio azzardata. Una no-sense choice perché il tecnico ligure é un allenatore le cui idee esigono parecchio tempo per trasformarsi in concreto. La realtà parla chiaro e afferma che per raggiungere risultati importanti l'ex tecnico azzurro ha dovuto lavorare costantemente per quattro anni con un gruppo, il Torino, che ha raggiunto il suo massimo traguardo nel 2014-15 con l'approdo agli ottavi di finale di Europa League. É chiaro che se si vuole partecipare al Mondiale, serve un allenatore che sappia adattarsi velocemente al contesto e che utilizzi il materiale che ha a disposizione, una skill che Gian Piero Ventura ha mostrato di non possedere.
L'errore però più grave in tutto ciò non é stato tanto sceglierlo, i fan del tecnico diranno che era l'unica scelta decente sul mercato, bensì riconfermagli la fiducia nell'agosto di quest'anno. Precisamente il 9 agosto del 2017, Tavecchio annunciava il rinnovo di Ventura fino al 2020, scatenando l'ira di tutti coloro che sono dotati di pensiero razionali. Tutte queste persone si sono infuriate perché a meno che la qualificazione alla Coppa del Mondo sia certa, prima di rinnovare la fiducia a qualsiasi allenatore aspetti di vedere come va a finire la vicenda. Nel caso dell'Italia la situazione é andata di male in peggio, e oggi come oggi ci troviamo fuori dal Mondiale e con un ex CT ancora da stipendiare fino al giugno dell'anno prossimo. Vi sembra possibile compiere una scelta così azzardata? A me sinceramente no, ma si sa che la nostra nazione é piena di soggetti alquanto creativi, e Tavecchio sfortunatamente si é dimostrato uno di questi.
L'altra gravissima pecca commessa dell'ormai ex presidente della FIGC é stata quella di non essersi occupato prima del problema giovani e di quello legato all'eccessivo numero di stranieri che giocano nel nostro campionato. Per centrare meglio la questione, é meglio servirsi di alcuni dati, sempre utili in queste situazioni. All'indomani della catastrofica disfatta azzurra, "La Repubblica" snocciola una serie di numeri sulla situazione giovani e stranieri in Italia, evidenziando che il 73% dei convocati dall'Under 20 tra il 2011 e il 2015 non gioca attualmente in Serie A e che il 38% dei calciatori che hanno disputato la finale dell'ultimo campionato Primavera non erano italiani. Il quotidiano aggiunge che uno dei punti cardine della riforma di Tavecchio erano la creazione di centri federali dove formare i futuri calciatori, prendendo come modello la Germania. Il progetto ne prevede 200, ma al giorno d'oggi quelli attivi sono solo 30 (contro i 390 tedeschi), di cui 10 negli ultimi quaranta giorni. Per ora sono stati stanziati 9 milioni, ma ne serviranno altrettanti annualmente per sostenere il progetto. Il modello tedesco si basa sull'utilizzo di 1600 allenatori di base che formano i ragazzi, in gran parte figli di immigrati tedeschi e "germanizzati" tramite una sorta di Ius Soli. In Italia, tutto questo é pura utopia, e la realizzazione di tutto ciò é ancora lì che vaga nella mente dei grandi capi della Federazione calcistica. Fabio Caressa sostiene che nelle attuali scuole calcio, le chance di vittoria vengono preferite alla tecnica e la qualità, e quindi i ragazzini più forti fisicamente vengono scelti, mentre magari quelli più esili vengono scartati il più delle volte, considerati incapaci di portare alla vittoria squadre con allenatori la cui fama si ferma ai confini comunali. La storia del calcio ci ha dimostrato che anche i bambini gracili possono diventare leggende, Messi su tutti, ma pare che il movimento italiano non abbia una memoria abbastanza lunga per ricordarsi tutto ciò.
Altro aspetto importantissimo da considerare é quello degli stranieri in Italia, e su questo argomento nel corso degli ultimi giorni si sono intromessi anche personaggi che non hanno nulla a che vedere con il calcio, tra cui i politici Matteo Salvini e Giorgia Meloni che hanno chiaramente espresso un giudizio decisamente negativo. Tralasciando questo excursus politico, é chiaro che la questione stranieri é qualcosa che da qualche anno a questa parte ha assunto un'importanza rilevante. Basti pensare che il 23 aprile della scorsa stagione nel match Inter-Udinese, sui 22 giocatori in campo non c'era nessun italiano, fatto da record per quanto riguarda il nostro campionato. In Italia, secondo i dati di Transfermark.it, gli stranieri rappresentano il 53.3% del totale, in Germania sono il 52.7% mentre in Portogallo raggiungono il 57,6%. Questo per dire che nonostante si abbia più della metà dei tesserati non italiani, ciò non significa che il livello del campionato sia basso. Lo dimostra la Germania stessa, che pur avendo così tanti stranieri é campione del mondo e d'Europa (U21) uscente e si trova stabilmente da anni nelle prime posizioni del ranking FIFA. Il grande problema del nostro campionato non é la quantità di extracomunitari, bensì la qualità. Perché, come Ambrosini spiegava nell'immediato post Italia-Svezia, sembra che ci divertiamo a fare giocare i calciatori di altre nazionali, preferendoli ai nostri. Con questa citazione non vogliamo per nulla sminuire la globalizzazione calcistica, senza la quale Messi e Suarez non avrebbero mai potuto giocare assieme, ma vogliamo solamente dire agli allenatore che se devono scegliere tra un italiano e uno straniero di pari livello, dovrebbero scegliere il primo, in primis per il bene della nostra Nazionale. Perché d'altronde, se i nostri ragazzi non giocano e non ricevono fiducia, non accumulano minuti ed esperienza, un deficit che pagano ad un prezzo salatissimo quando scendono in campo in competizioni prestigiose. In questi contesti ciò che conta, oltre alla qualità, é la capacità di reggere alle pressioni e alle aspettative di milioni di persone, le quali vogliono una sola cosa: vincere. Se non riesci a dar loro ciò di cui hanno bisogno verrai bersagliato di fischi, come é successo una settimana fa a San Siro. Coltivare e far giocare i nostri giovani serve anche a questo: a permettere loro di farsi le ossa in campionato per poi reggere al cospetto di palcoscenici da brivido, un concetto che in Italia pare che non abbiamo afferrato del tutto.
Incomincio con il dire che la scelta di Ventura per guidare la Nazionale nel periodo post-Conte sembrava a molti, incluso il sottoscritto, una scelta parecchio azzardata. Una no-sense choice perché il tecnico ligure é un allenatore le cui idee esigono parecchio tempo per trasformarsi in concreto. La realtà parla chiaro e afferma che per raggiungere risultati importanti l'ex tecnico azzurro ha dovuto lavorare costantemente per quattro anni con un gruppo, il Torino, che ha raggiunto il suo massimo traguardo nel 2014-15 con l'approdo agli ottavi di finale di Europa League. É chiaro che se si vuole partecipare al Mondiale, serve un allenatore che sappia adattarsi velocemente al contesto e che utilizzi il materiale che ha a disposizione, una skill che Gian Piero Ventura ha mostrato di non possedere.
L'errore però più grave in tutto ciò non é stato tanto sceglierlo, i fan del tecnico diranno che era l'unica scelta decente sul mercato, bensì riconfermagli la fiducia nell'agosto di quest'anno. Precisamente il 9 agosto del 2017, Tavecchio annunciava il rinnovo di Ventura fino al 2020, scatenando l'ira di tutti coloro che sono dotati di pensiero razionali. Tutte queste persone si sono infuriate perché a meno che la qualificazione alla Coppa del Mondo sia certa, prima di rinnovare la fiducia a qualsiasi allenatore aspetti di vedere come va a finire la vicenda. Nel caso dell'Italia la situazione é andata di male in peggio, e oggi come oggi ci troviamo fuori dal Mondiale e con un ex CT ancora da stipendiare fino al giugno dell'anno prossimo. Vi sembra possibile compiere una scelta così azzardata? A me sinceramente no, ma si sa che la nostra nazione é piena di soggetti alquanto creativi, e Tavecchio sfortunatamente si é dimostrato uno di questi.
L'altra gravissima pecca commessa dell'ormai ex presidente della FIGC é stata quella di non essersi occupato prima del problema giovani e di quello legato all'eccessivo numero di stranieri che giocano nel nostro campionato. Per centrare meglio la questione, é meglio servirsi di alcuni dati, sempre utili in queste situazioni. All'indomani della catastrofica disfatta azzurra, "La Repubblica" snocciola una serie di numeri sulla situazione giovani e stranieri in Italia, evidenziando che il 73% dei convocati dall'Under 20 tra il 2011 e il 2015 non gioca attualmente in Serie A e che il 38% dei calciatori che hanno disputato la finale dell'ultimo campionato Primavera non erano italiani. Il quotidiano aggiunge che uno dei punti cardine della riforma di Tavecchio erano la creazione di centri federali dove formare i futuri calciatori, prendendo come modello la Germania. Il progetto ne prevede 200, ma al giorno d'oggi quelli attivi sono solo 30 (contro i 390 tedeschi), di cui 10 negli ultimi quaranta giorni. Per ora sono stati stanziati 9 milioni, ma ne serviranno altrettanti annualmente per sostenere il progetto. Il modello tedesco si basa sull'utilizzo di 1600 allenatori di base che formano i ragazzi, in gran parte figli di immigrati tedeschi e "germanizzati" tramite una sorta di Ius Soli. In Italia, tutto questo é pura utopia, e la realizzazione di tutto ciò é ancora lì che vaga nella mente dei grandi capi della Federazione calcistica. Fabio Caressa sostiene che nelle attuali scuole calcio, le chance di vittoria vengono preferite alla tecnica e la qualità, e quindi i ragazzini più forti fisicamente vengono scelti, mentre magari quelli più esili vengono scartati il più delle volte, considerati incapaci di portare alla vittoria squadre con allenatori la cui fama si ferma ai confini comunali. La storia del calcio ci ha dimostrato che anche i bambini gracili possono diventare leggende, Messi su tutti, ma pare che il movimento italiano non abbia una memoria abbastanza lunga per ricordarsi tutto ciò.
Altro aspetto importantissimo da considerare é quello degli stranieri in Italia, e su questo argomento nel corso degli ultimi giorni si sono intromessi anche personaggi che non hanno nulla a che vedere con il calcio, tra cui i politici Matteo Salvini e Giorgia Meloni che hanno chiaramente espresso un giudizio decisamente negativo. Tralasciando questo excursus politico, é chiaro che la questione stranieri é qualcosa che da qualche anno a questa parte ha assunto un'importanza rilevante. Basti pensare che il 23 aprile della scorsa stagione nel match Inter-Udinese, sui 22 giocatori in campo non c'era nessun italiano, fatto da record per quanto riguarda il nostro campionato. In Italia, secondo i dati di Transfermark.it, gli stranieri rappresentano il 53.3% del totale, in Germania sono il 52.7% mentre in Portogallo raggiungono il 57,6%. Questo per dire che nonostante si abbia più della metà dei tesserati non italiani, ciò non significa che il livello del campionato sia basso. Lo dimostra la Germania stessa, che pur avendo così tanti stranieri é campione del mondo e d'Europa (U21) uscente e si trova stabilmente da anni nelle prime posizioni del ranking FIFA. Il grande problema del nostro campionato non é la quantità di extracomunitari, bensì la qualità. Perché, come Ambrosini spiegava nell'immediato post Italia-Svezia, sembra che ci divertiamo a fare giocare i calciatori di altre nazionali, preferendoli ai nostri. Con questa citazione non vogliamo per nulla sminuire la globalizzazione calcistica, senza la quale Messi e Suarez non avrebbero mai potuto giocare assieme, ma vogliamo solamente dire agli allenatore che se devono scegliere tra un italiano e uno straniero di pari livello, dovrebbero scegliere il primo, in primis per il bene della nostra Nazionale. Perché d'altronde, se i nostri ragazzi non giocano e non ricevono fiducia, non accumulano minuti ed esperienza, un deficit che pagano ad un prezzo salatissimo quando scendono in campo in competizioni prestigiose. In questi contesti ciò che conta, oltre alla qualità, é la capacità di reggere alle pressioni e alle aspettative di milioni di persone, le quali vogliono una sola cosa: vincere. Se non riesci a dar loro ciò di cui hanno bisogno verrai bersagliato di fischi, come é successo una settimana fa a San Siro. Coltivare e far giocare i nostri giovani serve anche a questo: a permettere loro di farsi le ossa in campionato per poi reggere al cospetto di palcoscenici da brivido, un concetto che in Italia pare che non abbiamo afferrato del tutto.
2. Le colpe di Ventura: troppo orgoglio e scelte tecniche incomprensibili
Platone afferma che la morte di Socrate ha anche un grande aspetto positivo, vale a dire la rinascita della società, che guidata dai filosofi, deve essere orientata verso il bene. Il paragone tra i giornalisti e il filosofo ateniese non regge, però é possibile scorgere un'analogia tra la situazione nel IV secolo a.C. e quella attuale. Lo si può fare perché anche il sistema calcio in Italia é sostanzialmente morto, ucciso dall'eliminazione ai playoff, e sta tentando di rialzarsi, cacciando via Tavecchio e affidandosi a volti nuovi e propositivi. Ventura é stato messo come secondo imputato, perché se l'ex presidente é la punta dell'iceberg, l'ex CT rappresenta la base del masso ghiacciato: una volta tolta quella, il resto cade in maniera naturale. Evitiamo però di dilungarci troppo su questioni futili, e come si dice nel parlar comune, "passiamo al sodo". Le colpe di Ventura, come ben scritto in neretto sono quelle di aver avuto troppo orgoglio e di aver fatto scelte tecniche indecifrabili.
Partiamo dalla prima affermando che mai un CT nella storia del nostro Paese aveva anteposto ciò in cui crede a ciò che é necessario. La prima cosa che ti insegnano da bambino quando sbagli qualcosa é di rialzarti e fare in un altro modo, di cercare una nuova via da percorrere. A dirla tutta non so come sia stata l'infanzia di Ventura, ma sicuramente crescendo non ha ben compreso quest'ultimo concetto. Non solo non l'ha compreso, l'ha sentito e ha tirato avanti come se niente fosse, incurante anche dei consigli che gli avevano dato i calciatori, i quali proponevano di cambiare modulo. L'ex tecnico di Bari e Torino, dopo aver affermato addirittura di volersi dimettere, ha ovviamente continuato a battere sempre la stessa strada, con l'obiettivo di dimostrare che le sue idee e principi tattici ci avrebbero portato tranquillamente in Russia. Una mancata qualificazione più tardi abbiamo compreso che questo atteggiamento si chiama presunzione o eccesso di orgoglio, scegliete voi qual é il migliore. Parlando in maniera generica, non é possibile che a questi livelli si facciano determinate scelte in base a criteri inesistenti, come il patriottismo personale e l'orgoglio. Non é ammissibile che un CT scelga in questa maniera, soprattutto se vuoi vincere. Se vuoi passare il turno e noti che le tue idee steccano, la prima cosa da fare é adattarsi al materiale a disposizione trovando il sistema di gioco più funzionale. Il 3-4-3 o il 4-3-3 sarebbero stati dei moduli efficienti, capaci di esaltare le qualità dei nostri singoli, Insigne su tutti, ma Ventura non ha voluto ascoltare, e la situazione attuale é figlia del suo menefreghismo. Pare averlo fatto apposta: piuttosto che adattarsi, meglio farsi esonerare. Caro Gian Piero, prima di fare di nuovo il bravo alunno pensaci due volte la prossima volta.
Il secondo punto é probabilmente ancora peggio, dato che é quello che più ha fatto infuriare il popolo calcistico italiano. Il problema in realtà si riduce a pochi uomini: Insigne, Gabbiadini e Candreva. Partiamo al contrario, dall'ala dell'Inter a quella del Napoli. Il grande errore di Ventura é stato quello di schierare Candreva al ritorno, quando sai che lo svedese più basso é 1.85 m e che la principale caratteristica del numero 87 interista sono i cross. Le gran pecche di Candreva sono che mette troppi cross, difatti con la Svezia é risultato l'uomo che ha crossato di più, e che soprattutto la maggior parte dei suoi cross non finiscono agli attaccanti, bensì contro i corpi dei suoi marcatori. Contro la Svezia si é visto che il suo continuare a mettere traversoni su traversoni non ha fruttato niente, tranne che rabbia, fischi e rammarico.
Con Gabbiadini il problema é ancora più semplice, perché non ci vuole Einstein per capire che un calciatore che nell'ultimo anno in Nazionale ha giocato 46 minuti non può essere messo in campo nel match più importante della stagione. Ventura invece, da gran menefreghista qual é, ha fatto di testa sua é ha sbagliato, dato che Gabbiadini si é limitato a fare qualche sponda ma niente di più.
La pecca più grossa però, l'ex CT l'ha fatta con Insigne, che ha giocato solamente 15 minuti in totale nelle due sfide. Come é possibile che il calciatore più talentuoso, creativo e forte di quest'Italia venga relegato così facilmente in panchina? É chiaro che questo discorso si ricollega a quello di prima sull'ostinazione di Ventura, che ora viene del tutto a galla. Il sacrificio di Insigne é il culmine dell'orgoglio venturiano, il punto più alto di un atteggiamento sbagliato fin dal principio. Non é possibile sacrificare l'estro del ragazzo napoletano per un modulo solo apparentemente corretto. Ventura, però, é riuscito sfortunatamente anche a fare questo.
Platone afferma che la morte di Socrate ha anche un grande aspetto positivo, vale a dire la rinascita della società, che guidata dai filosofi, deve essere orientata verso il bene. Il paragone tra i giornalisti e il filosofo ateniese non regge, però é possibile scorgere un'analogia tra la situazione nel IV secolo a.C. e quella attuale. Lo si può fare perché anche il sistema calcio in Italia é sostanzialmente morto, ucciso dall'eliminazione ai playoff, e sta tentando di rialzarsi, cacciando via Tavecchio e affidandosi a volti nuovi e propositivi. Ventura é stato messo come secondo imputato, perché se l'ex presidente é la punta dell'iceberg, l'ex CT rappresenta la base del masso ghiacciato: una volta tolta quella, il resto cade in maniera naturale. Evitiamo però di dilungarci troppo su questioni futili, e come si dice nel parlar comune, "passiamo al sodo". Le colpe di Ventura, come ben scritto in neretto sono quelle di aver avuto troppo orgoglio e di aver fatto scelte tecniche indecifrabili.
Partiamo dalla prima affermando che mai un CT nella storia del nostro Paese aveva anteposto ciò in cui crede a ciò che é necessario. La prima cosa che ti insegnano da bambino quando sbagli qualcosa é di rialzarti e fare in un altro modo, di cercare una nuova via da percorrere. A dirla tutta non so come sia stata l'infanzia di Ventura, ma sicuramente crescendo non ha ben compreso quest'ultimo concetto. Non solo non l'ha compreso, l'ha sentito e ha tirato avanti come se niente fosse, incurante anche dei consigli che gli avevano dato i calciatori, i quali proponevano di cambiare modulo. L'ex tecnico di Bari e Torino, dopo aver affermato addirittura di volersi dimettere, ha ovviamente continuato a battere sempre la stessa strada, con l'obiettivo di dimostrare che le sue idee e principi tattici ci avrebbero portato tranquillamente in Russia. Una mancata qualificazione più tardi abbiamo compreso che questo atteggiamento si chiama presunzione o eccesso di orgoglio, scegliete voi qual é il migliore. Parlando in maniera generica, non é possibile che a questi livelli si facciano determinate scelte in base a criteri inesistenti, come il patriottismo personale e l'orgoglio. Non é ammissibile che un CT scelga in questa maniera, soprattutto se vuoi vincere. Se vuoi passare il turno e noti che le tue idee steccano, la prima cosa da fare é adattarsi al materiale a disposizione trovando il sistema di gioco più funzionale. Il 3-4-3 o il 4-3-3 sarebbero stati dei moduli efficienti, capaci di esaltare le qualità dei nostri singoli, Insigne su tutti, ma Ventura non ha voluto ascoltare, e la situazione attuale é figlia del suo menefreghismo. Pare averlo fatto apposta: piuttosto che adattarsi, meglio farsi esonerare. Caro Gian Piero, prima di fare di nuovo il bravo alunno pensaci due volte la prossima volta.
Il secondo punto é probabilmente ancora peggio, dato che é quello che più ha fatto infuriare il popolo calcistico italiano. Il problema in realtà si riduce a pochi uomini: Insigne, Gabbiadini e Candreva. Partiamo al contrario, dall'ala dell'Inter a quella del Napoli. Il grande errore di Ventura é stato quello di schierare Candreva al ritorno, quando sai che lo svedese più basso é 1.85 m e che la principale caratteristica del numero 87 interista sono i cross. Le gran pecche di Candreva sono che mette troppi cross, difatti con la Svezia é risultato l'uomo che ha crossato di più, e che soprattutto la maggior parte dei suoi cross non finiscono agli attaccanti, bensì contro i corpi dei suoi marcatori. Contro la Svezia si é visto che il suo continuare a mettere traversoni su traversoni non ha fruttato niente, tranne che rabbia, fischi e rammarico.
Con Gabbiadini il problema é ancora più semplice, perché non ci vuole Einstein per capire che un calciatore che nell'ultimo anno in Nazionale ha giocato 46 minuti non può essere messo in campo nel match più importante della stagione. Ventura invece, da gran menefreghista qual é, ha fatto di testa sua é ha sbagliato, dato che Gabbiadini si é limitato a fare qualche sponda ma niente di più.
La pecca più grossa però, l'ex CT l'ha fatta con Insigne, che ha giocato solamente 15 minuti in totale nelle due sfide. Come é possibile che il calciatore più talentuoso, creativo e forte di quest'Italia venga relegato così facilmente in panchina? É chiaro che questo discorso si ricollega a quello di prima sull'ostinazione di Ventura, che ora viene del tutto a galla. Il sacrificio di Insigne é il culmine dell'orgoglio venturiano, il punto più alto di un atteggiamento sbagliato fin dal principio. Non é possibile sacrificare l'estro del ragazzo napoletano per un modulo solo apparentemente corretto. Ventura, però, é riuscito sfortunatamente anche a fare questo.
3. Da dove ripartire: Ancelotti e presidente della FIGC non telecomandato
Arriviamo finalmente, dopo 2425 parole negative, a parlare degli aspetti da cui dobbiamo ripartire per rifondare interamente il movimento calcistico italiano. Il nome da cui tutto deve rinascere é Carlo Ancelotti e vi spiego semplicemente il perché. Allenatore ben visto in Italia, considerato un grande da tutti fuori e dentro la penisola, grandissima esperienza, palmares più che ricco di trofei, capacità di adattamento ai giocatori a disposizione, capacità di relazionarsi con spogliatoi di un certo livello, Milan e Real Madrid a dimostrazione di tutto ciò, voglia di ripartire in grande stile, disponibilità solo con un progetto serio. Quest'ultimo punto é probabilmente il più importante nell'opera di convincimento di uno dei manager più qualificati al mondo. Per avere Carlo Ancelotti dobbiamo avere progetti seri, idee chiare e ben fissate in testa, soluzioni attuabili per risolvere i problemi che affliggono la Federazione. Una volta chiarito tutto ciò, una volta che all'ex allenatore del Bayern sarà garantito tutto questo, sarà dura che rifiuti la chiamata della sua Nazionale, nonostante lo stipendio sarà leggermente più basso del solito.
L'altro punto é il bisogno di avere una faccia nuova come capo della FIGC, una persona che sia qualificata ed adatta a svolgere questo importantissimo incarico. Una persona che sia capace di farsi valere, di non farsi sottomettere dalla volontà di nessun presidente di club, indifferentemente che esso guidi la Lazio o la Juve. Una persona infine che abbia gli attributi di fare veramente dei cambiamenti, di prendere decisioni che possano scuotere il terreno fin dalle fondamenta, cambiando ciò che deve essere cambiato, stavolta veramente, é migliorando ciò che già di buono é stato fatto. Con queste poche righe faccio i miei più sinceri auguri al nuovo presidente, chiunque esso sarà, con la speranza che il mondo del calcio italiano diventi d'ispirazioni per altri.
Chiudo con una nota decisamente patriottica, destinata al popolo italiano in generale: nel 1945 eravamo un Paese sull'orlo della catastrofe, e grazie agli aiuti ma soprattutto alle nostre idee, ne siamo usciti fuori e abbiamo creato un decennio di boom economico. Tentiamo anche nel calcio di rialzarci, come il popolo d'Italia é sempre abituato a fare. D'altronde, é nel nostro DNA.
Arriviamo finalmente, dopo 2425 parole negative, a parlare degli aspetti da cui dobbiamo ripartire per rifondare interamente il movimento calcistico italiano. Il nome da cui tutto deve rinascere é Carlo Ancelotti e vi spiego semplicemente il perché. Allenatore ben visto in Italia, considerato un grande da tutti fuori e dentro la penisola, grandissima esperienza, palmares più che ricco di trofei, capacità di adattamento ai giocatori a disposizione, capacità di relazionarsi con spogliatoi di un certo livello, Milan e Real Madrid a dimostrazione di tutto ciò, voglia di ripartire in grande stile, disponibilità solo con un progetto serio. Quest'ultimo punto é probabilmente il più importante nell'opera di convincimento di uno dei manager più qualificati al mondo. Per avere Carlo Ancelotti dobbiamo avere progetti seri, idee chiare e ben fissate in testa, soluzioni attuabili per risolvere i problemi che affliggono la Federazione. Una volta chiarito tutto ciò, una volta che all'ex allenatore del Bayern sarà garantito tutto questo, sarà dura che rifiuti la chiamata della sua Nazionale, nonostante lo stipendio sarà leggermente più basso del solito.
L'altro punto é il bisogno di avere una faccia nuova come capo della FIGC, una persona che sia qualificata ed adatta a svolgere questo importantissimo incarico. Una persona che sia capace di farsi valere, di non farsi sottomettere dalla volontà di nessun presidente di club, indifferentemente che esso guidi la Lazio o la Juve. Una persona infine che abbia gli attributi di fare veramente dei cambiamenti, di prendere decisioni che possano scuotere il terreno fin dalle fondamenta, cambiando ciò che deve essere cambiato, stavolta veramente, é migliorando ciò che già di buono é stato fatto. Con queste poche righe faccio i miei più sinceri auguri al nuovo presidente, chiunque esso sarà, con la speranza che il mondo del calcio italiano diventi d'ispirazioni per altri.
Chiudo con una nota decisamente patriottica, destinata al popolo italiano in generale: nel 1945 eravamo un Paese sull'orlo della catastrofe, e grazie agli aiuti ma soprattutto alle nostre idee, ne siamo usciti fuori e abbiamo creato un decennio di boom economico. Tentiamo anche nel calcio di rialzarci, come il popolo d'Italia é sempre abituato a fare. D'altronde, é nel nostro DNA.

