I risultati parlano da soli: 10 vittorie, 3 pareggi e una sconfitta in 14 match. L'analisi, zona per zona, di una squadra obbligata a vincere
Sette anni fa un certo Steve Jobs si presentava sul palco del Yerba Buena Center di San Francisco, con il solito pullover nero, i sempre presenti jeans e gli occhiali di una vita. Era lì per presentare l'Ipad, un unione tra lo smartphone ed il computer, che avrebbe da quel momento rivoluzionato per sempre il mondo della tecnologia contemporaneo. Lo stesso anno, ventitré giorni prima, era stato inaugurato a Dubai il grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa, che con i suoi 829 metri superava il record precedentemente detenuto dal Taipei 101 a Taiwan. Otto giorni più tardi, un terribile terremoto di magnitudo 7 si abbatteva su Haiti causando oltre 200.000 vittime.
Ed é proprio da quell'anno che non vediamo il Brasile guidare orgogliosamente il Ranking FIFA, guardando tutti dall'alto verso il basso. 7 anni difficili, che hanno visto alternarsi momenti di euforia (Confederations Cup 2013 e Olimpiadi 2016) a periodi di forte depressione (Mondiale 2014 e Copa America Centenario). In questo settennio abbiamo visto scambiarsi la panchina ben quattro allenatori: in ordine cronologico, Dunga dal 2006 al 2010, Menezes dal 2010 al 2012, Scolari dal post Olimpiadi di Londra al post Mondiale, poi di nuovo Dunga fino alla Copa America Centenario, ed infine Tite.
Quest'ultimo, il cui vero nome é Adenor Leonardo Bacchi, é divenuto CT nel giugno dello scorso anno, e fino ad ora é il vero artefice della prematura qualificazione della sua nazionale ai prossimi Mondiali in Russia. Lo score parla chiaro e afferma che il Brasile su 14 match disputati ne ha perso solo uno, pareggiandone tre e vincendo il resto delle partite. Risultati così importanti sono degni di essere menzionati. Ed é quello che andremo a fare: l'analisi zona per zona di una squadra obbligata a vincere.
Portiere e linea difensiva
Alisson, Dani Alves, Miranda, Marquinhos e Marcelo. Questa é l'attuale linea difensiva del Brasile di Tito. Il portiere di riserva della Roma é l'unica vera scelta di qualità, dato che l'era dei vari Dida, Julio Cesar e Rodrigo Ceni é ormai passata. Nei giallorossi non gioca moltissimo, visto che il titolare é Szczesny, ma per ogni volta che ha giocato in Nazionale, per ora non ha deluso.
Parlando della difesa, possiamo affermare che il talento di questi quattro é indiscutibile. Se poi ci aggiungiamo tutta l'esperienza accumulata in campo continentale e internazionale, ecco che otteniamo una delle difese più forti del momento. Magari non esattamente dal punto difensivo, dato che i due terzini prediligono la fase offensiva piuttosto che quella difensiva, ma dal Brasile é più che lecito aspettarselo.
Centrocampo
Chiariamo subito che il centrocampo non vende qualità di primissimo livello. I tempi di Juninho e compagnia, dai cui piedi trasudava purezza e tecnica, sono passati, e almeno ora si punta più alla quantità che alla qualità. Tutto inizia da Casemiro, che ora come ora é il pilastro, la colonna portante del "corpo" della squadra. Da giovane veniva chiamato Casemarra, soprannome dato dall'unione del suo nome alla parola marrento, che in italiano é traducibile con baldanza, eccessiva sicurezza in sé stessi. Era probabilmente dovuta al fatto che già sapesse all'epoca quali fossero le sue qualità, che gli hanno permesso di approdare al Real Madrid, in cui compone il trio di centrocampo con Modric e Kroos. Al suo fianco Tite ha sostituito Fernandinho e Luiz Gustavo, due giocatori molto europeizzati e quindi attualmente meno inclini al futebol bailado, con Paulinho e Renato Augusto, che pur non giocando in un campionato di primissimo livello come quello cinese, hanno ancora dentro di sé un minimo di DNA brasiliano che permette loro di adattarsi meglio al gioco della squadra.
Attacco
L'attacco é la parte migliore, in ogni era, della nazionale carioca. Sarà per la qualità degli interpreti, o per il modo di giocare del Brasile stesso, ma l'attacco é sicuramente ciò a cui pensiamo appena sentiamo parlare di Brasile e di calcio. Da Leonidas a Neymar, passando per gente come Pelé, Ronaldo, Ronaldinho e chi più ne ha più ne metta, la gamma di prodotti migliori, i verdeoro ce l'hanno sempre avuta nei calciatori che giocano negli ultimi 20 metri. E dopo un Mondiale 2014 disastroso, che ha visto come punta un vagabondo qual é Fred, il quale sicuramente non può essere considerato un attaccante degno di una maglia come quella brasiliana, sembra che ora Tite, con il trio Neymar-Coutinho-Firmino abbia finalmente trovato la quadratura del cerchio. Certo questo modulo non ha un vero e proprio centravanti di riferimento, ma é ormai da una decina d'anni che molti hanno optato per schierare il falso nueve.
Il Neymar in versione nazionale é stratosferisco: un giocatore totale, universale, dalle qualità tecniche sovrannaturali, che appena prende palla ti mette una paura da farti scappare a gambe levate. Poi, se consideriamo che l'egoismo e l'atteggiamento di superiorità di una volta sono scomparsi, non possiamo che avere l'immagine di un giocatore completo sotto tutti i punti di vista.
Anche Coutinho e Firmino paiono rigenerati, soprattutto dalla cura Liverpool, che li ha fatti crescere e maturare al punto giusto, rendendoli completi semmai non lo fossero ancora. Le loro qualità tecniche, come quelle del loro compagno di reparto, rimangono indiscutibili, mentre ci sarà da testare la loro maturità in un palcoscenico importante come sarà quello del Mondiale russo.
Se poi pensiamo che la vera punta del sistema offensivo brasiliano, Gabriel Jesus, é ai box per infortunio, capiamo quale sia la reale potenza di fuoco di questa squadra, che in soli 6 mesi ha cambiato completamente faccia.
Ma tutti questi aspetti teorici, mentali e psicologici su cui ci stiamo soffermando, già sappiamo come ai brasiliani molto non interessino: a loro importano i fatti, quelli concreti, e scaldare il freddo della Russia con il loro calore carioca, non credo che darebbe loro fastidio. Al contrario, sarebbe un motivo in più per caricare l'ambiente e una squadra, che é da sempre obbligata a vincere.

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