domenica 21 gennaio 2018

I "PREMIER LEAGUE GLOBAL GAMES" SONO FATTIBILI?

E se ci fossero i "Premier League Global Games"? Tentiamo di capire la fattibilità di questo show, che nascerebbe sulla falsariga di ciò che già fa l'NBA



In questi mesi in Italia si é aperto un vero e proprio dibattito linguistico, che ha come oggetto di discussione l'apparente eccessivo utilizzo di parole inglesi. L'azione di usare nella propria lingua parole che provengono da altre ha un nome ben preciso, "prestito linguistico". Di esempi se ne possono trovare in quantità, dall'anglosassone baby-sitter al francese chef, ma quello che é importante sottolineare é come questi lemmi entrino successivamente a far parte della lingua che li ha presi in prestito in maniera del tutto naturale. Al giorno d'oggi, poche persone si sognano di chiamare il garage "autorimessa", o la baby-sitter "bambinaia". Questo é perché l'uomo tende ad usare più frequentemente le parole che trova più semplici. 

Anche nel calcio la situazione non é poi così differente, dato che noi italiani diciamo corner al posto di calcio d'angolo oppure manager al posto di allenatore. Volendo poi essere ancora più colti in materia ricorriamo all'uso dello spagnolo, sostituendo "trequartista" con "enganche" e "veronica" con "ruleta". Allontanandosi da questioni linguistiche, ma rimanendo sempre nel campo dei prestiti, si é diffusa da qualche tempo l'idea che la Premier League possa gentilmente copiare un evento creato dai loro cugini d'oltreoceano dell'NBA, vale a dire i "Global Games". 
Che il progetto americano abbia successo già lo si sa, per la partita a Londra i biglietti sono spariti in un'ora, ma avrà la stessa accoglienza se organizzato dagli uomini della Football Association? Tentiamo di capirlo. 

Premier League, un brand globale 
Se andassimo indietro nel tempo di 30 anni, troveremmo uno scenario completamente diverso. Un'Inghilterra calcistica devastata dalle conseguenze dell'Heysel, cinque anni senza competizioni europee, con un appeal europeo ed internazionale pressoché nullo. Pochi giocatori stranieri (di qualità), poca merce da vendere, poche entrate: semplice ragionamento logico. Poi negli anni '90 la nascita della Premier League e i primi grandi contratti con le televisioni permettono al campionato d'oltremanica di iniziare a spiccare il volo. Agli inizi del 2018, la lega inglese si ritrova ad essere il torneo più seguito del mondo, un brand globale la cui affermazione internazionale sembra non volersi arrestare. 8 miliardi di entrate per i diritti tv nazionali, altri 5 per quelli in tutti il mondo. 80 broadcaster in 212 nazioni differenti, con una media spettatori mondiale pari a 12 milioni circa (per intenderci quella del Clasico é di 2 milioni). La maggioranza degli spettatori esteri arriva dalle ex colonie, India e Malesia in testa, ma anche gli Stati europei non si vergognano a guardare la Premier, un marchio che si é ricostruito la nomea nel giro di soli 25 anni. 

Una parata di stelle 
L'altro aspetto che c'é da considerare é la presenza di giocatori di qualità che con la loro popolarità e fama possano attirare l'attenzione degli stranieri, anche di coloro che magari non conoscono fino in fondo il campionato in questione. Di questo aspetto, la Football Association non deve preoccuparsi, dato che le prime sei squadre hanno giocatori e tecnici di fama internazionale. Ibrahimovic, Pogba, Agüero, Hazard, Ozil, Salah e Kane sono tutti calciatori top, che giocano le competizioni internazionali da protagonisti. Per non parlare poi degli allenatori, a cominciare dal trio Guardiola-Mourinho-Conte, tre dei grandi coach del quadro calcistico europeo e non solo. Uno conosciuto per la sua rivoluzione (Guardiola), l'altro per i suoi titoli e per il trash-talking (Mourinho), e l'ultimo per il suo carisma (Conte). Uno discreto insieme di luce stellare, direi. 

L'interesse é reciproco?
L'ultima questione che la FA si deve porre riguarda l'interesse degli americani per il soccer, e se l'attenzione che hanno gli europei per il basketball può essere paragonata a quella degli statunitensi per il calcio. La crescita di questo sport nella Trumpland é nota in tutta Europa: l'MLS ha più spettatori medi della Serie A (21.692 vs 21.069), ha franchigie le cui entrate sono aumentate del 400% negli ultimi 10 anni, con ricavi incrementati del 25% nelle ultime tre annate. I diritti tv, nonostante non siano stati venduti a peso d'oro (solo 800 milioni in 8 anni), sono un primo passo verso l'espansione della lega al di fuori della madrepatria. Ciò che però manca al calcio negli Stati Uniti é l'interesse generale, anche da parte dei tifosi sportivi non esperti in materia di futbol: se vogliamo fare un esempio, 3 americani su 4 tra una partita di poco conto di baseball e una di calcio di grande livello sceglierebbero la prima opzione, non tanto per il livello, ma per la cultura sportiva che c'é nel Paese. In Inghilterra, sebbene la basketball culture sia pressoché nulla, c'é un certo interesse per l'NBA, soprattutto tra i giovani, qualcosa che oltreoceano avviene raramente. 

Insomma ciò che potrebbe frenare l'avvento dei "Premier League Global Games" potrebbe essere lo scarso appeal del calcio internazionale all'interno dei confini statunitensi. Il progetto, che nascerebbe sulla falsariga di quello che già il basket fa, non é per nulla brutto, e ha più di una possibilità di essere preso in considerazione dal pubblico americano, che in fatto di sport é molto esigente. L'idea di fare un pre-sondaggio, magari a livello nazionale, per vedere quale sarebbe l'impatto di un tale evento sulle menti degli americani sarebbe una buona azione da compiere. 
Speriamo che i vertici della FA lo capiscano prima di mettere in moto la macchina. 







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