giovedì 30 marzo 2017

OH, BIANCO HAZZARDO

Il genio belga é il primo obiettivo del Real. Analizziamo i pro ed i contro di questo possibile incredibile e storico trasferimento



C'era una volta una poster pubblicitario in quel di Madrid che recitava "Oh, blanca Navidad": diciamo che da cartellone di auguri da parte di Netflix, é diventato il centro di una polemica scatenatasi dalla possibile associazione del bianco della neve con il bianco della cocaina, visto che il protagonista della pubblicità era Wagner Moura, che interpreta il drug lord Pablo Escobar in "Narcos".
Il paragone con il bianco di quest'articolo non ha niente a che vedere con nessun tipo di vera droga, anche se il soggetto in sé di cui andrò a parlarvi, Eden Hazard, é stupefacente ed esaltante allo stesso momento (come così pare la "coca"). Lo stesso talento belga che in questi giorni é al centro del mercato dei trasferimenti europeo, dopo che il quotidiano spagnolo Marca ha "lanciato la bomba", affermando che il primo target del Real per l'estate sarà proprio il nº10 del Chelsea. Zidane é pronto a non badare a spese per avere il gioiello ex Lille, e ha già capito che così facendo abbatterà il record del trasferimento più costoso della storia, ora detenuto da Pogba con 120 milioni. Dall'altro lato c'é però il Chelsea, che é pronto ad offrire alla sua stella un rinnovo da 17 milioni a stagione, per cercare di trattenerlo. In questa situazione ricca di indecisione e suspense, proviamo a far luce sui pro e contro, per entrambi i club, dell'arrivo in Spagna o della decisone di restare in Inghilterra del belga.

PRO E CONTRO (REAL MADRID)
Tra i "pro" sicuramente il giocare in una delle squadre più blasonate e famose del mondo, in uno degli stadi più belli del mondo. Il Real é da sempre uno dei club più famosi e ricchi del globo, e solo il nome ti dà l'idea di una squadra spaziale. Andandoci Hazard avrebbe ancora più visibilità sia a livello continentale che soprattutto a livello internazionale. Per quelli che non ancora convinti del trasferimento, basta dire loro che il talento belga si ritroverebbe a lottare ogni anno per la Champions, e soprattutto a lottare con compagni di squadra degni di nota: CR7, Bale e Ramos, giusto per fare qualche nome. Stare accanto a questi campioni farebbe maturare ancor di più il ragazzo ex Lille, che ha ancora da migliorare nella voce "BIG MATCH EUROPEI".
Per ciò che concerne i "contro", dobbiamo assolutamente sottolineare la posizione in campo dell'attuale fantasista del Chelsea. Ora come ora, il belga gioca come ala sinistra in un 3-4-3/5-2-3, anche se in passato ha ricoperto il ruolo di trequartista in un 4-2-3-1. La sua sfortuna é che, nel caso andasse al Real Madrid, si ritroverebbe a dover fare la riserva di Ronaldo, che da buon prima donna qual é, non cederebbe il posto neanche a uno più forte di lui. Lo si potrebbe far giocare da trequartista in un ipotetico 4-2-1-3, ma in questo modo in Real giocherebbe troppo offensivo, e si é già visto con Ancelotti che questo modulo funziona fino a un certo punto. 
Il secondo punto da evidenziare, che poi comprende anche il terzo, é la conseguenza del primo. Non avendo una posizione ben precisa e definita in campo, Hazard finirebbe nella stessa situazione di James Rodriguez, ovvero di "panchinaro di lusso" da utilizzare in partite poco importanti, che é proprio quello che la dirigenza madrileña vorrebbe evitare che accadesse. Come conseguenza diretta della panchina ci sarebbe il malcontento del ragazzo che, arrivato pieno di grandi aspettative, si ritroverebbe a fare il sostituto di uno tra Casemiro, Modric e Kroos: tutto questo avrebbe poi anche influenza sul morale in campo del calciatore, che giocherebbe demotivato e, passatemi il termine, molle. 

PRO CONTRO (CHELSEA)
Tra i "pro" di rimanere ai Blues ci sarebbe certamente il fattore campionato e soprattutto la competitività di quest'ultimo. In quanto a difficoltà di vittoria, la Premier non é assolutamente paragonabile alla Liga: niente oligarchia, niente risultati scontati e partite facili, niente presunti favori arbitrali. Insomma, rimanere a giocare in Premier sarebbe molto più esaltante per un giocatore, che per altro si trova già al centro del progetto. 
Ed é proprio il progetto il secondo "pro" di quest'analisi: se rimarrà, Hazard sarà, come lo é tutt'ora, uno dei giocatori chiave per la cavalcata Champions del Chelsea di Antonio Conte. Il suo rinnovo é talmente prioritario per Roman Abramovich, che lo stesso patron é pronto ad offrigli un cospicuo aumento di 7 milioni di stipendio, passando quindi da 10 a 17 milioni all'anno. Tutto ciò perché con le sue qualità tecniche e di trascinatore, il belga é uno di quei calciatori in grado di risolverti e molte volte di vincerti un match serrato con una delle sue eccezionali perle di rara magnificenza, che lo fanno entrare di diritto tra i più forti giocatori dell'universo calcistico attuale. 
Il terzo punto é il rapporto con l'allenatore, che in questo caso é Antonio Conte. Il coach leccese, come ben si sa, é un uomo passionale che vive il calcio 24/7, percependolo come una sorta di questione di vita o di morte. Ce l'ha dimostrato in Nazionale, visto che dopo un ottimo Europeo con l'Italia, ha subito accettato di andare in Premier al Chelsea, per ritrovare quel feeling quotidiano che ovviamente allenando gli Azzurri gli mancava. Il rapporto tra i due é stato buono fin dall'inizio, ha subito un lieve calo a metà settembre, coincidente col periodo della doppia sconfitta con Liverpool e Arsenal, ma poi é tornato ad essere ottimo, con i due che si sono elogiati più volte a vicenda. Per arrivare a questa situazione il lavoro, soprattutto psicologico, che Conte ha operato sul 25enne belga é stato vitale, ma non escludo che anche il ragazzo ci abbia messo del suo per dimostrare al nuovo allenatore che l'ultima stagione con Mourinho fosse stata solamente un passaggio a vuoto.
Per quanto riguarda i "contro" si può affermare che in realtà sono i "pro" dell'andare al Real Madrid al contrario, in quanto se rimanesse al Chelsea, Hazard avrebbe meno visibilità a livello mondiale, meno possibilità di conquistare tanti e soprattutto importanti trofei, tra cui la sempre ambita Champions League, o come qualcuno preferisce chiamarla, "coppa dalle grandi orecchie". 

Orecchie che ad Hazard serviranno molto se non moltissimo quest'estate. Orecchie che dovranno svolgere il loro compito principale, ovvero permettere al soggetto di ascoltare in maniera alquanto attenta, perché dal prossimo 30 giugno il belga deve scegliere per la sua carriera.
Deve scegliere tra colorare un muro di Blues o di Blancos ricordandosi che, qualunque sia la sua scelta, essa influenzerà non di poco il risultato finale. 



domenica 26 marzo 2017

AMORE E ODIO

O'Ney é probabilmente il giocatore che più spezza in due fazioni i calciofili: c'é chi lo odia profondamente, ma anche chi lo ama alla follia



Amore e odio sono state, e sono tutt'ora, probabilmente due delle parole più cercate su Google. 212 milioni di risultati per il primo termine, 138 milioni per il secondo. Che poi i primi a cercarne il significato in maniera razionale sono stati i greci, ed in particolare Empedocle da Agrigento, filosofo del V secolo a.C., il quale aveva una visione dualistica del mondo, che egli divideva in cicli dell'amore e dell'odio: affermava inoltre che la vita era il momento intermedio, di stallo, tra questi due fasi, dove nessuna di queste due forze regnava incontrastata.
E se, come si pensa, la filosofia si può applicare a qualsiasi ambito, stavolta l'affianchiamo al calcio, sostenendo che c'é un uomo che é come la vita, e colui che sta in mezzo tra quelli che lo odiano e quelli che lo amano alla follia. Un uomo che gioca al calcio in maniera celestiale, maestro nell'arte del dribbling, il cui nome é Neymar Jr.

I Romantici (ovvero i suoi "fedeli")
Tutti i tifosi dell'arte del football hanno un loro giocatore preferito, che ovviamente cambia di generazione in generazione. Gli attuali anziani avevano come idoli calciatori quali Péle, Di Stefano, Mazzola, Best; gli attuali adulti giocatori come Van Basten, Maradona, Platini e molti altri, mentre i giovani di oggi hanno come loro personali superstar footballer del calibro di Messi e Ronaldo ma anche Neymar. É proprio il ragazzo brasiliano uno degli idoli dei teenager di oggi, non solo nel suo Paese natale: dal Giappone all'Italia, passando per la Siria e la Turchia, il numero 11 del Barcellona accumula seguaci grazie alle sue qualità tecniche ma grazie anche alla sua simpatia. 
I fan di O'Ney apprezzano tutto ciò che compone la loro star preferita, in primis ovviamente le sue doti calcistiche, che sono indiscutibili, ma anche la sua acconciatura, i suoi tatuaggi, i suoi molteplici video su Instagram: insomma tutto ciò che fa Neymar Jr é oggetto di culto. Focalizzandoci in particolare sulle sue qualità sul campo, rimaniamo ogni volta sempre più sbalorditi dalle sue statistiche, che recitano 51 gol in 76 partite con la nazionale verdeoro (4º posto nella classifica all-time) e 99 reti in 176 match col Barcellona, a cui si aggiungono numerosi trofei (una Champions League, due Liga, una Confederations Cup, più altre vittorie). Il suo controllo di palla é sublime, la sua capacità ed il suo range di dribbling da far strabuzzare gli occhi di chiunque, la personalità da trascinatore (notata nel ritorno col Psg) più che apprezzabile. La ciliegina sulla torta sarebbe il Pallone d'Oro ma cari tifosi di O'Ney, state calmi, perché quando i due monopolizzatori del premio Messi e CR7 si ritireranno, il premio finirà sicuramente nelle sue mani almeno una volta.

Gli Scettici (ovvero i suoi "haters")
Dall'altro lato, come é ovvio nell'esprimere le proprie preferenze, ci sono i suoi detrattori, che il mondo 3.0 preferisce chiamare "haters". Codesti soggetti sono sempre i primi a bersagliare qualsiasi persona che non piace loro, indifferentemente che sia uno youtuber, un attore o un calciatore. Ciò che essi recriminano al brasiliano del Barcellona é in sostanza di essere la simulazione fatta a persona, di lasciarsi cadere al minimo tocco, di non essere un giocatore completo perché non ha ancora vinto niente di importante con la Nazionale, di lamentarsi in modo assurdo a ogni fallo subito. É giusto però ricordare che Neymar non é l'unico che approfitta di ogni contatto per reclamare un calcio di rigore, perché ormai tutti i giocatori di calcio, che essi siano dilettanti o professionisti, aspettano con ansia una spinta per lasciarsi cadere. Poi é vero che O'Ney é più incline a fare atti del genere però é, se si può dire così, parte del personaggio che si é costruito fuori e soprattutto dentro dal campo. C'é poi da sottolineare la sua furbizia nel compiere questi movimenti, che si può notare in particolar modo sul primo rigore del Barça nel 6-1 storico al Psg: in quel caso si vede proprio come il brasiliano anticipi la caduta a terra di Meunier, affinché il terzino belga possa travolgerlo e l'arbitro possa fischiare rigore. Nel procurarsi i rigori é una sorta di illusionista, uno che é talmente bravo in quello che fa, che ti fa sembrare che sia fallo anche se in realtà é fallo di simulazione: un po' come un mago, che ti fa credere che la carta sia sparita, quando in realtà é nella manica della giacca. 

Questo é il riassunto della situazione a cui Neymar, ma anche tutte le star di livello mondiale di qualsiasi sport, dal calcio al baseball, passando per basket e tennis, sono abituate a convivere tutti i giorni della loro vita. Spero che queste brevi righe possano servire anche a molti tifosi: cari calciofili, emozionarsi per il fútbol é lecito, anzi giustissimo, ma basta non farsi sopraffare dalle emozioni nel giudizio di un giocatore. Siate come la vita affermata da Empedocle, un momento intermedio e imparziale tra amore e odio.

martedì 21 marzo 2017

CRASH-PEP

Dopo neanche un anno di progetto "Pep", il City é fuori dalla Champions e dalla corsa al titolo. 3 motivi per spiegare il fallimento guardiolano 



La Daewoo Kalos, conosciuta in Europa come Chevrolet Kalos, ha realizzato uno dei punteggi più bassi nella storia dei crash test, 14.9 punti su 37, diventando un vero e proprio flop sul mercato automobilistico. Chiariamo che il paragone con l'uomo in foto, per chi non lo conoscesse é Pep Guardiola, non è proponibile sul piano della qualità bensì della affidabilità. Nessuno sta contestando le capacità del filosofo catalano, che con una fitta rete di passaggi ha rivoluzionato per sempre il calcio; stiamo solo analizzando i motivi del fallimento del progetto Citizen in cui Guardiola si é immerso il luglio scorso. Un progetto, che come l'uomo medievale é stato sedotto dai tre vizi calcistici per antonomasia, ovvero la dispersione dei finanziamenti ricevuti in investimenti sbagliati, la testardaggine nel seguire le proprie idee, ed il malvagio rendimento dei giocatori strapagati. 3 motivi che riporteranno, il prossimo giugno, il Manchester City al secondo "Anno Zero" in soli 730 giorni. 

1. Buttare soldi dalle finestre
Esiste nella lingua dei transalpini un espressione, jetter argent par les fenêtres, che riassume alla perfezione la politica dei Citizens sul mercato del primo anno di Guardiola. La parola d'ordine del catalano é stata spendere tanto per vincere ma credo che, a questo punto, la proprietà abbia capito solo la prima parte di frase. C'é da ammettere che in alcune scelte c'é anche lo zampino di Guardiola, come il fatto di mandar via Hart per Bravo (poi rivelatosi un flop), ma diciamo che anche la società ci ha messo del suo, strapagando ben 60 milioni un giovane dall'ottimo futuro come Stones, che però ora come ora tutti quei soldi non li vale. Magari, al posto di buttare all'aria così tanto denaro, si poteva pensare di spenderlo meglio, ad esempio rinforzando il reparto difensivo, che non é sicuramente tra i più affidabili. Gündogan e Gabriel Jesus hanno ripagato la somma per la quale sono stati acquistati, ma questo non può giustificare appieno i 105 milioni spesi in due estati per due giocatori non ancora del tutto da City.

2. Tiki-testardo
Ok, Guardiola é l'inventore del tiki-taka e può anche essere considerato un rivoluzionario nell'ambito calcistico, come ad esempio lo sono stati Edison e Marconi rispettivamente nel campo dell'elettricità e della telegrafia. Solo che il filosofo catalano non ha probabilmente compreso che c'é una gran differenza di interpreti tra l'attuale City e quello che fu il suo Barça, interpreti che si riconoscono nei migliori Messi, Iniesta e Xavi, che rispetto a Silva e compagnia, avevano una marcia in più. Con i giocatori che ha quindi ora a disposizione é facile capire come non riesca a far esprimere nel miglior dei modi quella folle ma allo stesso tempo lucida idea che l'ha fatto entrare nella categoria dei più grandi di sempre: calciatori come il 10, l'8 e il 6 del Barcellona sono unici e irripetibili, e difficilmente avranno eredi degni di loro, tanto bravi ma allo stesso tempo tanto affiatati come questi tre.
Ma ciò che in particolare non ha permesso a Guardiola di dominare in lungo e in largo, é stata la sua testardaggine nel non adattare le sue idee e moduli di gioco al calcio inglese, che sicuramente é un calcio molto più fisico, aggressivo e intenso di quello spagnolo, ma che soprattutto è un calcio dove se giochi con la difesa molto alta, la possibilità di subire devastanti contropiedi é quasi pari al 100%; un aspetto che probabilmente Pep non ha ancora compreso a fondo.

3. Strapagare non é vincere
Stones e Otamendi (che però non é stato acquistato nell'era Guardiola) sono l'esempio lampante della gestione "budget a disposizione" del Manchester City, in quanto nonostante gli sceicchi abbiano sborsato ben 105 milioni per ora i risultati ottenuti sono stati insignificanti, ed hanno dimostrato ancora una volta come strapagare non é sinonimo di vincere. Il Leicester in questo caso é agli antipodi dei Citizen, perché pur avendo pagato pochi milioni Vardy e Mahrez, l'anno passato ha messo un titolo importante come la Premier in bacheca, mostrando come a volte spendere in modo accurato il denaro sia meglio che gettarlo dalle finestre.
Stones é stato pagato 56 milioni più 4 di bonus per le sue capacità di impostazione, mentre Otamendi é finito a Manchester dopo una gran stagione con la maglia del Valencia. E queste cifre hanno evidenziato in maniera ancora più significativa le lacune di entrambi i calciatori: per quanto riguarda il 20enne inglese hanno sottolineato "l'immaturità" in fase difensiva, mentre per quanto concerne il difensore argentino, l'insicurezza in quanto a posizionamento. Due lacune che non fanno sicuramente del bene al reparto difensivo del City, che da qualche anno é obbligato a lottare per le prime posizioni in campionato e per la vittoria in Champions.
Siamo certi però che al prossimo crash-test ad inizio settembre, dopo importanti investimenti, la recensione sull'affidabilità della macchina da calcio guidata da Pep Guardiola sarà migliore perché, come diceva il grandissimo Vince Lombardi "non devi mai abbassare i tuoi standard per piacere agli altri."
Semmai li devi alzare.


giovedì 9 marzo 2017

APOTEOSI CALCISTICA 2.0

Ieri sera, l'impossibile é diventato possibile grazie all'epica impresa del Barcellona. Una partita incredibile, che passerà alla storia



Racconta il Canto XIII dell'Inferno della Divina Commedia (voilà un poliptoto) del viaggio di Dante e Virgilio nel secondo cerchio del settimo girone. In questo loco il sommo poeta ed il suo maestro incontrano i suicidi, la cui pena é essere trasformati in sterpi. Su questi alberi indifesi, che in realtà rappresentano le anime, annidano le Arpie, le quali con i loro artigli sdruciscono i rami, facendo da loro sgorgare sangue e parole. E dopo ieri sera, in effetti, un paragone tra il Psg e i cespugli brulli, é più che azzeccato, perché ieri, come fossero alberi "infernali", i ragazzi di Emery erano indifesi, divorati dalla paura e dall'ansia. Alla fine la partita l'hanno vista tutti e le emozioni di tutti sono stati comuni: euforia, esaltazione, rabbia, depressione. Il match di ieri é passato alla storia: mai, nelle 185 occasioni precedenti, una squadra aveva rimontato da uno svantaggio di 4-0 all'andata. Ed é proprio questo ciò che trasferisce l'epica a questa partita: il fatto che non fosse mai accaduto, il fatto che nessuno avesse mai vissuto una situazione del genere. Una situazione spiegabile in tre punti. 

1. Il 3-3-4 di "Lucho"
Il primo punto di questa lucida analisi di un folle spettacolo, é il modulo adottato da Luis Enrique contro i parigini. Che fosse uno schema della disperazione lo si era capito dalle 20:40, da quando erano apparse le formazioni ufficiale. Quale coach, se non un folle, può schierare un modulo tanto offensivo come il 3-3-4 dell'allenatore asturiano? Solo un suicida, nel senso medievale del termine, può compiere un così dissennato ma, allo stesso tempo lucido, gesto. Perché credere nella rimonta, quando si parte da un 4-0 per gli avversari é materia adatta solo ai fenomeni, ciò che ieri Lucho é stato. Il 3-3-4 da lui disegnato aveva l'intento di far correre il meno possibile Messi in fase difensiva, spostando Rafinha largo a destra e facendo quindi agire la "Pulga" nella fascia centrale del campo, dove con un centrocampo in affanno come quello parigino, poteva fare danni, che poi é stato ciò che ha fatto. In questo modo, con Lío da "falso dieci" il Psg ha dovuto dare un po' più di libertà a Neymar: un errore, alla fine fatale.

2. Cercasi Psg, scomparso ieri alle 20.49
Trovare qualcosa di buono fatto dalla difesa francese é come cercare forme di vita su Marte: ancora impossibile. Un quartetto difensivo invisibile, che non é praticamente sceso in campo, bloccato dall'ansia e dalla paura che la remuntada potesse materializzarsi. E se convivere con questo problema non é stato facile per uno come Thiago Silva, che di match importanti alle spalle ne ha, figuriamoci per Meunier e Kurzawa non sicuramente campioni in esperienza. Ieri, il cervello di tutti i giocatori della retroguardia parigina é stato impostato su off dal 3' in poi, dal gol di Suarez. Riguardando l'autogol del terzino ex-Monaco lo si capisce benissimo: il modo in cui Marquinhos si fa anticipare da Iniesta e il modo in cui Kurzawa manda il pallone nella sua porta, lascia intendere lo stato psicologico e mentale dei due giovani. Che alla fine non sono stati gli unici colpevoli, perché tra gli artefici di questo vero e proprio suicidio c'é anche tutto il centrocampo che ieri, schiacciato dentro i 25 metri com'era, non ha capito nulla. In particolare Rabiot, mattatore del match d'andata, che ieri é subito scomparso ma mai riapparso. Dei tre davanti, più Di Maria, si salva solo Cavani, autore del gol e unico vero creatore di occasioni firmate Psg.

3. The crazy men: Emery & Aytekin
Ieri in campo ci sono stati due uomini folli: da una parte Unai Emery, mentre dall'altra il direttore di gara Aytekin. L'allenatore basco ha sbagliato tutto, ma soprattutto l'approccio della sua squadra alla partita. Non é possibile che "l'uomo delle Coppe" schieri una formazione così difensiva; non é accettabile che una squadra importante come il Psg vada al Camp Nou a fare il catenaccio, a giocare in undici dietro alla palla. Caro Emery, alleni i parigini non il Pizzighettone (così per fare un nome): non puoi barricarti davanti alla porta per quasi 90 minuti, sperando di non esser preso a pallonate dal Barcellona, perché già sai che é la prima cosa che accadrà. 
Se poi vogliamo parlare dell'arbitro, sono i due rigori che parlano da soli. A dire la verità, nell'assurdità dei penalty concessi, il primo ci stava di più del secondo, dove si vede proprio che Suarez si lascia andare in area al minimo contatto. Ma ormai il tuffo "alla Suarez" é diventato un suo marchio di fabbrica, che ancora oggi riesce a ingannare molti direttori di gara. Per non parlare del rosso a Neymar, graziato proprio da un'importante svista arbitrale. 
Insomma, l'aiuto della VAR é ormai invocato da tutti a gran voce. Ma non illudetevi che la tecnologia in futuro avrà il completo dominio sul calcio. Le partite come quelle di ieri sera, sono e sempre saranno, solamente materia dei romantici del calcio