Ieri sera, l'impossibile é diventato possibile grazie all'epica impresa del Barcellona. Una partita incredibile, che passerà alla storia
Racconta il Canto XIII dell'Inferno della Divina Commedia (voilà un poliptoto) del viaggio di Dante e Virgilio nel secondo cerchio del settimo girone. In questo loco il sommo poeta ed il suo maestro incontrano i suicidi, la cui pena é essere trasformati in sterpi. Su questi alberi indifesi, che in realtà rappresentano le anime, annidano le Arpie, le quali con i loro artigli sdruciscono i rami, facendo da loro sgorgare sangue e parole. E dopo ieri sera, in effetti, un paragone tra il Psg e i cespugli brulli, é più che azzeccato, perché ieri, come fossero alberi "infernali", i ragazzi di Emery erano indifesi, divorati dalla paura e dall'ansia. Alla fine la partita l'hanno vista tutti e le emozioni di tutti sono stati comuni: euforia, esaltazione, rabbia, depressione. Il match di ieri é passato alla storia: mai, nelle 185 occasioni precedenti, una squadra aveva rimontato da uno svantaggio di 4-0 all'andata. Ed é proprio questo ciò che trasferisce l'epica a questa partita: il fatto che non fosse mai accaduto, il fatto che nessuno avesse mai vissuto una situazione del genere. Una situazione spiegabile in tre punti.
1. Il 3-3-4 di "Lucho"
Il primo punto di questa lucida analisi di un folle spettacolo, é il modulo adottato da Luis Enrique contro i parigini. Che fosse uno schema della disperazione lo si era capito dalle 20:40, da quando erano apparse le formazioni ufficiale. Quale coach, se non un folle, può schierare un modulo tanto offensivo come il 3-3-4 dell'allenatore asturiano? Solo un suicida, nel senso medievale del termine, può compiere un così dissennato ma, allo stesso tempo lucido, gesto. Perché credere nella rimonta, quando si parte da un 4-0 per gli avversari é materia adatta solo ai fenomeni, ciò che ieri Lucho é stato. Il 3-3-4 da lui disegnato aveva l'intento di far correre il meno possibile Messi in fase difensiva, spostando Rafinha largo a destra e facendo quindi agire la "Pulga" nella fascia centrale del campo, dove con un centrocampo in affanno come quello parigino, poteva fare danni, che poi é stato ciò che ha fatto. In questo modo, con Lío da "falso dieci" il Psg ha dovuto dare un po' più di libertà a Neymar: un errore, alla fine fatale.
2. Cercasi Psg, scomparso ieri alle 20.49
Trovare qualcosa di buono fatto dalla difesa francese é come cercare forme di vita su Marte: ancora impossibile. Un quartetto difensivo invisibile, che non é praticamente sceso in campo, bloccato dall'ansia e dalla paura che la remuntada potesse materializzarsi. E se convivere con questo problema non é stato facile per uno come Thiago Silva, che di match importanti alle spalle ne ha, figuriamoci per Meunier e Kurzawa non sicuramente campioni in esperienza. Ieri, il cervello di tutti i giocatori della retroguardia parigina é stato impostato su off dal 3' in poi, dal gol di Suarez. Riguardando l'autogol del terzino ex-Monaco lo si capisce benissimo: il modo in cui Marquinhos si fa anticipare da Iniesta e il modo in cui Kurzawa manda il pallone nella sua porta, lascia intendere lo stato psicologico e mentale dei due giovani. Che alla fine non sono stati gli unici colpevoli, perché tra gli artefici di questo vero e proprio suicidio c'é anche tutto il centrocampo che ieri, schiacciato dentro i 25 metri com'era, non ha capito nulla. In particolare Rabiot, mattatore del match d'andata, che ieri é subito scomparso ma mai riapparso. Dei tre davanti, più Di Maria, si salva solo Cavani, autore del gol e unico vero creatore di occasioni firmate Psg.
3. The crazy men: Emery & Aytekin
Ieri in campo ci sono stati due uomini folli: da una parte Unai Emery, mentre dall'altra il direttore di gara Aytekin. L'allenatore basco ha sbagliato tutto, ma soprattutto l'approccio della sua squadra alla partita. Non é possibile che "l'uomo delle Coppe" schieri una formazione così difensiva; non é accettabile che una squadra importante come il Psg vada al Camp Nou a fare il catenaccio, a giocare in undici dietro alla palla. Caro Emery, alleni i parigini non il Pizzighettone (così per fare un nome): non puoi barricarti davanti alla porta per quasi 90 minuti, sperando di non esser preso a pallonate dal Barcellona, perché già sai che é la prima cosa che accadrà.
Se poi vogliamo parlare dell'arbitro, sono i due rigori che parlano da soli. A dire la verità, nell'assurdità dei penalty concessi, il primo ci stava di più del secondo, dove si vede proprio che Suarez si lascia andare in area al minimo contatto. Ma ormai il tuffo "alla Suarez" é diventato un suo marchio di fabbrica, che ancora oggi riesce a ingannare molti direttori di gara. Per non parlare del rosso a Neymar, graziato proprio da un'importante svista arbitrale.
Insomma, l'aiuto della VAR é ormai invocato da tutti a gran voce. Ma non illudetevi che la tecnologia in futuro avrà il completo dominio sul calcio. Le partite come quelle di ieri sera, sono e sempre saranno, solamente materia dei romantici del calcio

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