sabato 26 agosto 2017

IN ROTTA DI COLLISIONE

Dalla Germania arriva una vera e propria bomba: Abramovich sarebbe in rotta di collisione con Conte, a causa del caso Costa, degli ultimi risultati e dell’insistenza sul mercato. Nonostante ciò, un cambio in panchina è inutile


Si dice di Abramovich che quando qualcuno non gli va a genio, non attenda molto a licenziarlo o comunque a mandarlo lontano dalla sua vista. Questo è dovuto al fatto che il miliardario russo è un uomo molto esigente, che però talvolta esagera e smette di ragionare. Nei tredici anni da supreme leader del Chelsea, molti allenatori sono già passati attraverso questo periodo, che il più delle volte era poi coinciso con il loro licenziamento. Ancelotti fu il primo, nella stagione 2010-11, a subire il comportamento poco ortodosso del patron, che lo cacciò ad un solo anno di distanza dalla vittoria del double (Premier + FA Cup), con l’accusa di non aver vinto la Champions. Un anno più tardi fu il turno di André Villas-Boas, il “nuovo Mourinho”, che venne esonerato a marzo dopo una prima parte di campionato deludente. A sostituirlo venne chiamato il suo assistente nonché ex calciatore Blues, Roberto di Matteo, che in soli tre mesi portò la squadra alla vittoria della Champions ai danni degli avversari e ospitanti del Bayern Monaco, sconfitto ai rigori. L’idillio tra il russo e il manager italiano però non durò moltissimo e, a causa degli inizi in campionato e in Europa non brillanti, il nativo di Sciaffusa fu licenziato, appena cinque mesi dopo aver alzato nel cielo di Monaco la coppa “dalle grandi orecchie”.

In questi giorni, il tema del difficile rapporto tra Abramovich e i suoi coach sta riemergendo prepotentemente. Come afferma SportBild, noto quotidiano sportivo tedesco, in questi ultimi giorni la tensione tra Conte, il miliardario russo e i dirigenti del Chelsea sta aumentando in maniera esponenziale e la probabilità di un addio del tecnico leccese sta aumentando ogni ora di più, con l’ex allenatore del Dortmund Tuchel pronto a sostituirlo.
Il cambio in panchina non è qualcosa d’inaspettato, inatteso e nemmeno di clamoroso perché è dall’inizio della sessione di mercato che in casa Blues l’ambiente è tossico e la stabilità di Conte non poteva che non risentirne. I motivi, o per meglio dire le cause del possibile e probabile licenziamento dell’ex allenatore della Nazionale sono sostanzialmente tre: il caso Costa, gli ultimi deludenti risultati e l’insistenza sul mercato del tecnico salentino. In questo pezzo vi spieghiamo come un cambio di panchina sia inutile.

1.    Il difficile rapporto Antonio-Diego
Tutto inizia il 13 gennaio. Il quotidiano britannico Daily Mail riporta che tre giorni prima, durante la sessione di allenamento, Conte e il suo attaccante di punta avrebbero litigato. La causa scatenante della lite sarebbero stati dei problemi fisici del brasiliano, che si sarebbe lamentato di un forte mal di schiena, problema non condiviso però dall’equipe dei fisioterapisti del Chelsea, che lo ha subito riferito all’allenatore, il quale è ovviamente andato su tutte le furie. Il litigio porta alla fine a due importanti conseguenze: Diego Costa non viene convocato per il match successivo, mentre i suoi agenti volano in Cina per trattare la cessione del loro assistito al Tianjin Quanjin di Fabio Cannavaro. Da lì a pochi giorni la questione viene risolta, i due fanno pace, lo spagnolo rimane in squadra e aiuta il club a mettere in bacheca la seconda Premier in quattro anni. 
Il 9 luglio, come un fulmine a ciel sereno, l'ex attaccante dell'Atletico Madrid, svela che il suo manager gli ha comunicato via sms che non lo considera più parte del progetto dei Blues. L'azione intrapresa dal tecnico leccese provoca un polverone nel mondo calcistico, con i tifosi di tutto il mondo che si dividono in due fazioni, i "pro-Conte" e i "pro-Costa". La società inglese condanna il comportamento del tecnico italiano, mentre nelle sedi dei top club europei si inizia a ragionare su quale possa essere la destinazione adatta per il centravanti. Si va avanti il Milan, che arriva ad offrire una cifra pari a 56 milioni di euro, ma più che il club é il giocatore a rifiutare, affermando di aspettare la proposta dell'Atletico, destinazione più che gradita sebbene possa giocarci solo per sei mesi dato il blocco del mercato imposto agli spagnoli. Nonostante le continue pressioni provenienti proprio da Costa, al 99.9% l'attaccante ritornerà in quella Madrid che l'ha lanciato nel grande calcio. 
A mio parere, lo scontro Antonio-Diego era pressoché inevitabile, per il semplice motivo che tutti e due sono due persone che non si fanno mettere i piedi in testa da nessuno, e il litigio di inizio anno chiaramente lo dimostra. Con il probabile addio di Costa, la squadra perde un grande attaccante, con carattere forte (a volte un po' troppo) e con una vena realizzativa invidiabile, uno capace di segnare più di venti gol a stagione: un trascinatore nel vero senso della parola. 

2. Un'estate tormentata, in campo e sul mercato
Già avere una giornata tormentata é qualcosa che si trova nella linea che divide il sopportabile dall'insopportabile, figuratevi passare tutta un'estate così. Sfortunatamente Antonio Conte da Lecce ci é dovuto passare in mezzo, e le conseguenze non sono state per niente piacevoli. Ma, come per ogni buona analisi, dobbiamo come sempre partire dalle cause. La prima ragione che balza alla mente é il mercato, mentre la seconda riguarda le amichevoli estive e l'inizio di campionato. 

Parlando di calciomercato, é lecito affermare che il transfer market dei Blues é classificabile come una mezza pazzia. Una sorta di follia intanto perché la dirigenza ha deciso di assecondare la decisione di Matic e venderlo al Manchester United per 50 milioni, mandando su tutte le furie Conte, che lo vedeva al centro del progetto oltre che del centrocampo. Gli acquisti, invece, hanno convinto l'allenatore ma non la piazza, che dopo l'arrivo di Rüdiger non era sicuramente contenta, visto che arrivava per sopperire al ritiro di Terry e che non é considerato un difensore di prima fascia. Anche Bakayoko é stato accolto tra l'indifferenza generale, per poi essere subito criticato alla prima da titolare contro il Tottenham, match nel cui per molti fan il francese correva a vuoto. Morata, chiamato invece a sostituire Diego Costa, ha deluso in Community Shield sbagliando il suo rigore, ma si é subito rifatto segnando alla prima giornata contro il Burnley. Ciò che però ha lasciato esterefatti sia Conte che i tifosi sono state le partenze di Zouma e Aké, due difensori di riserva che potevano essere utilissimi alla causa, visto che la squadra quest'anno parteciperà alla Champions. La mancanza di vere alternative ai titolarissimi é sostanzialmente la vera pecca del mercato dei Blues, ed é anche la ragione che spiega le continue chiamate di Conte alla dirigenza. Per questo motivo, e per evitare altri screzi, Abramovich, pur non essendo troppo felice, sta pensando di mettere a disposizione altri 200 milioni, al fine di acquistare almeno tre giocatori, tra cui il difensore del Southampton Van Djik, il centrocampista del Leicester Drinkwater e l'ala dell'Arsenal Oxlade-Chamberlain. 
Ad aumentare ancora di più il tormento di Conte si sono aggiunte poi le amichevoli estive, nelle quali il Chelsea ha messo in fila prestazioni disastrose, vincendo con l'Arsenal, ma perdendo con Bayern e Inter, match in cui i Blues si sono svegliati troppo tardi per rimontare. 
Giusto perché perdere in International Champions Cup non bastava, anche l'inizio della stagione ufficiale é stato insoddisfacente, visto che i Blues hanno prima perso ai rigori il Community Shield contro l'Arsenal, per poi essere sconfitti pure alla prima di campionato contro il Burnley, che con tutto rispetto é un club da parte destra della classifica. La vittoria a Wembley nel derby con il Tottenham ha ridato morale, ma il vero esame sarà questo weekend contro l'Everton di Rooney, capace lunedì di fermare il Manchester City in casa sua. 

Tutto questo insieme di ragioni sono alla base della presunta voglia di Roman Abramovich di esonerare dalla carica di allenatore Antonio Conte. Come detto già precedentemente, il patron russo non é uno che sta molto attento all'opinione pubblica, in quanto al calcio, e se vuole fare qualcosa lo fa senza problemi. 
La mossa però di chiamare Tuchel al posto del tecnico italiano, mi dispiace dirlo, é sostanzialmente inutile, perché a stagione ormai cominciata l'arrivo di un nuovo allenatore scombinerebbe i piani, dato che ormai i giocatori sono abituati a giocare un certo tipo di calcio con certi tipi di moduli imposti da Conte. Il gioco del coach tedesco, si basa infatti su un mix esplosivo tra il gegenpressing ereditato da Klopp e il juego de posición di matrice guardiolista. 
Il gioco di Conte vede invece tra le sue armi migliori pressing e contropiede, favoriti da un recupera-palloni come Kanté e da due velocisti quali sono Hazard e Pedro. 
Insomma due modi di vedere e interpretare il calcio differente, che avrebbero come principale conseguenza il rallentamento della squadra sia in campo nazionale che in campo continentale, con importanti ripercussioni sulla difesa del titolo in Inghilterra e sull'assalto alla Champions in Europa. 
La scelta di cambiare guida tecnica avrebbe poi un'importante risvolto morale perché andrebbe ad influire sull'umore sia dei tifosi ma soprattutto su quello dei calciatori. Potrebbe capitare infatti che alcuni calciatori non si trovino a loro agio con l'allenatore tedesco, e che per questo motivo giochino sottotono e al di sotto delle aspettative.   

Se é questo che Mister Abramovich vuole, che faccia pure. 

sabato 19 agosto 2017

L'ATTESA É FINITA

La Serie A è pronta a tornare da stasera. L’analisi delle squadre, dei protagonisti dentro e fuori dal campo di un campionato che sarà competitivo fino in fondo.

“Perché gli uomini sono in ansia per l’inizio del campionato di calcio? Tanto alla fine sono solo 22 persone che corrono dietro un pallone, che cadono per terra ogni volta che li tocchi, manco fossero ballerini. E perlopiù ricevono stipendi milionari, salari che il 90% dei lavoratori italiani si sogna. Che poi, definire lavoratori i calciatori è eccessivo, dato che si allenano al massimo per quattro ore al giorno e che quando ne hanno voglia non si presentano fingendo di avere un raffreddore, solo per non fare fatica sotto il sole d’agosto.” Questo brevissimo monologo non è stato pronunciato da nessuno di particolare o di famoso, non è niente che possa essere definito una citazione, ma è semplicemente la visione che molte persone non interessate al calcio hanno dello sport in questione e soprattutto dei suoi protagonisti.
Quando si parla invece degli interessati, ovvero i tifosi e i supporter delle venti squadre di Serie A, ecco che il discorso viene stravolto. Perché l’attesa per l’inizio del campionato italiano è straziante, ti fa impazzire di ansia, l’ansia di vedere all’opera il proprio club nelle prime partite. Tre mesi di calciomercato infiniti, che sfiniscono, che danno gioie e dolori, pieni di addii e arrivi, bagni di folla e cessioni indolori.
Poi, finalmente, come un raggio di luce dopo una giornata interamente nuvolosa, il tanto atteso start arriva, ed ecco che i tifosi diventano gli uomini più felici del mondo. Ognuno la affronta in maniera differente: da quelli meno appassionati, che seguono con poca attenzione i match, ai più sfegatati, che il sabato accendono la televisione un’ora prima del match, guardano il prepartita e tutte le partite da quelle delle 18.00 fino alle ultime della domenica alle 20.45. Poi via ai programmi post partita, tra cui spiccano per qualità Tiki Taka, condotto da Pierluigi Pardo, e Sky Calcio Club, guidato da Fabio Caressa circondato da Bergomi, Mauro e vari ospiti.
Ed eccoci qui, allora, ad analizzare quella Serie A che ora è ai blocchi di partenza impaziente di iniziare. Con le sue squadre, i suoi protagonisti dentro e fuori dal campo, attori di un campionato pronto a stupire.

Macedonia d’acquisti
Il titolo dato a questo paragrafo dedicato alle squadre non è per nulla casuale, poiché la macedonia si collega sia al mercato sia al Milan, la squadra più attiva della sessione estiva. C’entra con i rossoneri perché macedone è l’ultimo team che i ragazzi di Montella hanno battuto in ordine di tempo, grazie ad un sonoro 6-0 che permetterà all’allenatore campano di giocare il ritorno di Europa League con una formazione imbottita di seconde linee, dato che ormai la qualificazione ai gironi è cosa certa. A risaltare in maniera particolare nell’ultimo match è stato André Silva, il 21enne proveniente dal Porto che si è messo in luce con una doppietta, zittendo i suoi detrattori, che già gridavano allo scandalo per lo spreco di ben 38 milioni di euro, che a parer loro potevano essere utilizzati per comprare un top player in attacco. La coppia Fassone&Mirabelli però, non si è fermata unicamente al portoghese, e anche grazie ad un importantissimo budget messo a disposizione dalla nuova proprietà, ha fatto un lavoro eccellente assicurandosi le prestazioni di ben altri nove giocatori, tra cui certamente spiccano Bonucci, Biglia e Conti, tre dei migliori calciatori della scorsa stagione calcistica. Non che i restanti arrivi non siano da meno, Rodriguez e Calhanoglu erano due dei giocatori più importanti nel parco calciatori della Bundesliga, Kessie è forse una delle migliori mezzale del campionato, così come Musacchio era forse tra i top 10 difensori della Liga.  Chiaro però che l’acquisto di Bonucci non può che non essere il migliore di tutti, primo perché è uno dei più forti e completi difensori d’Europa, capace di impostare come pochi sanno fare, e secondo perché l’arrivo del #19 ex Juve è anche e soprattutto una mossa mediatica, per far capire che d’ora in poi i rossoneri non avranno più problemi a portar via i migliori giocatori dalle avversarie, un po’ come aveva fatto proprio la Juve l’anno scorso con Higuain e Pjanic, sottratti a Napoli e Roma.  Tutto questo senza scordarci dell’imminente arrivo di Nikola Kalinic, il cui trasferimento si concluderà una volta limati i dettagli della sua partenza da Firenze, ormai certa dopo l’annuncio da parte dei Viola dell’acquisto di Giovanni Simeone dal Genoa.
Con il Milan così scatenato, le altre non sono state per nessun motivo al mondo a guardare e si sono rinforzate.

Si sono rinforzati i campioni d’Italia della Juventus, che hanno aggiunto ulteriore qualità alla loro rosa già molto competitiva. Ad alzare ancora di più il livello, e in questo caso nella metacampo offensiva, sono approdati Douglas Costa dal Bayern e Bernardeschi dalla Fiorentina. Il brasiliano tutto tecnica e rapidità, pagato 46 milioni, è stato senza ombra di dubbio il fiore all’occhiello del mercato juventino, il top player che assieme a Dybala può dare una mano ancora maggiore in quanto a gol e assist. L’ex #10 della Fiorentina arriva invece in punta di piedi, consapevole che dovrà giocarsi il posto con un guerriero qual è Mario Mandzukic, uno dei calciatori più apprezzati sia dall’allenatore sia dai tifosi per il suo spirito di sacrificio. Partito Bonucci in direzione Milan, ad ampliare il parco di difensore è giunto per 12 milioni Mattia De Sciglio, terzino proprio ex Milan. Il difensore italiano, ormai in rotta di collisione con gran parte della tifoseria milanista, ha voluto fortemente ritornare da colui il quale l’aveva lanciato nel calcio che conta, ossia Allegri, ma alla prima vera occasione, nella finale di Supercoppa, ha fallito facendosi dribblare troppo facilmente da Lukaku, permettendo così all’esterno laziale di servire a Murgia il gol vittoria. L’ultimo arrivo in ordine cronologico è stato quello di Matuidi, annunciato ieri pomeriggio dal club torinese. Il francese, in arrivo dal Psg, non è però stato accolto con molto entusiasmo perché il suo acquisto scombussola non di poco i piani tattici del mister livornese, che aveva optato ormai da tempo per il 4-2-3-1. L’arrivo del centrocampista transalpino, quindi, costringe per ora Allegri a dover schierare un ipotetico 4-3-3, in attesa di comprendere meglio la situazione.

Più che rinforzarsi, il Napoli di Sarri ha puntato a riconfermare. Riconfermare l’undici della passata stagione e soprattutto i giocatori chiave era la prima priorità di De Laurentis, ed è ciò che si è riusciti a fare. Una volta trattenuti tutti i big, a partire dal tridente d’attacco, passando per Hamsik e Reina, la squadra partenopea ha comprato Ounas dal Bordeaux e ha ritrovato in forma Arkadiusz Milik, reduce da un grave infortunio, che aveva di fatto lanciato Mertens nel ruolo di “falso nueve”.

Si sono rafforzate infine anche Inter e Roma, due delle tre restanti big che mancavano all’appello. Se per l’Inter il più grande acquisto dell’estate è stato scegliere Spalletti come allenatore, e portare a Milano Skriniar, Dalbert dal Nizza, due buonissimi giocatori come Borja Valero e Vecino e probabilmente Cancelo nell’affare Kondogbia, per quanto riguarda la Roma il mercato non ha convinto del tutto. Sono stati infatti ceduti Salah e Rüdiger, due pezzi da novanta di un club che ogni anno è sempre obbligato a vendere e incassare prima di poter acquistare qualcuno. Dopo le vendite di questi due big, il ds Monchi ha reinvestito solo parte dell’incasso per portare nella Città Eterna Karsdorp, peraltro già infortunato, Defrel dal Sassuolo, e Gonalons dal Lione per una cifra attorno ai 10 milioni. Il vero obiettivo del mercato, Riyad Mahrez, è sfumato, dato che la Roma non ha voluto alzare la cifra offerta, 35 milioni, al fine di pareggiare la richiesta del club inglese, pari a 45 milioni. Sfumato così il bersaglio grosso, pare che ora i giallorossi si stiano fiondando su Cuadrado, speranzosi di ricevere un sì.

Anche la Lazio era riattesa dalla riconferma, ed è quello che alla fine ha fatto. Ha tenuto lontano dalle sirene del mercato Immobile, Felipe Anderson e Milinkovic-Savic, salutando Biglia, andato in direzione Milan, e accogliendo Lucas Leiva. Nel frattempo, si è tolta la soddisfazione di sollevare la Supercoppa davanti ai suoi beniamini, in una notta che i laziali difficilmente scorderanno.
Mentre le big spendono grandi cifre, le altre si limitano a trattenere i giocatori rappresentativi. È il caso del Torino, che ha trattenuto Belotti nonostante le offerte del Milan e le continue avances del Chelsea di Antonio Conte. È anche il caso della Fiorentina, che ha svenduto tutti ma ha tenuto il più legato alla città, Federico Chiesa, rendendolo l’uomo simbolo del club. C’è poi la Samp, che ha venduto Muriel e ha tenuto per ora Schick, il Bologna, che si è accaparrato il veterano Palacio, il Genoa, che ha venduto Simeone e si è preso Lapadula, l’Atalanta, che riparte dall’Europa e dalla coppia social Papu-Petagna, il Crotone di Budimir e Trotta, il Verona della coppia vintage Cerci&Pazzini, la Spal, che punta tutto su Paloschi e sull’imminente arrivo di Boriello ed infine ultimo ma non meno importante il debuttante, quel Benevento che con Ceravolo in attacco e Cataldi a centrocampo vuole stupire, guidato dall’entusiasmo di una città intera.

Gli attori più attesi
C’è da dire che, in quanto a papabili protagonisti, quest’anno ce ne sono in abbondanza e sicuramente non possiamo lamentarci. Due di questi, Gonzalo Higuain e Paulo Dybala, giocano nella stessa squadra, sono della stessa nazionalità (argentina) e vivono nella stessa città, Torino. Dei tanti possibili attori da Oscar, loro due sono sicuramente i più attesi e i più osservati, principalmente perché fanno parte della squadre detentrice del trofeo. Saranno i più guardati perché si vuole comprendere se i due top player juventini hanno realmente smaltito la batosta di Cardiff presa dal Real, e se quindi hanno ancora abbstanza fame per fare incetta di trofei quest’anno e per chissà, puntare ad un’altra finale di Champions, stavolta in quel di Kiev. Attenzioni particolari rivolte a Dybala, il vero assente ingiustificato della finale gallese, chiamato a rifarsi prepotentemente, stavolta con indosso la nº10 bianconera. La scelta non è casuale: la decisione presa dall’argentino è sostanzialmente una dichiarazione alla società, ovvero quella di volere portrla alla vittoria in Europa con addosso la maglia più pesante tra quelle disponibili.

C’è poi il trio dei “pequeñitos” napoletani, Insigne-Mertens-Callejon, pronti a iniziare assieme il terzo anno di fila, sperando che questo sia l’anno giusto per fare qualcosa di importante sia in Italia, magari vincendo lo scudetto, sia in Europa, magari arrivando oltre gli ottavi di finale. Se Insigne e Callejon dovranno far bene in vista del Mondiale, Mertens che il posto in Nazionale ce l’ha assicurato, lotterà senza ombra di dubbio per la classifica marcatori e per un posto da titolare con Milik, il cui infortunio la scorsa stagione aveva lasciato spazio proprio al belga per reinventarsi nel ruolo di “falso nueve”.

Continuando il discorso si giunge al Milan di Montella, i cui attori più attesi sono quelli che vengono da altri campionati, vale a dire André Silva e Bonucci. Non che su gli altri non ci sia curiosità, ma l’attaccante portoghese e il difensore italiano sarnno i più osservati dei rossoneri assieme a Gigio Donnarumma. Ad attirare una particolare attenzione su Silva è sicuramente il prezzo esorbitante, l’importante cifra che il Milan ha dovuto sborsare per accaparrarsi un Under 25, vale a dire 38 milioni. Silva, centravanti completo, dotato di grande velocità e freddezza sotto porta, arriva in una nuova realtà da titolare ed è pronto a dimostrare tutto il suo valore, come peraltro ha già fatto contro lo Skhendja, nonostante l’avversario fosse di poco conto. L’arrivo di Kalinic potrebbe aiutarlo in due sensi, dato che da un lato gli toglierà un po’ di quella pressione che hanno addosso i centravanti e dall’altro lo aiuterà a crescere, dandogli magri qualche consiglio. L’altro che si preannuncia come uno dei protagonista dell’annata milanista è Bonucci, entrato a detta di tutti in punta di piedi nel nuovo spogliatoio ma diventato subito l’idolo dei tifosi ed il leader in campo ed emotivo della sua nuova squadra. L’impatto di Bonucci è ancora da testare, visto che i macedoni di Europa League non erano abbastanza, ma in quanto a spostare gli equilibri mi sento di dire che l’arrivo del #19 in rossonero l’ha già fatto.

Proseguendo si incontrano sulla Probable Walk of Fame di quest’anno ben sei personaggi, ossia Icardi e Perisic per l’Inter, Dzeko e Nainggolan per la Roma ed infine Keita e Immobile per ciò che riguarda la Lazio. L’attaccante argentino e l’esterno croato incarnano alla perfezione l’estate interista, inizialmente avvolta dal mistero ma successivamente fatta solamente da certezze e riconferme. Perché questa più che l’estate di Maurito, che è stato confermato capitano e leader, è stata l’estate di Ivan, o se vogliamo dire meglio Ivan’s Summer.  La scritta in inglese non è casuale: il croato è stato infatti al centro di una lunga, lunghissima ed estenuante trattativa con il Manchester United di Mourinho che lo voleva comprare a tutti costi, nonostante la differenza di 10 milioni tra domanda e offerta. Alla fine i numeri sono rimasti tali e Perisic è rimasto all’Inter, facendo più che contenti sia i tifosi, che lo vedono come loro beniamino, sia Spalletti, che lo vede come uno dei protagonsiti al centro del progetto tecnico.

Dzeko e Nainggolan non possono che non essere i protagonisti della Roma targata Di Francesco, soprattutto dopo la partenza di Salah alla volta di Liverpoool. Il bosniaco, capocannoniere l’anno scorso con 28 gol, vuole prendersi di nuovo lo scettro e non può che non contare oltre che su sé stesso anche sul suo compagno più fidato, il Ninja Nainggolan, che ora più che mai, soprattutto dopo l’addio di Totti, si candida ad affiancare De Rossi come leader emotivo della squadra.

Arriva infine la Lazio di Immobile e Keita, che hanno avuto un’estate completamente opposta. Da un lato Ciro, che ha giurato fedeltà almeno per un altro anno ai colori biancocelesti e che ha iniziato nel migliore dei modi la stagione, con una doppietta ad un fenomeno qual è Buffon. Dall’altro Keita, obiettivo della Juve e anche dei tifosi laziali, non convocato in Supercoppa e in rotta di collisione con la società, che nonostante ciò non lo svenderà per nulla al mondo. Da aggiungere a questi due, ci sono senza ombra di dubbio Milinkovic-Savic e Felipe Anderson, due gemme biancocelesti che valgono almeno il doppio della cifra che ai tempi Lotito aveva sborsato per loro. Il serbo punta a riconfermare l’ottima stagione passata, nella quale aveva fatto benissimo, mentre il brasiliano, che sarà probabilmente la spalla di Immobile data l’imminente partenza di Keita, tenterà grazie al suo talento di caricarsi sulle spalle la squadra nei momenti più complessi e portarla al successo.

Tutti gli altri, mi scusino se non li ho messi, non sono da buttare per nessuna ragione. A partire da Buffon, Barzagli e Chiellini, alla prima stagione senza Bonucci e all’ultimo assalto alla Champions, passando per Hamsik, che sperà di unire ancora una volta la sua fedeltà a Napoli con tanti gol, e finendo con Donnarumma, che a suon di voli spettacolari e parate con la mano di richiamo dovrà una volta per tutte riconquistarsi l’affetto dei tifosi, dopo un’estate alquanto scellerata. E poi ci sono Schick e Belotti, rimasti probabilmente per l’ultimo anno alla casa madre prima del lancio nel calcio che conta, Chiesa e Simeone a guidare una Viola in ricostruzione, Palacio che riparte da Bologna, Budimir che come il figliol prodigo torna a Crotone e Paloschi che riparte pieno di speranze, e con la speranza di affiancare Borriello, da una reltà qual è la Spal. Senza dimenticarci del Papu Gomez e di Petagna, inseparabili dentro e fuori dal campo, di Pellissier, di Falcinelli che inizia da Sassuolo, di Thereau alla guida dell’attacco dell’Udinese, di Lapadula in cerca di conferme a Genova, di Ceravolo in cerca di gloria a Benevento, che quest’anno più che mai vivrà di calcio. Per finire con Verona, guidata da Pazzini e Cerci, che tra sapori di vintage e ritorni inaspettati punterà alla salvezza.

I registi più attesi
Quest’anno, come la maggior parte della critica sportiva pensa, la lotta per i primi sei posti sarà una questione perlopiù cittadina. Tolte infatti Juve e Napoli, che in comune hanno realmente poco, la battaglia per le posizioni 3ª-4ª e 5ª-6ª riguarderà rispettivamente Milan-Inter e Roma-Lazio. I derby, giusto per aggiungere un pizzico di curiosità in più, vedranno debuttare ben due nuovi allenatori su quattro totali, vale a dire Luciano Spalletti nel derby della Madonnina e Eusebio di Francesco nel derby della capitale. La vera sfida, quella più interessante e appassionante si giocherà pero tra due toscani DOC, Max Allegri, comandante in capo della squadra campione d’Italia, e Maurizio Sarri, allenatore del club forse più dannato di tutto il campionato, che gioca in modo splendido ma vince poco o niente.

Tutto inizia da Allegri, dal tecnico livornese, dal coach capace di portare la Juventus a disputare due finali di Champions in tre anni. Si riparte da lui, dalle sue motivazioni, da un estate indecisa e piena di dubbi, tra la voglia di andare e quella di restare e riprovarci, come lui stesso ha rivelato a The Players’ Tribune. Il tecnico bianconero riparte da basi solide, pur avendo perso Bonucci, e si affida a quel 4-2-3-1 che gli ha dato tante gioie nella scorsa stagione. L’arrivo di Matuidi complica leggermente i piani, soprattutto all’inizio, dato che probabilmente Allegri dovrà virare su un 4-3-3, ma gli approdi di Douglas Costa e Bernardeschi gli permetteranno di gestire in maniera migliore la rosa che ha, di fare turnover quando è necessario, di fare il possibile per evitare che la squadra arrivi stremata a fine anno, come era accaduto nella scorsa annata.

Il discorso continua poi con Sarri, maestro di un calcio bellissimo, basato ormai su meccanismi che i calciatori conoscono a memoria, dopo averci lavorato sopra per tre anni di fila. Il vivace allenatore toscano ha a disposizione una squadra che conosce alla perfezione le sue richieste, un blocco di giocatori che è rimasto, un attacco spaventosamente magnifico e perfetto in alcune occasioni. Anche i nuovi, vedi Ounas, si stanno integrando e tutto pare procedere a gonfie vele. Il 4-3-3 dei “piccoletti” era e rimane il modulo che verrà utilizzato in qualsiasi caso, sia che giochi Mertens sia che giochi Milik.

Ci sono poi le milanesi, che hanno potuto vivere le prime estati di mercato Made in China. C’è da una parte il Milan di Montella, che per necessità era chiamato a fare un mercato di grande spessore, ed è quello che poi ha fatto, comprando ben undici giocatori, tra cui un gran calciatore e laeder come Bonucci. L’allenatore campano ha così ricevuto una fiala di qualità che ha subito iniettato dentro la vena rossonera, ed il risultato si è subito visto, sia in amichevole che in Europa. Il vero test, ossia il campionato, non è ancora arrivato, ma dal Milan ci si attendono grandi risultati, a partire dalla qualificazione per la prossima Champions. I moduli papabili sono sotanzialmente tre: il 4-3-3 con l’utilizzo a scelta di uno tra André Silva e Kalinic, Bonaventura ala, Calhanoglu a centrocampo e uno tra Musacchio e Romagnoli in panchina. Il 3-5-2, con il portoghese ed il croato assieme a formare il tandem offensivo, con Suso lasciato in panchina a beneficio dell’utilizzo dei tre centrali e di Conti e Rodriguez come esterni di centrocampo. Ultimo ma non meno importante, il 3-4-1-2, che permetterebbe di utilizzare Calhanoglu per quel che è stato preso, ovvero come fantasista dietro le due punte.
Parlando dell’Inter, dobbiamo innanzitutto ricordare che il suo mercato, visto che non servivano rivoluzioni, è stato nettamente più oculato, ed è andato a rinforzare quelle zone del campo che avevano necessità di essere migliorate. Vedi la difesa, con l’arrivo di Skriniar dalla Samp, di Dalbert dai rossoneri del Nizza e l’imminente approdo di Cancelo dal Valencia. Vedi il centrocampo, rinvigorito grazie agli acquisti di Vecino e Borja Valero, tutti e due provenienti da una Fiorentina decisamente in fase di ricostruzione. L’acquisto più importante però è stata la scelta dell’allenatore, la decisione di puntare sull’esperienza di Spalleti, dopo aver scelto per un intero anno di affidare l’Inter a coach poco adatti per il ruolo. Il tecnico di Certaldo, paese d’origine di Boccaccio, arriva da due ottimi anni in termini di risultati con la Roma, e siamo sicuro che in un ambiente meno tossico, qual è quello di Roma, potrà fare molto bene ed ambire a traguardi d’un certo livello.

Passando a Roma e Lazio, il discorso è leggermente diverso, perché se a Milano regna un certo equilibrio, a Roma è differente, e per ora in vantaggio ci sono i laziali. Lazio che non ha fatto un mercato faraonico, come da regola, ma si è limitata a trattenere tutti i big, dal primo all’ultimo, e questa strategia ha subito portato alla vittoria della Supercoppa. Inzaghi è senza ombra di dubbio il principale artefice della rinascita di questa squadra, soprattutto perché è stato capace di portare tranquillità ad un ambiente che con Pioli era diventato difficile da gestire. Far ripartire Immobile e sbocciare definitivamente Milinkovic-Savic non è da tutti, ma questo tecnico ha qualità, e Lotito prima di tutti l’ha capito.
Per quanto riguarda la Roma il discorso è tutto l’opposto perché la società, con un mercato più votato a vendere che comprare, ha deluso e fatto arrabbiare un’intera piazza, che sicuramente si immaginava una sessione estiva differente. A dover subire prima di tutti la pressione sarà Di Francesco chiamato a far rinnamorare una piazza che negli ultimi tempi si è un po’ allontanata dalla squadra, che come veri big conta solo Nainggolan e Dzeko. Il modulo, 4-3-3, non cambia, il modo di giocare e l’atteggiamento leggermente, visto che Di Francesco predilige il possesso palla. Ma la cosa più importante per l’ex Sassuolo non sarà tanto la tattica, bensì la capacità di reggere l’urto al primo “momento no” della stagione.
E poi, non che siano meno importanti, ci sono i restanti quattordici allenatori. A iniziare da Mihajlovic, che punta tutto su Ljaic e Belotti, passando per Giampaolo e Bucchi, che ripongono le loro speranze rispettivamente in Schick e Berardi. E poi Gasp, che si affida alla coppia esplosiva Papu-Petagna, Pioli, messo a capo della ricostruzione viola guidata da Chiesa e Simeone. Per non tralasciare Juric, che ripone le speranze in Lapadula, Donadoni, che si aspetta molti gol da Destro e Palacio, Del Neri che si affida ancora a Thereau e Maran che spera in una gran stagione di Birsa e Meggiorini. Poi c’è Rastelli, che partito Boriello spera in un exploit di Sau, e Nicola, che punta a ripetere il miracolo dello scorso anno facendo affidamento sulla vena realizzativa di Trotta. Per chiudere con Baroni, head coach in quella Benevento che si affaccia alla Serie A per la prima volta, con Pecchia, che si affida a Pazzini e al ritorno di Cerci e con Semplici, che sarà il regista di una Spal che dopo quasi mezzo secolo ritorna nella massima divisione con la speranza che Paloschi possa condurla alla salvezza.

Tutto questo mentre a Barcellona 14 persone sono morte, uccise dall’orrore della radicalizzazione e dall’estremismo. Ora però c’è da voltare pagina, si deve assolutamente ricominciare. Un modo per farlo è essere spensierati e pensare a ciò che ci rende felici. Il calcio può essere una via di fuga dall’orrore. E se è così, allora facciamolo, e nel frattempo prepariamoci al ritorno della Serie A, che promette di essere più agguerrita, più incerta e più esaltante che mai.

venerdì 11 agosto 2017

RIPARTE LA PREMIER LEAGUE

L'attesa ormai é finita: oggi inizia la Premier. Tra protagonisti in campo e fuori dal campo e spese pazze, andiamo a scoprire l'edizione 2017-18 del campionato più bello del mondo. 



La Premier League, a proposito della sua nascita, deve dire grazie al Rapporto Taylor, che ha dato inizio alla creazione di quello che attualmente é il campionato più spettacolare, ricco e bello presente sul globo terrestre. Tale rapporto ebbe il merito di far svoltare in maniera definitiva il calcio inglese, rendendolo quello che é, ossia la lega che fa da modello per le altre competizioni nazionali esistenti nel mondo del calcio. Il documento é stato redatto inizialmente nel 1989 e poi pubblicato definitivamente l'anno successivo. L'obiettivo specifico del rapporto era quello di fare luce sulla strage di Hilsborough, quando durante un match di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forrest morirono 96 persone. I risultati furono sostanzialmente quattro: l'introduzione in tutti gli stadi dei posti a sedere, l'eliminazione degli hooligans e in generale della violenza negli stadi, la riduzione del costo dei biglietti al fine di attirare tifosi di ogni strato sociale, ed infine la regolamentazione della vendita degli alcolici sia all'esterno che all'interno dei campi da gioco. 
La FA Premier League, società per azioni privata, nasce quindi il 27 maggio 1992, dopo che i 22 team della First Division si erano dimessi in blocco dalla Football League, al fine di poter contrattare singolarmente i diritti televisivi e le sponsorizzazioni senza dover subire l'intermediazione della FA. 
Da quell'anno il valore del campionato inglese é aumentato in maniera astronomica, arrivando a strappare un accordo per i diritti tv con Sky e BT del valore di 5,136 miliardi di sterline, pari a quasi 7 miliardi di euro. Una cifra monstre, ma considerata giusta in base al valore dei calciatori e degli allenatori che permettono alla Barclays Premier League di essere la lega più appetibile del globo. Prima di iniziare però, analizziamo i protagonisti di quest'anno. 

Protagonisti "on the pitch"
É importante sottolineare, a proposito dei giocatori che teoricamente lasceranno il segno, che quattro di loro popolano gli ultimi 16 metri di campo, e sono rispettivamente Lukaku, Morata, Salah e Lacazette. 
Partiamo dal belga, che é stato e sarà a meno di sorprese, il fiore all'occhiello della campagna acquisti orchestrata da José Mourinho, che ha speso ben 89 milioni per portarsi a casa un degno sostituto che riuscisse a prendere il posto lasciato vacante dopo la rescissione del contratto di Ibra. L'ex centravanti dell'Everton ha tutte le caratteristiche per non far rimpiangere Zlatan, vale a dire capacità di trascinare la squadra e capacità realizzative, a cui si aggiunge una potenza fisica straripante. Di personalità ne ha da vendere, dato che nei Toffies faceva sostanzialmente reparto da solo e che molte partite le ha decise lui affidandosi al suo talento. In quanto alla capacità di segnare, non possiamo dire nulla di negativo sul classe '93 perché i 17 gol in 35 match con il WBA, ma soprattutto le 25 reti in 37 partite nell'ultima stagione dimostrano che in quanto a marcature, Lukaku é uno che potrebbe essere tutti gli anni in cima alla classifica cannonieri del maggior campionato inglese. Anche sulla prestanza fisica non possiamo discutere, perché il ragazzo cresciuto nell'Anderlecht può contare su una grande progressione, nonostante i 94 kg non lo lascino pensare. Il metro e novanta di altezza invece, permette a RL di avere un grande stacco di testa, che lo aiuta sia nelle mischie sia nel fare le torri per i compagni. 
Il secondo grande atteso é Alvaro Morata, che per la "modica" cifra di 64 milioni é stato acquistato quest'estate dal Chelsea di Abramovich. Questa, tolta la parentesi juventina, sarà la prima vera stagione da titolare per l'ex Real, che nonostante nella sua squadra del cuore partisse in panchina, ha chiuso l'ultima annata con 15 reti in 26 match, dimostrando tutto il suo valore in una squadra piena di campioni. L'attuale numero nove dei Blues arriva nella lega che probabilmente più gli si addice, che più é adatta alla sue grandi abilità da velocista e contropiedista, caratteristiche che potranno rivelarsi molto utili in Premier. Inoltre, lo spagnolo sarà agli ordini di Antonio Conte, per il quale nutre un grande rispetto e che l'aveva cercato nel 2014, proprio un anno prima dell'arrivo di Morata in casa Juventus. L'ex Madrid non si é presentato benissimo in terra inglese, sbagliando il rigore in Community Shield, ma può stare tranquillo: ha un anno per conquistare i cuori dei tifosi.
Su Mohamed "Momo" Salah c'é poco o niente da dire dato che i tre anni trascorsi in Italia ci hanno permesso di avere un quadro completo sull'egiziano ex Roma, tutto velocità e scatti brucianti. Se la velocità non é considerata una qualità perché troppo banale, ecco che la qualità e la velocità unite risultato eccellenti, e c'é da dire che Salah le unisce in maniera grandiosa. L'egiziano infatti non é solo rapido ma ha anche le capacità tecniche che gli permettono quando corre di creare superiorità numerica, di saltare l'uomo o anche di servire una discreta quantità di assist. Per ciò che concerne la fase realizzativa, é giusto ricordare che Salah con la porta non ha un grandissimo legame, e i 29 gol in 65 match disputati con i giallorossi sono lì a dimostrarlo. 
Lacazette invece può risultare poco conosciuto agli occhi inglesi, dato che durante il suo periodo a Lione i risultati non sono andati di pari passo con la fama del giocatore, che ogni mese accresceva sempre di più nonostante i titoli in bacheca scarseggiassero. La grande caratteristica di Alexandre Lacazette é senza minimo dubbio la vena realizzativa, che gli ha permesso di metttere a segno ben 100 gol in 203 partite con la maglia dell'OL. Attaccante rapido e fulmineo, dotato di un grande bagaglio tecnico, l'ex Lione é uno dei migliori talenti francesi in circolazione, i cui principali punti di forza sono l'accelerazioni, la progressione palla al piede e l'abilità nel saltare l'uomo. Credo che come biglietto di visita possa bastare, possa aver soddisfatto abbastanza Wenger da convincerlo a spendere 60 milioni per un calciatore dal palmares da clochard. 
La lista di protagonisti però non si ferma mica qua: come dimenticarci di Hazard, ovvero uno degli artefici della vittoria dello scorso anno del Chelsea, oppure di Pogba, Mister 105 milioni, a cui Mourinho deve trovare ancora una posizione che ne esalti del tutto le doti. E poi ancora Gabriel Jesus e Agüero, alfieri di un Manchester City che deve ritrovarsi dopo una stagione che si é rivelata fallimentare. Per non parlare di Walker e Mendy, per cui Guardiola ha sborsato più di 100 milioni, che avranno il compito di far dimenticare due terzini non proprio eccellenti quali sono stati Sagna e Clichy. Per non parlare di Kane e Ally, che nonostante la loro giovanissima età avranno quest'anno la terza occasione per tentare l'assalto al trofeo e per affermarsi finalmente nel gotha del calcio europeo, che li attende a braccia aperte. E ancora Rooney, in caccia di gloria nel suo vecchio Goodison Park dopo 13 anni all'Old Trafford, Virgil Van Dijk, il difensore più ambito d'Oltremanica, conteso tra Chelsea e Liverpool, Murray e Hemed, le stelle di quel Brighton che prenderà parte alla massima divisione per la quarta volta in 116 anni di storia. Oppure il Newcastle di De Jong e Mitrovic, che con i loro gol tenteranno di tenere a galla la squadra guidata da Rafa Benitez che può contare anche sul pararigori olandese, Tim Krul. Infine, rimane l'Huddersfield Town, che quest'anno sarà condotto da un centrocampista e un attaccante, rispettivamente Tom Ince, figlio d'arte, ed Elias Kachunga, i quali proveranno a raggiungere una salvezza che ad ora appare semplice e pura utopia. 

Protagonisti "on the bench"
É cruciale ricordare che nella Premier "vige" una legge non scritta secondo la quale il manager é qualcosa di sacro. Per questo motivo, ma anche ovviamente per molti altri, a partire dal feeling con i giocatori e dai risultati sportivi, ben 19 dei 20 allenatori di Premier arrivano da una riconferma estiva. L'unico team che ha deciso di cambiare guida tecnica é stato il Crystal Palace, il club ubicato a South Norwood, Londra. I rossoblù londinesi, infatti, hanno deciso di esonerare alla fine della scorsa stagione Sam Allardyce, ex CT della Nazionale inglese, cacciato dalla Federazione perché a favore dell'ingresso delle TPO nel mondo calcistico. Al suo posto é subentrato una vecchia conoscenza del calcio italiano, ovvero l'olandese Frank De Boer, che alla guida dell'Inter aveva ricevuto più insulti che apprezzamenti, ma che ora vuole rifarsi in terra anglosassone. 
Per il resto i Fab Four, Conte, Mourinho, Guardiola e Klopp, sono rimasti dov'erano e quest'anno puntano tutti al grande bottino. Il più indicato é il Chelsea, perché é il campione in carica perché gli schemi imposti dal pugliese hanno ormai un anno di esperienza in più e perché la squadra vincente dello scorso anno é stata quasi del tutto riconfermata. Gli unici addii, Diego Costa e Matic, sono stati rimpiazzati da gente di altrettanta qualità, vale a dire Morata, Bakayoko e Rüdiger. Per l'ex Juve però tre rinforzi non sono abbastanza per ripetersi in campionato e puntare alla Champions, ed ecco che i tabloid lanciano subito l'indiscrezione che Gareth Bale sia nel mirino dei Blues per fare contento il manager italiano, che dall'Inghilterra dicono che sia ai ferri corti con i dirigenti della società per un mercato non all'altezza. Il sistema di gioco dovrebbe essere il 3-4-3, ossia il modulo collaudato nel corso della scorsa annata sportiva, che é anche quello che ha dato le maggiori soddisfazioni in casa Chelsea, adottato dopo la batosta settembrina subita in casa dell'Arsenal. 
Anche José Mourinho, lo Special One, vincitore della passata Europa League può ritenersi soddisfatto della sontuosa campagna acquisti 2017 firmata Manchester United. In casa dei Red Devils sono arrivati infatti Lukaku dall'Everton (89 milioni), Nemanja Matic (45 milioni) e Victor Lindelöf, che hanno rafforzato una squadra già più che competitiva. L'unica grande partenza é stata quella di Ibra, che comunque aveva già deciso dopo la finale di Europa League di rescindere con il Man Utd. Le aspettative quest'anno sono molto alte, poiché lo United é fresco vincitore in Europa, e nonostante la brutta sconfitta in Supercoppa Europea, l'entusiasmo é alto. Il modulo dovrebbe essere il 3-5-2 con Valencia e Darmian a fare gli esterni di centrocampo e con Mkhitaryan a supportare Lukaku sotto porta. Matic e Herrera dovrebbero dare la libertà di agire a Pogba, e se ciò accadrà, l'impatto del francese potrebbe essere devastante. 
Guardiola, più che un mercato ha fatto una rivoluzione vera e propria. 140 milioni circa per tre terzini, vale a dire Mendy, Walker e Danilo. In realtà quest'ultimo viene visto in maniera differente dal coach spagnolo, che nel corso della stagione potrebbe utilizzarlo più di una volta come mediano davanti alla difesa. Il reparto difensivo del City era quello che sicuramente era da cambiare del tutto, perché né Sagna né Clichy hanno convinto per niente il manager ex Barcellona. Anche il guardiano della porta é cambiato, perché Caballero ha salutato andando al Chelsea, mentre Bravo non ha convinto ed é stato relegato in panchina, nonostante fosse stato richiesto proprio da Pep. In cambio é arrivato a difendere la porta dei Citizens il portiere del Benfica Ederson, che incarna l'archetipo dell'estremo difensore richiesto da Guardiola, vale a dire uno capace di giocare bene coi piedi, capace di fare lanci precisi di 40 metri, ma anche di saper gestire con calma il pallone in situazioni caotiche. I riflessi e l'agilità sarebbero sottointesi, ma di questi tempi anche i migliori possono sorprenderci, anche in negativo. L'arrivo di Bernardo Silva, e gli insegnamenti guardioliani con un anno más di esperienza, dovrebbero riuscire a facilitare l'apprendimento definitivo degli schemi del catalano da parte della squadra. Il modulo dovrebbe essere probabilmente il 4-2-3-1, lo stesso dello scorso anno ma la competizione tra Gabriel Jesus e Agüero per la maglia da titolare sarà serrata. 
Ultimo ma non meno importante é Jurgen Klopp, l'esplosivo tecnico del Liverpool, che quest'anno, dato che non aveva molto da modificare, ha ricevuto in regalo Mohamed Salah, in arrivo dalla Roma per 42 milioni. L'egiziano si aggiunge a un poker di fantasisti e velocisti che già compongono l'attacco dei Reds guidati dall'allenatore tedesco. L'ala ex Roma diventerà il quarto, assieme a Mané, Coutinho e Firmino a comporre il reparto offensivo, che in quanto a tecnica e rapidità non ha probabilmente eguali nella terra di Sua Maestà. Per il resto il team é stato confermato in blocco, a partire dal portiere Karius, nonostante su Emre Can e Coutinho si rincorrano voci d'addio ormai da molti giorni. Clyne e Moreno daranno la solita spinta, mentre Henderson e Lallana dovranno mettere in atto quel gegenpressing di cui il tecnico ex Borussia é un mago. Il modulo é variabile, il 4-2-3-1 e il 4-3-3 saranno probabilmente i più utilizzati, ma da Klopp possiamo attenderci delle sorprese. 
Gli altri manager, nonostante non abbia dedicato loro un piccolo paragrafo, meritano di essere menzionati. A partire da Wenger e Pochettino, allenatori nell'accesissimo derby del North London tra Arsenal e Tottenham, che avranno quest'anno a che fare con due competizioni diverse, vale a dire Europa League per i Gunners e Champions League per gli Spurs. Per la squadra del francese sarà la prima volta in 20 anni, ma il blasone e la forza di squadra faranno la loro. Per ciò che riguarda il Tottenham, l'importante sarà fare meglio di ciò che é stato fatto nella scorsa edizione della coppa dalle "grandi orecchie", ovvero meglio dei gironi, un obiettivo facilmente raggiungibile vista la squadra. E poi c'é Rafa Benitez, esperto di Premier, che quest'anno torna nella massima serie con il Newcastle, pronto a fare bene e a stupire, come lui ben sa fare, e come i tifosi rossoneri ben sanno. 
Il campionato più ricco del mondo sta iniziando, e ormai non sappiamo più cosa fare in sua attesa. Le emozioni, l'attesa, l'adrenalina stanno salendo più che mai, ogni minuto, ogni secondo che passa. Sarà la prima Premier League ad iniziare di venerdì, con il Friday Night. Sarà, come sempre, il campionato più bello ed emozionante del mondo.