La Serie A è pronta a tornare da stasera.
L’analisi delle squadre, dei protagonisti dentro e fuori dal campo di un
campionato che sarà competitivo fino in fondo.
“Perché gli uomini sono in ansia per l’inizio del
campionato di calcio? Tanto alla fine sono solo 22 persone che corrono dietro
un pallone, che cadono per terra ogni volta che li tocchi, manco fossero
ballerini. E perlopiù ricevono stipendi milionari, salari che il 90% dei
lavoratori italiani si sogna. Che poi, definire lavoratori i calciatori è
eccessivo, dato che si allenano al massimo per quattro ore al giorno e che
quando ne hanno voglia non si presentano fingendo di avere un raffreddore, solo
per non fare fatica sotto il sole d’agosto.” Questo brevissimo monologo non è
stato pronunciato da nessuno di particolare o di famoso, non è niente che possa
essere definito una citazione, ma è semplicemente la visione che molte persone
non interessate al calcio hanno dello sport in questione e soprattutto dei suoi
protagonisti.
Quando si parla invece degli interessati, ovvero i
tifosi e i supporter delle venti squadre di Serie A, ecco che il discorso viene
stravolto. Perché l’attesa per l’inizio del campionato italiano è straziante,
ti fa impazzire di ansia, l’ansia di vedere all’opera il proprio club nelle
prime partite. Tre mesi di calciomercato infiniti, che sfiniscono, che danno
gioie e dolori, pieni di addii e arrivi, bagni di folla e cessioni indolori.
Poi, finalmente, come un raggio di luce dopo una
giornata interamente nuvolosa, il tanto atteso start arriva, ed ecco che i
tifosi diventano gli uomini più felici del mondo. Ognuno la affronta in maniera
differente: da quelli meno appassionati, che seguono con poca attenzione i
match, ai più sfegatati, che il sabato accendono la televisione un’ora prima
del match, guardano il prepartita e tutte le partite da quelle delle 18.00 fino
alle ultime della domenica alle 20.45. Poi via ai programmi post partita, tra
cui spiccano per qualità Tiki Taka,
condotto da Pierluigi Pardo, e Sky Calcio
Club, guidato da Fabio Caressa circondato da Bergomi, Mauro e vari ospiti.
Ed eccoci qui, allora, ad analizzare quella Serie A
che ora è ai blocchi di partenza impaziente di iniziare. Con le sue squadre, i
suoi protagonisti dentro e fuori dal campo, attori di un campionato pronto a
stupire.
Macedonia
d’acquisti
Il titolo dato a questo paragrafo dedicato alle
squadre non è per nulla casuale, poiché la macedonia si collega sia al mercato
sia al Milan, la squadra più attiva della sessione estiva. C’entra con i
rossoneri perché macedone è l’ultimo team che i ragazzi di Montella hanno
battuto in ordine di tempo, grazie ad un sonoro 6-0 che permetterà
all’allenatore campano di giocare il ritorno di Europa League con una
formazione imbottita di seconde linee, dato che ormai la qualificazione ai
gironi è cosa certa. A risaltare in maniera particolare nell’ultimo match è
stato André Silva, il 21enne proveniente dal Porto che si è messo in luce con
una doppietta, zittendo i suoi detrattori, che già gridavano allo scandalo per
lo spreco di ben 38 milioni di euro, che a parer loro potevano essere
utilizzati per comprare un top player in attacco. La coppia
Fassone&Mirabelli però, non si è fermata unicamente al portoghese, e anche
grazie ad un importantissimo budget messo a disposizione dalla nuova proprietà,
ha fatto un lavoro eccellente assicurandosi le prestazioni di ben altri nove
giocatori, tra cui certamente spiccano Bonucci, Biglia e Conti, tre dei
migliori calciatori della scorsa stagione calcistica. Non che i restanti arrivi
non siano da meno, Rodriguez e Calhanoglu erano due dei giocatori più
importanti nel parco calciatori della Bundesliga, Kessie è forse una delle
migliori mezzale del campionato, così come Musacchio era forse tra i top 10
difensori della Liga. Chiaro però che
l’acquisto di Bonucci non può che non essere il migliore di tutti, primo perché
è uno dei più forti e completi difensori d’Europa, capace di impostare come
pochi sanno fare, e secondo perché l’arrivo del #19 ex Juve è anche e
soprattutto una mossa mediatica, per far capire che d’ora in poi i rossoneri
non avranno più problemi a portar via i migliori giocatori dalle avversarie, un
po’ come aveva fatto proprio la Juve l’anno scorso con Higuain e Pjanic,
sottratti a Napoli e Roma. Tutto questo
senza scordarci dell’imminente arrivo di Nikola Kalinic, il cui trasferimento
si concluderà una volta limati i dettagli della sua partenza da Firenze, ormai
certa dopo l’annuncio da parte dei Viola dell’acquisto di Giovanni Simeone dal
Genoa.
Con il Milan così scatenato, le altre non sono state
per nessun motivo al mondo a guardare e si sono rinforzate.
Si sono rinforzati i campioni d’Italia della Juventus,
che hanno aggiunto ulteriore qualità alla loro rosa già molto competitiva. Ad
alzare ancora di più il livello, e in questo caso nella metacampo offensiva,
sono approdati Douglas Costa dal Bayern e Bernardeschi dalla Fiorentina. Il
brasiliano tutto tecnica e rapidità, pagato 46 milioni, è stato senza ombra di
dubbio il fiore all’occhiello del mercato juventino, il top player che assieme
a Dybala può dare una mano ancora maggiore in quanto a gol e assist. L’ex #10
della Fiorentina arriva invece in punta di piedi, consapevole che dovrà
giocarsi il posto con un guerriero qual è Mario Mandzukic, uno dei calciatori
più apprezzati sia dall’allenatore sia dai tifosi per il suo spirito di
sacrificio. Partito Bonucci in direzione Milan, ad ampliare il parco di
difensore è giunto per 12 milioni Mattia De Sciglio, terzino proprio ex Milan.
Il difensore italiano, ormai in rotta di collisione con gran parte della
tifoseria milanista, ha voluto fortemente ritornare da colui il quale l’aveva
lanciato nel calcio che conta, ossia Allegri, ma alla prima vera occasione,
nella finale di Supercoppa, ha fallito facendosi dribblare troppo facilmente da
Lukaku, permettendo così all’esterno laziale di servire a Murgia il gol
vittoria. L’ultimo arrivo in ordine cronologico è stato quello di Matuidi,
annunciato ieri pomeriggio dal club torinese. Il francese, in arrivo dal Psg, non
è però stato accolto con molto entusiasmo perché il suo acquisto scombussola
non di poco i piani tattici del mister livornese, che aveva optato ormai da
tempo per il 4-2-3-1. L’arrivo del centrocampista transalpino, quindi,
costringe per ora Allegri a dover schierare un ipotetico 4-3-3, in attesa di
comprendere meglio la situazione.
Più che rinforzarsi, il Napoli di Sarri ha puntato a
riconfermare. Riconfermare l’undici della passata stagione e soprattutto i
giocatori chiave era la prima priorità di De Laurentis, ed è ciò che si è
riusciti a fare. Una volta trattenuti tutti i big, a partire dal tridente
d’attacco, passando per Hamsik e Reina, la squadra partenopea ha comprato Ounas
dal Bordeaux e ha ritrovato in forma Arkadiusz Milik, reduce da un grave infortunio,
che aveva di fatto lanciato Mertens nel ruolo di “falso nueve”.
Si sono rafforzate infine anche Inter e Roma, due
delle tre restanti big che mancavano all’appello. Se per l’Inter il più grande
acquisto dell’estate è stato scegliere Spalletti come allenatore, e portare a
Milano Skriniar, Dalbert dal Nizza, due buonissimi giocatori come Borja Valero
e Vecino e probabilmente Cancelo nell’affare Kondogbia, per quanto riguarda la
Roma il mercato non ha convinto del tutto. Sono stati infatti ceduti Salah e
Rüdiger, due pezzi da novanta di un club che ogni anno è sempre obbligato a
vendere e incassare prima di poter acquistare qualcuno. Dopo le vendite di
questi due big, il ds Monchi ha reinvestito solo parte dell’incasso per portare
nella Città Eterna Karsdorp, peraltro già infortunato, Defrel dal Sassuolo, e
Gonalons dal Lione per una cifra attorno ai 10 milioni. Il vero obiettivo del
mercato, Riyad Mahrez, è sfumato, dato che la Roma non ha voluto alzare la
cifra offerta, 35 milioni, al fine di pareggiare la richiesta del club inglese,
pari a 45 milioni. Sfumato così il bersaglio grosso, pare che ora i giallorossi
si stiano fiondando su Cuadrado, speranzosi di ricevere un sì.
Anche la Lazio era riattesa dalla riconferma, ed è
quello che alla fine ha fatto. Ha tenuto lontano dalle sirene del mercato
Immobile, Felipe Anderson e Milinkovic-Savic, salutando Biglia, andato in
direzione Milan, e accogliendo Lucas Leiva. Nel frattempo, si è tolta la
soddisfazione di sollevare la Supercoppa davanti ai suoi beniamini, in una
notta che i laziali difficilmente scorderanno.
Mentre le big spendono grandi cifre, le altre si
limitano a trattenere i giocatori rappresentativi. È il caso del Torino, che ha
trattenuto Belotti nonostante le offerte del Milan e le continue avances del Chelsea di Antonio Conte. È
anche il caso della Fiorentina, che ha svenduto tutti ma ha tenuto il più
legato alla città, Federico Chiesa, rendendolo l’uomo simbolo del club. C’è poi
la Samp, che ha venduto Muriel e ha tenuto per ora Schick, il Bologna, che si è
accaparrato il veterano Palacio, il Genoa, che ha venduto Simeone e si è preso
Lapadula, l’Atalanta, che riparte dall’Europa e dalla coppia social
Papu-Petagna, il Crotone di Budimir e Trotta, il Verona della coppia vintage
Cerci&Pazzini, la Spal, che punta tutto su Paloschi e sull’imminente arrivo
di Boriello ed infine ultimo ma non meno importante il debuttante, quel
Benevento che con Ceravolo in attacco e Cataldi a centrocampo vuole stupire,
guidato dall’entusiasmo di una città intera.
Gli attori
più attesi
C’è da dire che, in quanto a papabili protagonisti,
quest’anno ce ne sono in abbondanza e sicuramente non possiamo lamentarci. Due
di questi, Gonzalo Higuain e Paulo Dybala, giocano nella stessa squadra, sono
della stessa nazionalità (argentina) e vivono nella stessa città, Torino. Dei
tanti possibili attori da Oscar, loro due sono sicuramente i più attesi e i più
osservati, principalmente perché fanno parte della squadre detentrice del
trofeo. Saranno i più guardati perché si vuole comprendere se i due top player
juventini hanno realmente smaltito la batosta di Cardiff presa dal Real, e se
quindi hanno ancora abbstanza fame per fare incetta di trofei quest’anno e per
chissà, puntare ad un’altra finale di Champions, stavolta in quel di Kiev.
Attenzioni particolari rivolte a Dybala, il vero assente ingiustificato della
finale gallese, chiamato a rifarsi prepotentemente, stavolta con indosso la
nº10 bianconera. La scelta non è casuale: la decisione presa dall’argentino è
sostanzialmente una dichiarazione alla società, ovvero quella di volere portrla
alla vittoria in Europa con addosso la maglia più pesante tra quelle
disponibili.
C’è poi il trio dei “pequeñitos” napoletani, Insigne-Mertens-Callejon, pronti a
iniziare assieme il terzo anno di fila, sperando che questo sia l’anno giusto
per fare qualcosa di importante sia in Italia, magari vincendo lo scudetto, sia
in Europa, magari arrivando oltre gli ottavi di finale. Se Insigne e Callejon
dovranno far bene in vista del Mondiale, Mertens che il posto in Nazionale ce
l’ha assicurato, lotterà senza ombra di dubbio per la classifica marcatori e
per un posto da titolare con Milik, il cui infortunio la scorsa stagione aveva
lasciato spazio proprio al belga per reinventarsi nel ruolo di “falso nueve”.
Continuando il discorso si giunge al Milan di
Montella, i cui attori più attesi sono quelli che vengono da altri campionati,
vale a dire André Silva e Bonucci. Non che su gli altri non ci sia curiosità,
ma l’attaccante portoghese e il difensore italiano sarnno i più osservati dei
rossoneri assieme a Gigio Donnarumma. Ad attirare una particolare attenzione su
Silva è sicuramente il prezzo esorbitante, l’importante cifra che il Milan ha
dovuto sborsare per accaparrarsi un Under 25, vale a dire 38 milioni. Silva,
centravanti completo, dotato di grande velocità e freddezza sotto porta, arriva
in una nuova realtà da titolare ed è pronto a dimostrare tutto il suo valore,
come peraltro ha già fatto contro lo Skhendja, nonostante l’avversario fosse di
poco conto. L’arrivo di Kalinic potrebbe aiutarlo in due sensi, dato che da un
lato gli toglierà un po’ di quella pressione che hanno addosso i centravanti e
dall’altro lo aiuterà a crescere, dandogli magri qualche consiglio. L’altro che
si preannuncia come uno dei protagonista dell’annata milanista è Bonucci,
entrato a detta di tutti in punta di piedi nel nuovo spogliatoio ma diventato
subito l’idolo dei tifosi ed il leader in campo ed emotivo della sua nuova
squadra. L’impatto di Bonucci è ancora da testare, visto che i macedoni di
Europa League non erano abbastanza, ma in quanto a spostare gli equilibri mi
sento di dire che l’arrivo del #19 in rossonero l’ha già fatto.
Proseguendo si incontrano sulla Probable Walk of Fame
di quest’anno ben sei personaggi, ossia Icardi e Perisic per l’Inter, Dzeko e
Nainggolan per la Roma ed infine Keita e Immobile per ciò che riguarda la
Lazio. L’attaccante argentino e l’esterno croato incarnano alla perfezione
l’estate interista, inizialmente avvolta dal mistero ma successivamente fatta
solamente da certezze e riconferme. Perché questa più che l’estate di Maurito,
che è stato confermato capitano e leader, è stata l’estate di Ivan, o se
vogliamo dire meglio Ivan’s Summer. La scritta in inglese non è casuale: il croato
è stato infatti al centro di una lunga, lunghissima ed estenuante trattativa
con il Manchester United di Mourinho che lo voleva comprare a tutti costi,
nonostante la differenza di 10 milioni tra domanda e offerta. Alla fine i
numeri sono rimasti tali e Perisic è rimasto all’Inter, facendo più che
contenti sia i tifosi, che lo vedono come loro beniamino, sia Spalletti, che lo
vede come uno dei protagonsiti al centro del progetto tecnico.
Dzeko e Nainggolan non possono che non essere i
protagonisti della Roma targata Di Francesco, soprattutto dopo la partenza di
Salah alla volta di Liverpoool. Il bosniaco, capocannoniere l’anno scorso con
28 gol, vuole prendersi di nuovo lo scettro e non può che non contare oltre che
su sé stesso anche sul suo compagno più fidato, il Ninja Nainggolan, che ora
più che mai, soprattutto dopo l’addio di Totti, si candida ad affiancare De
Rossi come leader emotivo della squadra.
Arriva infine la Lazio di Immobile e Keita, che hanno
avuto un’estate completamente opposta. Da un lato Ciro, che ha giurato fedeltà
almeno per un altro anno ai colori biancocelesti e che ha iniziato nel migliore
dei modi la stagione, con una doppietta ad un fenomeno qual è Buffon.
Dall’altro Keita, obiettivo della Juve e anche dei tifosi laziali, non convocato
in Supercoppa e in rotta di collisione con la società, che nonostante ciò non
lo svenderà per nulla al mondo. Da aggiungere a questi due, ci sono senza ombra
di dubbio Milinkovic-Savic e Felipe Anderson, due gemme biancocelesti che
valgono almeno il doppio della cifra che ai tempi Lotito aveva sborsato per
loro. Il serbo punta a riconfermare l’ottima stagione passata, nella quale
aveva fatto benissimo, mentre il brasiliano, che sarà probabilmente la spalla
di Immobile data l’imminente partenza di Keita, tenterà grazie al suo talento
di caricarsi sulle spalle la squadra nei momenti più complessi e portarla al
successo.
Tutti gli altri, mi scusino se non li ho messi, non
sono da buttare per nessuna ragione. A partire da Buffon, Barzagli e Chiellini,
alla prima stagione senza Bonucci e all’ultimo assalto alla Champions, passando
per Hamsik, che sperà di unire ancora una volta la sua fedeltà a Napoli con
tanti gol, e finendo con Donnarumma, che a suon di voli spettacolari e parate
con la mano di richiamo dovrà una volta per tutte riconquistarsi l’affetto dei
tifosi, dopo un’estate alquanto scellerata. E poi ci sono Schick e Belotti,
rimasti probabilmente per l’ultimo anno alla casa madre prima del lancio nel
calcio che conta, Chiesa e Simeone a guidare una Viola in ricostruzione,
Palacio che riparte da Bologna, Budimir che come il figliol prodigo torna a
Crotone e Paloschi che riparte pieno di speranze, e con la speranza di
affiancare Borriello, da una reltà qual è la Spal. Senza dimenticarci del Papu
Gomez e di Petagna, inseparabili dentro e fuori dal campo, di Pellissier, di
Falcinelli che inizia da Sassuolo, di Thereau alla guida dell’attacco
dell’Udinese, di Lapadula in cerca di conferme a Genova, di Ceravolo in cerca
di gloria a Benevento, che quest’anno più che mai vivrà di calcio. Per finire
con Verona, guidata da Pazzini e Cerci, che tra sapori di vintage e ritorni
inaspettati punterà alla salvezza.
I registi
più attesi
Quest’anno, come la maggior parte della critica
sportiva pensa, la lotta per i primi sei posti sarà una questione perlopiù
cittadina. Tolte infatti Juve e Napoli, che in comune hanno realmente poco, la
battaglia per le posizioni 3ª-4ª e 5ª-6ª riguarderà rispettivamente Milan-Inter
e Roma-Lazio. I derby, giusto per aggiungere un pizzico di curiosità in più,
vedranno debuttare ben due nuovi allenatori su quattro totali, vale a dire
Luciano Spalletti nel derby della Madonnina e Eusebio di Francesco nel derby
della capitale. La vera sfida, quella più interessante e appassionante si
giocherà pero tra due toscani DOC, Max Allegri, comandante in capo della
squadra campione d’Italia, e Maurizio Sarri, allenatore del club forse più
dannato di tutto il campionato, che gioca in modo splendido ma vince poco o
niente.
Tutto inizia da Allegri, dal tecnico livornese, dal
coach capace di portare la Juventus a disputare due finali di Champions in tre
anni. Si riparte da lui, dalle sue motivazioni, da un estate indecisa e piena
di dubbi, tra la voglia di andare e quella di restare e riprovarci, come lui stesso
ha rivelato a The Players’ Tribune.
Il tecnico bianconero riparte da basi solide, pur avendo perso Bonucci, e si
affida a quel 4-2-3-1 che gli ha dato tante gioie nella scorsa stagione.
L’arrivo di Matuidi complica leggermente i piani, soprattutto all’inizio, dato
che probabilmente Allegri dovrà virare su un 4-3-3, ma gli approdi di Douglas
Costa e Bernardeschi gli permetteranno di gestire in maniera migliore la rosa
che ha, di fare turnover quando è necessario, di fare il possibile per evitare
che la squadra arrivi stremata a fine anno, come era accaduto nella scorsa
annata.
Il discorso continua poi con Sarri, maestro di un
calcio bellissimo, basato ormai su meccanismi che i calciatori conoscono a
memoria, dopo averci lavorato sopra per tre anni di fila. Il vivace allenatore
toscano ha a disposizione una squadra che conosce alla perfezione le sue
richieste, un blocco di giocatori che è rimasto, un attacco spaventosamente
magnifico e perfetto in alcune occasioni. Anche i nuovi, vedi Ounas, si stanno
integrando e tutto pare procedere a gonfie vele. Il 4-3-3 dei “piccoletti” era
e rimane il modulo che verrà utilizzato in qualsiasi caso, sia che giochi
Mertens sia che giochi Milik.
Ci sono poi le milanesi, che hanno potuto vivere le
prime estati di mercato Made in China. C’è da una parte il Milan di Montella,
che per necessità era chiamato a fare un mercato di grande spessore, ed è
quello che poi ha fatto, comprando ben undici giocatori, tra cui un gran
calciatore e laeder come Bonucci. L’allenatore campano ha così ricevuto una
fiala di qualità che ha subito iniettato dentro la vena rossonera, ed il
risultato si è subito visto, sia in amichevole che in Europa. Il vero test,
ossia il campionato, non è ancora arrivato, ma dal Milan ci si attendono grandi
risultati, a partire dalla qualificazione per la prossima Champions. I moduli
papabili sono sotanzialmente tre: il 4-3-3 con l’utilizzo a scelta di uno tra
André Silva e Kalinic, Bonaventura ala, Calhanoglu a centrocampo e uno tra
Musacchio e Romagnoli in panchina. Il 3-5-2, con il portoghese ed il croato
assieme a formare il tandem offensivo, con Suso lasciato in panchina a
beneficio dell’utilizzo dei tre centrali e di Conti e Rodriguez come esterni di
centrocampo. Ultimo ma non meno importante, il 3-4-1-2, che permetterebbe di
utilizzare Calhanoglu per quel che è stato preso, ovvero come fantasista dietro
le due punte.
Parlando dell’Inter, dobbiamo innanzitutto ricordare
che il suo mercato, visto che non servivano rivoluzioni, è stato nettamente più
oculato, ed è andato a rinforzare quelle zone del campo che avevano necessità
di essere migliorate. Vedi la difesa, con l’arrivo di Skriniar dalla Samp, di
Dalbert dai rossoneri del Nizza e l’imminente approdo di Cancelo dal Valencia.
Vedi il centrocampo, rinvigorito grazie agli acquisti di Vecino e Borja Valero,
tutti e due provenienti da una Fiorentina decisamente in fase di ricostruzione.
L’acquisto più importante però è stata la scelta dell’allenatore, la decisione
di puntare sull’esperienza di Spalleti, dopo aver scelto per un intero anno di
affidare l’Inter a coach poco adatti per il ruolo. Il tecnico di Certaldo,
paese d’origine di Boccaccio, arriva da due ottimi anni in termini di risultati
con la Roma, e siamo sicuro che in un ambiente meno tossico, qual è quello di
Roma, potrà fare molto bene ed ambire a traguardi d’un certo livello.
Passando a Roma e Lazio, il discorso è leggermente
diverso, perché se a Milano regna un certo equilibrio, a Roma è differente, e
per ora in vantaggio ci sono i laziali. Lazio che non ha fatto un mercato
faraonico, come da regola, ma si è limitata a trattenere tutti i big, dal primo
all’ultimo, e questa strategia ha subito portato alla vittoria della
Supercoppa. Inzaghi è senza ombra di dubbio il principale artefice della rinascita
di questa squadra, soprattutto perché è stato capace di portare tranquillità ad
un ambiente che con Pioli era diventato difficile da gestire. Far ripartire
Immobile e sbocciare definitivamente Milinkovic-Savic non è da tutti, ma questo
tecnico ha qualità, e Lotito prima di tutti l’ha capito.
Per quanto riguarda la Roma il discorso è tutto
l’opposto perché la società, con un mercato più votato a vendere che comprare,
ha deluso e fatto arrabbiare un’intera piazza, che sicuramente si immaginava
una sessione estiva differente. A dover subire prima di tutti la pressione sarà
Di Francesco chiamato a far rinnamorare una piazza che negli ultimi tempi si è
un po’ allontanata dalla squadra, che come veri big conta solo Nainggolan e
Dzeko. Il modulo, 4-3-3, non cambia, il modo di giocare e l’atteggiamento
leggermente, visto che Di Francesco predilige il possesso palla. Ma la cosa più
importante per l’ex Sassuolo non sarà tanto la tattica, bensì la capacità di
reggere l’urto al primo “momento no” della stagione.
E poi, non che siano meno importanti, ci sono i
restanti quattordici allenatori. A iniziare da Mihajlovic, che punta tutto su
Ljaic e Belotti, passando per Giampaolo e Bucchi, che ripongono le loro
speranze rispettivamente in Schick e Berardi. E poi Gasp, che si affida alla
coppia esplosiva Papu-Petagna, Pioli, messo a capo della ricostruzione viola
guidata da Chiesa e Simeone. Per non tralasciare Juric, che ripone le speranze
in Lapadula, Donadoni, che si aspetta molti gol da Destro e Palacio, Del Neri
che si affida ancora a Thereau e Maran che spera in una gran stagione di Birsa
e Meggiorini. Poi c’è Rastelli, che partito Boriello spera in un exploit di
Sau, e Nicola, che punta a ripetere il miracolo dello scorso anno facendo
affidamento sulla vena realizzativa di Trotta. Per chiudere con Baroni, head
coach in quella Benevento che si affaccia alla Serie A per la prima volta, con
Pecchia, che si affida a Pazzini e al ritorno di Cerci e con Semplici, che sarà
il regista di una Spal che dopo quasi mezzo secolo ritorna nella massima
divisione con la speranza che Paloschi possa condurla alla salvezza.
Tutto questo mentre a Barcellona 14 persone sono
morte, uccise dall’orrore della radicalizzazione e dall’estremismo. Ora però
c’è da voltare pagina, si deve assolutamente ricominciare. Un modo per farlo è
essere spensierati e pensare a ciò che ci rende felici. Il calcio può essere
una via di fuga dall’orrore. E se è così, allora facciamolo, e nel frattempo
prepariamoci al ritorno della Serie A, che promette di essere più agguerrita,
più incerta e più esaltante che mai.
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