lunedì 27 febbraio 2017

LA CHINESE SUPERLEAGUE SU FOX SPORTS





Dopo Liga, Bundesliga, Eredivisie, Fa Cup, EFL Cup e Coppa d'Africa, Fox Sports mette una nuova freccia nell'arco, la Chinese Superleague, che verrà trasmessa dal 4 marzo in poi, negli slot orari delle 8.30 e delle 12.30. Due partite a weekend di una lega che sta crescendo costantemente, grazie a importanti investimenti su giocatori di livello internazionale, che hanno come obiettivo la crescita del calcio cinese e che vedono schierato in prima niente poco di meno che il presidente Xi Jinping. 
Si parte quindi sabato con tutti all'inseguimento del Guangzhou Evergrande di Felipe Scolari, campione uscente, che verrà sfidato da top player Tevez, Hulk e Oscar, ma anche ex della Serie A, tra cui Pellé, Gervinho e Lavezzi. 
La prima partita trasmessa su Fox, sarà alle 8.30 e vedrà sfidarsi il Guangzhou RF e il Tianjin Quanjian di Fabio Cannavaro e Alexandre Pato. Il secondo match, su Fox Sports Plus, vedrà invece lo scontro tra lo Shangai Shenhua, dove milita l'Apache e il Jiangsu Suning di Alex Teixeira. 
Insomma, sarà interessante vedere all'opera il calcio dei cinesi. Vedere soprattutto l'intensità dei giocatori, che quando prendono maree di soldi, non giocano mai con molta grinta. Chissà che il Confucianesimo non li aiuti.

LA ROMA É LA VERA ANTI-JUVE, L'INTER NON É ANCORA PRONTA





L'Oscar come definitiva anti-Juve va alla Roma, che ieri ha sfornato una delle migliori prestazioni della stagione, che gli é valsa l'ambitissima statuetta. Una partita in controllo fin da subito, grazie anche all'azzardato modulo di Pioli, che ha pensato di riuscire a fermare Salah, Nainggolan, e Bruno Peres mettendo Perisic e Candreva a fare gli esterni di centrocampo, e soprattutto schierando in mediana la coppia Brozovic-Gagliardini, che sicuramente spiccano di più in fase difensiva che offensiva. Chiaro, avere un Nainggolan del genere, che gioca le partite con un intensità e intelligenza impressionanti é un vantaggio, ma ieri tutta la Roma ha brillato. Per il centrocampista belga é il quinto gol all'Inter, che da ieri é diventata ufficialmente la sua vittima preferita: da aggiungere a questo il fatto che Radja "il Ninja" é il primo dal 2005, dai due gol di Totti, a segnare una doppietta da fuori area. Due missili, di cui l'ultimo a 99.2 km/h (!) che hanno schiantato simultaneamente l'Inter e le sue speranze di raggiungere l'Europa che conta, e hanno mostrato il miglior Nainggolan di sempre, che si candida al premio come miglior centrocampista della Serie A, A rendere questa performance ancora più sbalorditiva, il dato che ci ricorda che ieri l'ex Cagliari ha raggiunto i 15 gol stagionali, quando prima di quest'anno ne aveva siglati 14 in 201 partite. 
Parliamo dell'Inter ora: già prima del fischio d'inizio, c'era qualcosa di sbagliato, ovvero il modulo. Pioli ha peccato di hybris, di superbia, e sarebbe da mandare assieme ad Ulisse all'Inferno. Perché non é accettabile rischiare così tanto in un match tanto importante come quello di ieri sera, schierando una difesa a tre, ma soprattutto un centrocampo con Perisic e Candreva a fare costantemente entrambe le fasi. La loro partita é stata deludente ed in gran parte é dovuto a questa semi-follia di Pioli, che prima di agire poteva pensare che le due ali interiste, ma in particolar modo Perisic, non avrebbero potuto resistere all'esplosività di Nainggolan e Bruno Peres ma soprattutto di Salah. L'altro sbaglio é stato non inserire prima dell'ottantesimo Ever Banega, l'uomo che poteva dare quel di più che poteva servire all'Inter almeno per pareggiare. Pensare che l'allenatore ex Lazio non prenda in considerazione un talento dai piedi sopraffini come l'argentino, facendolo "marcire" in panchina, é un colpo al cuore per qualsiasi tifoso di calcio. 
La Roma che esce vincitrice da questo big match é una squadra solida, che ha preferito supportare un velocista come Salah con un giocatore completo come Nainggolan, ripetendosi anche sugli esterni di centrocampo: da una parte il più offensivo Bruno Peres, dall'altra Juan Jesus, migliore nell'altra fase.
Poi i ritorni super di Strootman e di Rüdiger, l'arrivo di Fazio e la definitiva affermazione di Dzeko in Serie A hanno fatto il resto. Hanno dato forma ad una Roma che si é stancata di vincere il premio come migliore attrice non protagonista, e che d'ora in più vuole puntare al premio più importante, che sarebbe il coronamento di quattro stagioni belle ma mai perfette. 

domenica 26 febbraio 2017

IL FUTURO É NELLE SUE MANI

A 18 anni pare già un anziano del nostro campionato, uno che ci ha passato chissà quanti anni. É titolare solo da due anni, ma porta dietro con sé un gran numero di record, tanto affetto e stima da tutti. D'altronde, stimare un campione non é difficile.



Il raggiungimento della maggior età é un traguardo molto importante nella vita di un ragazzo. Compire 18 anni significa patente, diritto al voto e anche diritto agli alcolici. Ma siamo sicuri che "Gigio"Donnarumma non si farà attrarre da Vodka&Co, da bravo ragazzo qual é. Quello di cui siamo tutti certi é il futuro del ragazzo, più che roseo, da star indiscussa dei prossimi decenni del calcio, sia italiano che internazionale. E tutto ciò diventa ancora più incredibile, pensando che Gianluigi é un classe '99 e ha già all'attivo 60 presenze, compresa quella di oggi col Sassuolo. Della storia di Gigio sappiamo già tutto, ma rispolverarla non fa mai male. 

L'INIZIO (NON DA PORTIERE), L'INTER E INZAGHI
Quando giocava ancora a Castellammare di Stabia, venne messo in porta in quanto i suoi compagni erano molto più bassi di lui. Prima del passaggio al Milan, per 250.000 euro, venne proposto all'Inter ma da milanista doc rifiutò. Tra il 2013 ed il 2015, il salto é importante poiché Gigio passa dai Giovanissimi alla Primavera in soli due anni. É però Inzaghi a fargli fare il passo da gigante, come lui poi é, portandolo in prima squadra a soli 15 anni ed 11 mesi. 

MIHAJLOVIC, LA FINALE DI COPPA ITALIA, L'ITALIA E DOHA
Sinisa Mihajlovic é legato con un doppio filo al suo allievo prediletto. É stato infatti quello che l'ha fatto esordire il 25 ottobre 2016, e che ha visto Gigio parare il rigore di Belotti che poteva significare il pareggio del suo Toro alla prima giornata di questa stagione. L'allora allenatore del Milan lo aveva fatto già scaldare contro il Genoa, dopo che era stato deluso da Diego Lopez, che verrà sostituito dopo gli errori nelle partite successive contro Napoli e Torino. Da ottobre a maggio, in mezzo ci sono trenta partite che precedono la prima grande sfida di Gigio, ovvero la finale di Coppa Italia a Roma contro la Juventus, del maestro Gigi Buffon. Alla fine il match andrà alla Juve, che farà versare al portiere rossonero le prime (e speriamo ultime) lacrime della sua carriera. 
Il primo settembre del 2016, invece, arriva l'esordio in Nazionale, a Bari contro la Francia, partita in cui Donnarumma subisce un gol che fissa il risultato finale sull' 1-3. 
Altri tre mesi, ed ecco presentarsi l'occasione del riscatto, cioè la finale di Supercoppa stavolta, sempre contro i bianconeri. Gigio é decisivo con la parata sul rigore di Dybala, che di fatto consegna l'ultimo trofeo della sua era a Silvio Berlusconi. 

I SUOI RECORD
60 presenze in Serie A a 18 anni e 1 giorno, esordiente più giovane dell'Under 21 a 17 anni e 28 giorni contro l'Irlanda, esordiente più giovane della Nazionale maggiore contro la Francia. Questi sono i record di Donnarumma, che attualmente può esserne fiero, ma che già sa che il futuro gliene riserverà altri. Ebbene sì, perché tra i grandi portieri della storia, da Yashin a Neuer, passando per Casillas, nessuno ha debuttato così precocemente, segnale di un avvenire che lo vedrà sicuramente protagonista. 
L'importante però, per adesso é pensare al presente e poco al futuro. Il presente che si chiama Milan, e che vede come principale questione il rinnovo, una delle prime mosse che i nuovi proprietari dovranno affrettarsi a fare. Perché se si vuole un Milan che torni a splendere, far firmare Gigio per molti anni e metterlo al centro del progetto é il primo passo, ricordando però che se fosse per lui si farebbe già ora. Questo si chiama amore per una squadra, attaccamento ad una maglia. Un valore che adesso non é più molto di moda. 

sabato 25 febbraio 2017

LA SCONOSCIUTA RICONOSCENZA




7 maggio, Leicester City, Midlands, Inghilterra. Claudio Ranieri sta rispondendo alle domande durante il post-partita del match contro l'Everton, nel quale lui e i suoi giocatori avevano festeggiato un'incredibile, inaspettata e sbalorditiva vittoria della Premier. Un'impresa mai riuscita a nessuno, quella di portare una squadra, il cui trionfo in campionato era quotato 5000/1, a sollevare il trofeo più ambito. Mentre sta rispondendo, entrano dalla porta Fuchs e Schmeichel che lo riempiono di champagne fino a finire la bottiglia. L'atmosfera è delle migliori, perché tutti sono felici, tutti festeggiano l'epica vittoria appena ottenuta, tutti sono pronti a far festa fino al giorno dopo. 
Ad agosto, dopo aver ricevuto il premio dal presidente, ovvero una BMW i8 da 130.000 euro, la stagione riparte con la sconfitta in Community Shield, che però pare non destabilizzare l'ambiente. 
A sette mesi da quel match, tutto é cambiato: Ranieri é stato esonerato e i suoi ormai ex ragazzi sono ad un punto dalla zona retrocessione. Vediamo come sono coinvolti in tutto ciò i giocatori, Claudio e la dirigenza. 

- I GIOCATORI
Diciamo la verità: quando abbiamo saputo dell'esonero, in molti abbiamo pensato che fosse proprio colpa dei calciatori, che da qualche tempo sembravano non andare più totalmente d'accordo con l'allenatore romano. In particolare Vardy e Mahrez, i simboli dell'impresa, che durante questo primo eptamestre di stagione non avevano assomigliato nemmeno un minuto a quei giocatori straripanti che erano stati la stagione passata. Probabilmente é stata proprio la vittoria a renderli così appagati, a far sì che il loro impegno venisse meno. Hanno però soprattutto sbagliato a non ripagare la fiducia del loro coach che, oltre ad averli portati al trionfo, ha fatto di tutto per trattenerli quest'estate, quando le big si erano fatte avanti. É emersa tutta la loro mediocrità, ma d'altronde ce lo si poteva aspettare da due che fino a qualche anno fa erano più che sconosciuti. I soldi hanno anche questo effetto.  

- L'ALLENATORE
L'eccessiva gratitudine é stato il vero sbaglio di Ranieri. Avere troppo a cuore coloro che l'hanno fatto vincere, e quindi non modificare e migliorare la squadra, é stato un gran errore, che probabilmente Claudio ha capito troppo tardi. Da sottolineare che la dirigenza non l'ha aiutato, ma questa non può e non deve essere una scusa per i risultati ottenuti.

- LA DIRIGENZA
I dirigenti hanno fatti due soli, ma macroscopici, errori. Il primo é stato vendere Kanté, mentre il secondo, che é una conseguenza del primo, é stato quello di non prendere sostituti all'altezza e altri giocatori di qualità. Vendere il francese al miglior offerente é stato sbagliatissimo in quanto il centrocampista, ora al Chelsea, dava quella quantità e qualità che serviva alla squadra sia in fase offensiva che difensiva, che aveva portato molti punti al Leicester e che ora li sta portando a Conte. 
L'altro sbaglio é stato non reinvestire i 180 milioni, provenienti dal premio per il campionato e dall'unica cessioni, in calciatori che potessero far fare il salto di qualità a questa squadra. Giocatori che sicuramente Mendy, Musa e Slimani, per quanto buoni possano essere, non riusciranno mai ad incarnare. 

Insomma, queste sono le mie considerazione sul caso Ranieri, su una favola che a parer mio, almeno per questa stagione non doveva interrompersi. É stato come se un bambino si arrabbiasse dopo che il padre lo ha reso in teoria felice con un regalo. Un gesto da chi si crede Dio sceso in terra. Un brutto, brutissimo gesto.

mercoledì 22 febbraio 2017

SPETTACOLO DA CHAMPIONS

Gran spettacolo all'Etihad nella sfida valida per l'andata degli ottavi di Champions, con ben 8 gol segnati tra Manchester City e Monaco.



La parola spettacolo, nel corso del tempo, ha cambiato destinatario più e più volte. Dall'Antica Grecia, dove le Olimpiadi erano l'esibizione sportiva più attesa, passando per la munera, ovvero la lotta tra gladiatori a Roma, per i combattimenti medievali tra cavalieri e per le opere teatrali di Shakespeare, giungiamo allo spettacolo per eccellenza del Terzo Millennio: la Champions League. Nessun'altra arte, se il calcio si può definire così, attira centinaia di milioni di spettatori come fa il football, nessun'altra esibizione influenza così tanto i sentimenti di coloro che la guardano, nessun'altra arte ha come suoi spettatori bambini, donne, uomini e anziani tutti nello stesso preciso istante. Ieri, però, un nuovo concetto di spettacolarità in campo europeo, é stato scritto dal match Manchester City-Monaco, che con 8 gol ha battuto il record di reti mai segnate in un turno di Champions ad eliminazione diretta. Una partita a tratti spettacolari, e a tratti disastrosa, causa di alcune "papere", che ha saputo esaltare tutti i tifosi che la stavano guardando, ricordando quanto il calcio possa essere spettacolare.
Parto col dire che questa partita non ha fatto emozionare per niente i puristi, quelli che amano solo e solamente il tiki taka e che odiano di conseguenza il calcio "maschio", fatto di tackle e interventi più o meno cattivi. Non si sono entusiasmati dall'annuncio delle formazioni in poi, da quando hanno visto che Fernandinho giocava da (improponibile) terzino: un senso di noia durato fino al 26' del primo tempo, fino al vantaggio Citizen. Prima infatti che Sterling siglasse il vantaggio per i padroni di casa, il match era stato soprattutto uno studio dell'avversario, più che una partita vera e propria. Ci ha pensato Sané, prima con un dribbling tra due giocatori e poi con l'assist per Sterling ad animare il match, che da lì non si é più fermato. Il Monaco é stato bravo a non scoraggiarsi dopo il gol subito e a trovare, al 32', il pareggio con un bellissimo colpo di testa di Falcao, nato da un recupero palla causato dal rinvio sbilenco di Caballero. A finire sul banco degli imputati peró, non solo il portiere di riserva bensí anche Stones e Sagna che hanno lasciato spazio sufficiente al colombiano per fare centro. Le emozioni continuano a susseguirsi, in quanto pochi minuti più tardi Agüero viene colpito in area dal portiere ma riceve giallo per simulazione, mentre Mbappe riceve palla da un lancio lungo e segna il suo primo gol in Champions. Il primo tempo finisce coi monegaschi avanti, tra lo stupore dei tifosi inglesi e la felicità di quelli transalpini e soprattutto di quelli neutrali, certi di essere spettatori di un gran match. 
La seconda metà di gara ricomincia subito col botto: rigore per il Monaco, dopo che Falcao é stato atterrato in area, e primo shock di giornata, dato dal rigore sbagliato proprio dal nº9 dei francesi, che tira un penalty debole e facilmente parabile. L'altalena di emozioni non si ferma però, ed é Agüero a darle una bella spinta con il suo destro che trafigge un colpevole Subasic al minuto 58'. La faida tra i due frontmen dei rispettivi team continua tre minuti più tardi, e stavolta é Falcao a rispondere all'argentino, rubando palla a Stones e battendo Caballero con un delizioso pallonetto. 
A questo punto, un tifoso pensa alle possibile pieghe che la partita può prendere: o la squadra avversaria "parcheggia il bus" davanti alla porta, oppure ci si gode un'altra mezz'ora di puro calcio. Ieri, abbiamo tutti sperato e successivamente ottenuto la seconda scelta, che ci ha esaltato come mai prima d'ora. Il City di Guardiola ha infatti capito di essere vicino ad un'ennesima delusione e ha tirato fuori gli attributi, sfuttando al meglio i due errori su calcio d'angolo del Monaco, per segnare il pareggio con Agüero e il 4-3 con Stones, che ha così reso meno negativa la sua partita. La ciliegina sulla torta é arrivata poi all'82' quando Sané ha messo in porta, facile facile, il pallone datogli dal Kun, servito magistralmente in precedenza da Silva. 
Guardiola non sarà soddisfatto a pieno del match disputato dai suoi, ma ciò almeno di cui é sicuro, é di aver fatto divertire spettatori e telespettatori: d'altronde é questo che tutti gli chiedono.

mercoledì 15 febbraio 2017

IL RE SCONFITTO DAI PRINCIPI

Cade rovinosamente il Barcellona al Parco dei Principi, frustato da Di Maria e Cavani. Messi invisibile, Luis Enrique pronto a lasciare a fine anno. 





"L'État, c'est moi" diceva Luigi XIV, uno dei re più famosi e celebri della storia dell'uomo. E diciamo che da ieri sera questa frase si adatta perfettamente al Psg. In realtà prima del match nessuno si aspettava un risultato così netto per i parigini considerando che il Barcellona veniva da un importante, seppur facile, 0-6 in casa dell'Alaves. Gran parte della vittoria é legato alla prestazione della squadra di Emery più che alla caduta rovinosa dei catalani, che fino al palo di Umtiti non avevano fatto che un tiro con André Gomes. Messi non é apparso, riuscendo ad effettuare solo 28 passaggi e perdendo ben tre palloni, ma anche gli altri nomi altisonanti, tra cui Iniesta e Suarez su tutti, non sono pervenuti. Una sconfitta devastante, che ha messo da una parte Luis Enrique e dall'altra la squadra, che non da segni di riavvicinamento, tanto da far pensare che "Lucho" possa salutare a fine stagione. Per il Psg, invece, la serata perfetta e la dimostrazione che probabilmente gli ingenti investimenti stanno finalmente fruttando. E se poi la "legge Ibra" si avvererà di nuovo, la festa nazionale sarà il 3 giugno, non il 14 luglio. 

PARIS STUPENDO, BARÇA AL MACELLO
Un San Valentino perfetto, per i 50.000 del Parco dei Principi, che hanno visto in azione una squadra con una condizione atletica perfetta e straripante che ha fatto a pezzi una squadra di marziani con alcuni giocatori ormai a fine ciclo. Le formazioni sono le solite e di cambi ce ne sono veramente pochi, con Emery che manda in campo una nuova coppia di terzini, Meunier e Kurzawa, mentre Luis Enrique mette a centrocampo Gomes al posto di Rakitic e Umtiti a sostituire l'infortunato Mascherano. 
La partita é a senso unico fin dai primi minuti: tra il sesto e l'undicesimo minuto prima Cavani e poi Matuidi iniziano a dare fastidio alla difesa blaugrana, ma é al 18' che il Psg sblocca il match con una punizione magistrale di Di Maria, che festeggia i suoi 29 anni nel miglior modo. Il Barça prova a rispondere con André Gomes, che però si fa respingere da Trapp. Nonostante questa occasione i catalani non crescono di intensità e questo li condanna definitivamente, perché a Parigi non si può giocare così molli. E la conseguenza di questo atteggiamento poco aggressivo é il contropiede che porta al 2-0 di Draxler: palla recuperata da Rabiot che la strappa a Messi, la dà a Verratti che serve magistralmente Draxler, che manda in estasi il pubblico. 
Come finisce il primo tempo, inizia il secondo allo stesso modo ovvero con il dominio dei francesi sugli azulgrana che sembrano la Bella Addormentata. E ieri sera, la vecchia con la mela é Angel Di Maria, che al 55' azzanna definitivamente gli avversari con un sinistro magico che si insacca sotto l'incrocio. A mettere la ciliegina sulla torta ci pensa Edinson Cavani, che servito da Meunier dopo una cavalcata di 50 metri, distrugge la porta con un destro secco che lascia immobile Ter Stegen. 
Per il Barça una sconfitta che stordisce, per il Psg una vittoria che sa di magnifico, oltre che d'impresa. Un bel modo di festeggiare San Valentino, diciamo.

FINITO UN CICLO
Dalla Spagna giungono voci sull'addio a fine stagione di Luis Enrique, che a quanto riferiscono i giornalisti iberici sia in rottura con lo spogliatoio, che lo accusa di non essere stato capace di risollevare la squadra e di trovare alternative di gioco al solito tiki-taka. Dall'ultima sconfitta per 4-0, in semifinale con il Bayern nel 2013, qualcosa é cambiato. Probabilmente Iniesta e Busquets, dopo mille battaglie vinte, iniziano a sentire gli anni che passano, mentre Umtiti e Gomes non hanno ancora appreso cosa significa giocare nel Barça, che per i catalani é "més que un club", più di una semplice squadra. Se poi a tutto questo aggiungi il rinnovo non ancora certo di Messi, ecco delineato il quadro completo della situazione sportiva a Barcellona. Che pare sempre meno blaugrana, e sempre più grigio polvere.

lunedì 6 febbraio 2017

NEW ENGLAND RIMONTA, BRADY DIVENTA LEGGENDA : SUPER BOWL LI

Sono i Patriots e Tom Brady a festeggiare a Houston, dopo un Super Bowl LI fenomenale, che ha visto la rimonta e vittoria di New England, dopo aver chiuso il primo tempo sotto di 18 punti.



Tenere incollate più di 100 milioni di persone alla televisione, tra cui molte da paesi europei, non era una sfida facile, ma alla fine Patriots e Falcons ce l'hanno fatta. A conti fatti questo Super Bowl, l'atto finale della stagione NFL, non ha deluso per niente, anzi ha fornito uno spettacolo niente male. Era stata etichettata come il match tra l'attacco di Atlanta e la difesa di New England, ma anche come il confronto i due quarterback migliori di questa intera stagione, Tom Brady (in foto) e Matt Ryan. Alla fine ha vinto il primo, alla fine l'hanno spuntata i Patriots e non i Falcons, ma ciò che poi ha attirato l'attenzione é stato il match in se. E alla fine, in un business qual é il football americano, é questo quello che conta.

DOMINIO FALCONS


Il primo quarto é talmente equilibrato, e le squadre si annullano talmente, che per i primi quindici minuti il risultato rimane inchiodato sullo 0-0. E se la prima delle quattro frazioni di gioco é all'insegna della "noia", il quarto nº2 é un totale dominio di Atlanta che riesce a limitare Brady e a concedersi un gran vantaggio, mettendo a segno ben tre touchdown, seguiti dal kick di Gostkovski, arrivando all'intervallo sul punteggio di 21-3.

LADY GAGA SHOW 


Esce il match, entra Lady Gaga. E l'entrata non può che essere spettacolare: dopo aver cantato "God Bless America" e "This is Our Land" (con chiari riferimenti a Trump), la popstar si lancia dal tetto dello stadio, atterrando al centro del palco, e infiammando il pubblico con le sue hit più famose tra cui "Poker Face", "Just Dance" e "Telephone". Chiude l'esibizione, supportata da fireworks and flames, con "Bad Romance", probabilmente la sua canzone più celebre.

RIMONTA SUPERLATIVA


Nonostante l'Halftime Show, la musica sul campo non pare affatto cambiato, perché al rientro sul terreno di gioco, i Falcons mettono subito in chiaro le cose, con Ryan e Coleman che confezionano il touchdown del 28-3. Sembra che la quinta vittoria per Brady non possa arrivare, mentre in arrivo ci sono solo sue "meme" su Twitter. Ma un leader é vero quando reagisce e guida la rimonta, riuscendo a portare a sei minuti dal termine dell'ultimo quarto i suoi sul 20-28. Sembra tutto in ogni caso già scritto, Matt Ryan si sente già la vittoria in tasca, ma ancora una volta gli dei dello sport, modificano l'evento: gli arbitri fischiano in successione un sack e un holding, che abbattono psicologicamente Atlanta e lasciano che Brady&Co. possano completare la rimonta e portare il match all'OT. Che ovviamente si conclude come ogni favola insegna, ovvero con un lieto fine, dato stavolta dallo spettacolare TD di White, che consegna il Lombardi Trophy a New England e Tom Brady alla leggenda.

TOM BRADY V


Tom Brady é come Lebron James: o lo odi o lo ami con tutto il tuo cuore, e diciamo che per quanto riguarda il QB di New England, il sentimento che prevale nei suoi confronti é il primo, dovuto anche e soprattutto alla sua amicizia con Trump. Da ieri é diventato il quarterback più titolato di tutti i tempi, superando una leggenda qual é Joe Montana, ex dei San Francisco 49ers. Diciamo che se dovessimo paragonarlo ad altri sportivi, TB sta al football come Jordan al basket, Federer al tennis e Pelé al calcio, con l'unica differenza che quando torna a casa ad accoglierlo oltre alla figlia c'é la top model e moglie Gisele Bundchen. L'origine del tifo contro di lui sta principalmente nel suo atteggiamento, considerato da molti da sbruffone, in quanto prima del match aveva girato uno spot dove preannunciava la sua vittoria: ecco spiegato il motivo delle prese in giro sul web, che hanno alla fine fatto mangiare le mani a molti hater di Brady. Ma ciò che rende ancora più epico questo Super Bowl é la rimonta pazzesca dei Patriots che in due quarti hanno recuperato ben 25 punti. Per i Falcons invece un vero e proprio suicidio, paragonabile a quello degli Warriors, che persero le Finals NBA dopo essere stati avanti 3-1 nella serie. 
Per Tom invece una vittoria che lo consegna definitivamente all'Hall of Fame, assieme agli altri protagonisti dei più bei comeback di quest'anno, ovvero Lebron James e i Chicago Cubs. Una coppia non proprio da buttare via come spazzatura.

sabato 4 febbraio 2017

IMPERITURO

Alla fine, RF ce l'ha fatta: é riuscito a superare il record suo e di Sampras di numero di Slam vinti, diventando a Melbourne il più vincente di sempre.



Sostiene Parmenide, nel suo poema Sulla Natura, che "l'essere é e non può non essere". Per il filosofo greco, l'Essere è una realtà che ha delle caratteristiche ben delineate, tra cui l'immortalità, l'eternità e l'unicità. Appreso tutto ciò, portiamo questi concetti avanti nel tempo di 2500 anni e scopriamo che nell'età contemporanea c'é qualcuno che nella versione moderna della Pallacorda, é riuscito a rappresentare l'Essere in tutta la sua perfezione e in tutto il suo splendore: il soggetto in questione viene da Basilea, ha 35 anni, e domenica ha dimostrato a Policleto che i migliori sono quelli che esprimono le loro emozioni, che si lasciano trascinare dalle lacrime di gioia dopo una vittoria o di amarezza dopo una sconfitta. Come diceva Lawrence, "un re diventa tale solo nel giorno dell'incoronazione", e per quanto riguarda la moderna versione del jeu de paume la finale di Melbourne ha dato il suo verdetto: il re è Roger Federer.

ASCESA ALLA FINALE
L'ascesa alla finale del Re del Tennis inizia con la vittoria su Melzer, nº300 della classifica ATP, in quattro set, e prosegue con l'eliminazione del qualificato Rubin, liquidato in tre set. Il terzo turno gli propone contro Tomas Berdych, testa di serie nº10, che viene inaspettatamente rispedito a casa dallo svizzero, che regala al pubblico australiano una vera e propria lezione di tennis, schiantando 6-2, 6-4, 6-4 il tennista ceco. RF avanza e trova sul suo cammino il giapaponese Nishikori, che secondo i bookmakers può alla lunga battere Federer: anche questa volta, però, il campione 35enne mette tutti a tacere, regalandosi i quarti di finale dopo una battaglia incredibile durata ben 3 ore e 24 minuti. E le sorprese non sono finite, perché ai quarti non lo attende Murray, bensì Misha Zverev, che ha battuto il numero uno al mondo sfoderando una prestazione superlativa. Roger non si fa problemi e annichilisce il tedesco, prendendosi successivamente anche la finale, dopo aver sconfitto il connazionale Wawrinka dopo un'altra maratona conclusasi vittoriosamente al quinto set. Ad aspettarlo c'é il rivale di sempre, per la finale dei sogni: Rafa Nadal.

LA QUINTESSENZA DEL TENNIS
Lo stupóre, dal latino stupor -oris, stupēre, "stupire", è una forte sensazione di meraviglia e sorpresa, tale da togliere quasi la capacità di parlare e agire. Questa sorta di sentimento è da noi percepito quando guardiamo qualcosa che ci lascia di stucco, strabiliati: a tutto ciò aggiungiamo successivamente anche una reazione, spalancando la bocca e dilatando le pupille, in segno di interesse. Ed è questo quello che ci é accaduto domenica guardando la finale tra le due auctoritas del tennis, Roger e Rafa. Perché quando seguiamo le loro partite, i loro scambi, i loro dritti e rovesci, percepiamo un sentimento di gioia e riconoscenza che guardando Djokovic e Murray non abbiamo, come a dire, che i due "vecchietti" rappresentino un'eccezione, due punti bianchi in un mare nero.
Parlare di questo match è come descrivere lo scontro mortale tra Achille ed Ettore: troppo pathos, troppe emozione, troppa la tensione per permettermi di analizzare in modo approfondito lo scontro. 
Fatto sta che alla fine ha vinto Federer, in cinque set, dopo aver dominato il primo vincendo 6-4, perdendo malamente il secondo 6-3, vincendo sul velluto il terzo 6-1, perdendo (nuovamente) il quarto 6-3, e vincendo nel modo più insolito possibile l'ultimo e irraggiungibile, in quanto a drammaticità, set. La vittoria e il pianto annesso sono arrivati infatti grazie alla tecnologia, grazie all'Eye Hawk che ha mandato, con la sua sentenza, la Rod Laver Arena in totale delirio. Per Federer, che solo otto anni fa, usciva lacrimante dallo stadio, questa é più che una vittoria, é una rivincita.

LA MIA OPINIONE
Che Roger fosse un campione lo sapevamo già. Che con la sua grazia ed eleganza ci strabiliasse tutti, trasmettendoci emozioni diverse da quelle che ci trasmettono gli altri, di ciò già ne eravamo a conoscenza. Quello di cui eravamo ancora all'oscuro, quello che RF ci aveva tenuto nascosto nella caveau di Fort Knox, é stata la sua capacità di risorgere come la Fenice dopo un quarto set abbastanza disatroso. Pensavo che dopo il 6-3, Nadal avrebbe sollevato il trofeo: questo ce lo insegna la storia recente dello svizzero, che con il tempo e soprattutto con la schiena scricchiolante con cui convive, ha cercato sempre di più di non arrivare al quinto set, di riuscire a chiudere prima la partita, magari anche nel minor tempo possibile. Ciò che ha reso questa un impresa titanica é stato il fatto che Federer, negli ultimi tre incontri del torneo prima dell'atto decisivo aveva vinto ben due volte al giro di boa, al "quinto" come si direbbe in gergo tennistico. Considerando poi, che veniva da sei mesi di stop, post-semifinali di Wimbledon, a causa dell'intervento al ginocchio, e che tra sette mesi compirà 36 anni, questa vittoria diventa ancora più astonishing, meravigliosa, tramutandosi nel simbolo di chi non si fa abbattere dai momenti di difficoltà e che anzi, dalle ceneri di questi problemi, risorge come l'araba fenice. Dispiace informare coloro che ci credono che, il 29 gennaio 2017, questa ha cambiato nazionalità diventando svizzera.