mercoledì 20 luglio 2016

PATO, IL DIAMANTE CHE NON LUCCICA PIÚ





La vita di un calciatore ventisettenne è diversa da quello di un uomo qualunque. Il soggetto non è laureato, sta attento alla linea, è felicemente fidanzato con una top model. Di solito ha un contratto a sei zeri, viene pagato altrettanto, finisce sulle prime pagine dei giornali, è testimonial di importanti società. É nel pieno della sua carriera, pronto per esplodere o già esploso, con una bacheca più o meno piena di trofei più o meno importanti. Un ventisettenne qualsiasi invece lavora per guadagnare, per mettere su famiglia. Ma tra i due opposti c'è qualcuno che sta nel mezzo, un calciatore sottotono o un nuovo Zuckerberg. Poi ci sono quelli che a 27 anni sono già finiti, per un motivo o per un altro. Pato è tra questi, una supercar che in un attimo ha finito il carburante ma non trova una stazione di rifornimento.
L'inizio di carriera può essere paragonato a quello di Messi. Campione già in tenera età, afflitto da una malattia che potrebbe interrompergliela. Il problema viene poi risolto con il finanziamento per le cure offerto da un conoscente, e la favola può continuare. 
Alexandre ad 11 anni firma per l'Internacional di Porto Alegre, sebbene sembrava dovesse vestire la maglia del Gremio. Il ragazzo ha grandi qualità, e un'ottima tecnica che lo fanno diventare un obiettivo per le big europee: per questo motivo il club inserisce una clausola rescissoria di 20 milioni.
Il 2006 è l'anno del debutto, e il gol dopo due minuti fa capire all'allenatore che il ragazzo è un potenziale campione: viene perciò convocato per la competizione più importante dell'anno, il Mondiale per Club, dove Pato diventa il più giovane marcatore in una competizione FIFA, togliendo il record ad un certo Pelé. Ora tutto è pronto per l'approdo in Europa. 
Il Milan si assicura il ragazzo per 22 milioni, la più alta cifra pagata per un minorenne fino a quel momento, ma Alexandre potrà giocare solo da gennaio. Il 13 del mese esordisce contro il Napoli, segnando il definitivo gol del 5-2. Dopo il gol, l'esultanza con il gesto del cuore, rivolta alla fidanzata e modella Sthefany Brito. Poi l'abbraccio dei compagni e le lacrime di gioia. Forte e umile, prototipo del calciatore perfetto. Due settimane dopo la prima doppietta in Serie A, contro il Genoa, e la giornata successiva il quarto gol in altrettante partite a Firenze. Dopo il gol, l'infortunio, che comunque non gli impedisce di arrivare a quota nove reti in diciotto partite. A marzo esordisce in Nazionale contro la Svezia e anche lì è gol all'esordio. Tre esordi, tre gol. 
La stagione successiva si apre con l'arrivo di Ronaldinho dal Barcellona, e con la successiva creazione del trio d'attacco KA-PA-RO. Visti i molteplici infortuni di Borriello, Alexandre viene impiegato da prima punta, dove convince tutti. Si iniziano già a fare paragoni con gli altri due astri nascenti del campionato, Giovinco e Balotelli, che come Pato vivranno i loro momenti migliori in giovane età, perdendosi col passare degli anni. Intanto arrivano già le prime impressioni dei giornalisti sul talento brasiliano. Tutti lo elogiano, tutti dicono che in campo non dimostra l'età che ha, che è più maturo dei suoi 18 anni, che negli anni a venire vincerà sicuramente il Pallone d'Oro, che vincerà trofei importanti in Premier, dove lo vuole il Chelsea, o magari in Liga. Chiude la stagione 2008-2009, l'ultima di Ancelotti a Milano con 18 gol. In un'intervista rilasciata al Corriere dello Sport dice di voler seguire l'esempio di Maldini, sia per la longevità agonistica sia per l'attaccamento alla maglia. Tutto ciò non si compirà mai.
Inizia bene la stagione con Leonardo in panchina con un gol all'esordio a Siena, e con la doppietta al Bernabeu che fa prevalere il Milan 3-2 sul Real durante la fase a gironi. Poi iniziano gli infortuni. Due mesi lontano dal campo per problemi muscolari, sedici partite saltate. Ma questo non è il peggio: agli infortuni si aggiungono il divorzio con la fidanzata, poi moglie, Sthefany, dopo neanche un anno di matrimonio e la mancata convocazione al Mondiale sudafricano. Sembra che la situazione vada di male in peggio, ma con l'arrivo di Allegri, Pato rinasce. Sedici reti complessive, due alla prima contro il Lecce, due nel derby. La stagione si conclude con la vittoria dello Scudetto, l'ultimo grande trofeo dell'ultima grande stagione di Alexandre. Poi la vittoria della Supercoppa ai danni dell'Inter e l'ultimo imperioso scatto, datato 13 settembre 2011 a Barcellona. Uno scatto per superare Mascherano e battere Valdes, 24 secondi di stupore, di ammirazione. Dopo questo gol un futuro roseo, che però non arriverà mai. Il tempo scorre, e arriva l'estate e le sirene parigine per Alexandre. Sirene guidate da Ancelotti e finanziate dai qatarioti. 35 milioni sul piatto, pronti ad reinvestiti per Carlos Tevez, in rotta con il City e con Mancini. Ma poi il no di Berlusconi, spinto probabilmente dalla figlia Barbara al tempo felicemente fidanzata con il brasiliano, il no di Pato, che afferma che il Milan è casa sua. Il tempo si è fermato lì, e così la carriera del Papero. Da lì dieci infortuni in due anni, e pochi, pochissimi gol.
Torna in Brasile, al Corinthias, pagato 15 milioni, diventando così il più costoso della storia del Timão. Ritorna in Brasile per rinascere ma piuttosto che rinascere, peggiora. Sei mesi e viene prestato al San Paolo. Durante il primo allenamento, rischia di essere malmenato dai tifosi: viene salvato solamente dalle chiavi dello spogliatoio. Passa un anno, ed è tempo di un nuovo trasferimento, stavolta al Chelsea, per tentare il rilancio in Europa. Anche stavolta, il tentativo va a vuoto. Un gol e poi l'iscrizione alla lista degli infortunati. Dimenticato da tutti, anche dal Corinthias che non gli rinnova, giustamente, il contratto. Poi la possibilità di farlo ritornare in Italia, alla Lazio con Bielsa, ma quando l'arrivo del Loco salta, addio trasferimento.
Ora è li, svincolato, ad aspettare una squadra che gli offra un contratto. Spera che il club sia europeo, perché ha "una voglia matta di giocare la Champions." Ma a meno di miracoli, in qualsiasi squadra andrà non rivedremo più il Pato di un lustro fa, quel ragazzo che con il suo scatto da centometrista ti faceva brillare gli occhi di felicità. Uno scatto che doveva portarlo all'oro anche in questi anni. Un Pato che se fosse stato quello dei tempi migliori avrebbe potuto evitare l'1-7 con la Germania nel Mondiale di casa. Intanto dall'oro è passato al legno, mentre il tempo sembra essersi fermato alla sera del 13 settembre 2011. 

martedì 19 luglio 2016

HERE COMES THE MONEY: 550 MILONI DI EURO GIÁ SPESI DAI TOP CLUB






Il Manchester United guida la classifica, poi il Chelsea e il Bayern Monaco. No, questa non è la classifica della Superlega a cui auspicano le "big" inglesi. Questa è la classifica delle squadre che fino ad ora hanno speso di più nel comprare calciatori. 

#1 Manchester United (80 mln) - Mkhitaryan e Bailly sono costati un occhio della testa. Più precisamente, 42 milioni sborsati per l'armeno ed i restanti per il difensore ex Villareal. I più "spendaccioni" senza contare che Ibra è stato preso a zero e che Pogba deve ancora arrivare.

#2 Chelsea (78 mln) - Deux cadeaux pour Conte. É il francese la lingua degli acquisti di Abramovich: il primo, Batshuayi, pagato ben 30 milioni è in realtà belga. Il secondo, Kanté, appena prelevato dal Leicester di Ranieri per 38 milioni è transalpino. Conoscendo il magnate russo, che spende almeno 90 milioni a stagione, prepariamoci ad un terzo colpo, magari Stones dall'Everton.

#3 Bayern Monaco (70 mln) - Solo il Bayern può pagare un diciottenne 35 milioni più 45 di bonus. Insomma una scommessa, sperando che in futuro Renato Sanches diventi il nuovo Seedorf. Il resto dei soldi sono andati a finire nelle casse del Borussia Dortmund che per evitare di consegnare ai rivali un altro giocatore a zero, dopo il caso Lewandowski, ha preferito incassare.

#4 Atletico Madrid (50 mln) - Vrsaljko, Gaítan, Jota. Tre colpi per aprire la nuova stagione dell'Atletico. Il terzino proveniente dal Sassuolo è stato pagato ben 18 milioni, il gioiellino del Benfica solo sette in più.

#5 Manchester City (47 mln) - Gundogan e Nolito sono stati i primi acquisti dell'era Guardiola a Manchester. Bonucci potrebbe essere il prossimo. Tra il sì e il no del difensore juventino ci sono 60 milioni di differenza.

#6 Barcellona (45 mln) - Per il nuovo anno, Luis Enrique ha puntato sui giovani. Umtiti dal Lione per 25 milioni, Digne dal Psg per 16, ed i restanti spesi per il ritorno a casa base di Denis Suarez.

#7 Paris Saint Germain (43 mln) - Arrivato Emery, è arrivato anche il suo pupillo Krychowiak per 28.5 mln. Presi anche Lo Celso, nuovo astro nascente argentino e Meunier, terzino belga visto ad Euro 2016.

#8 Juventus (35 mln) - Pjanic e Benatia, oltre a Dani Alves. Aspettando di incrementare la spesa con i 22.5 pagati per assicurarsi Pjaca.

#9 Real Madrid (30 mln) - Tutto speso per recomprarse Morata.

#10 Borussia Dortmund (20 mln) - Guerreiro e Bartra. Due giovani in cerca di riscatto. Il Dortmund può essere il posto giusto.

lunedì 18 luglio 2016

NBA'S NEXT STARS: BRANDON INGRAM





Il draft, cestisticamente parlando, è una delle Spannung della carriera di un giocatore di basket. Tutto in poche ore. Vestito bene, affiancato dai propri familiari,  circondato dai propri coetanei, l’universitario in questione aspetta la chiamata più importante della sua vita, quella di una delle 30 franchigie NBA. In questa rubrica, scopriamo le scelte del Draft 2015 e 2016, coloro che saranno le Nba’s next stars. Ora è il turno di Brandon Ingram chiamato alla #2 dai Los Angeles Lakers.

CARRIERA
Brandon Xavier Ingram nasce il 2 settembre 1997 a Kinston, North Carolina. Appassionato di basket fin da piccolo, inizia a giocare nei playground della città a soli 11 anni assieme al fratello. Qui viene notato da Jerry Stackhouse, ex NBA ed amico del padre. Nei quattro anni di liceo porta quattro titoli consecutivi alla sua città natia, concludendo l’ultimo anno con 24.3 punti di media. Il 27 aprile 2015 annuncia l’arrivo alla Duke University, uno dei college più “cool” e vincenti del panorama universitario. I “Blue Devils” raggiungono i playoff, fermandosi però al primo turno sconfitti da Oregon, nonostante i 24 punti di Ingram.

PUNTI DEBOLI
L’aspetto fisico è sicuramente il suo punto debole. Facendo un paragone extra-cestistico ricorda Pato, mentre all’interno della Lega viene paragonato a Durant. Occhio però a non sottovalutarlo, perché KD con quel fisico è diventato MVP.

PUNTI FORTI
2.06 metri. 221 cm di apertura alare. 41.3% da tre. Un tiratore micidiale, forte anche sotto canestro, in entrambe le parti del campo. Praticamente una certezza…

A CHI ASSOMIGLIA
Sembra il fratello minore di Durant. Stessa corporatura, stesso ruolo, stesse qualità alla stessa età. Sperando di essere in futuro il nuovo KD, o addirittura meglio.

FUTURO
Se continua così sarà l’ideale successore di Bryant nel ruolo di leader dei Lakers. Con Russel e Randle può dare il via ad una nuova era Lakers. Si spera vincente…

domenica 17 luglio 2016

NBA'S NEXT STARS: KARL-ANTHONY TOWNS





Il draft, cestisticamente parlando, è una delle Spannung della carriera di un giocatore di basket. Tutto in poche ore. Vestito bene, affiancato dai propri familiari,  circondato dai propri coetanei, l’universitario in questione aspetta la chiamata più importante della sua vita, quella di una delle 30 franchigie NBA. In questa rubrica, scopriamo le scelte del Draft 2015 e 2016, coloro che saranno le Nba’s next stars. Ora è il turno di Karl-Anthony Towns, chiamato lo scorso anno alla #1 dai Minnesota Timberwolves

CARRIERA
Karl-Anthony Towns Jr nasce a Piscataway, New Jersey, il 15 novembre 1995, ed ha origini dominicane dato che la madre proviene da lì. Già alla high school dimostra di cosa è capace, chiudendo la sua ultima annata da “senior” con 20.3 punti di media a partita.  L’anno successivo lo vede raggiungere il Kentucky dove fa registrare 10.3 punti, 6.7 rimbalzi e 2.3 stoppate di media a partita. Un anno e poi il Draft. La #1 ed una stagione da rookie memorabile da 18.3 punti e 10.7 rimbalzi di media a partita. Un Rookie of The Year conquistata a mani basse, all’unanimità come se non bastasse il premio.

PUNTI DEBOLI
Tenere la posizione è il suo gran problema, oltre al tiro da tre, ma quest’ultimo è giustificabile visto che Towns è un lungo.

PUNTI FORTI
Solidità. Questo lo rende già una certezza. Bravo anche ai liberi, ma soprattutto dalla media distanza.  Una certezza a 21 anni. Pochi come lui.

A CHI ASSOMIGLIA
Un misto tra Blake Griffin e Kevin Garnett. Con il primo condivide l’imponente media punti (da ricordare che è un “5”), con il secondo l’abilità sotto canestro.

FUTURO

All-Star Game in continuazione, come se piovesse. Con Wiggins sono i nuovi Durant e Westbrook. Potenzialmente il centro più forte della lega, potenzialmente con almeno un anello al dito se si giocherà le sue carte. Anthony Davis è avvisato…

mercoledì 13 luglio 2016

DREAM TEAM: LE ORIGINI DEL BARCELLONA ODIERNO





Barcellona, estate 1992, Dream Team. Tre parole chiave. Andate con la vostra memoria indietro fino a quell'anno e ricorderete che i protagonisti di cui si parlò durante i tre mesi estivi non furono solamente Jordan, Bird e Magic, ma anche Stoickov, Koeman e Guardiola. Sì, proprio quel Guardiola, che 25 anni dopo rivoluzionerà il calcio col suo ammaliante tiki-taka. Pep però lo schema non l'ha inventato da un giorno all'altro, ma l'ha appreso giocando dal suo maestro, un certo Johann Crujff. Oggi ripercorriamo la storia, i trionfi, le delusioni di quella squadra. From SSL (Salinas-Stoickov-Laudrup) to MSN (Messi-Suarez-Neymar).
28 aprile '87. Un gruppo di giocatori del Barça convoca una conferenza stampa presso l'Hotel Hesperia. Poche ore dopo, l'allora presidente Nuñez viene cacciato, e pochi giorni più tardi viene trovato un nuovo allenatore, Johann Crujff, già giocatore blaugrana alla metà degli anni '70. Con l'olandese cambia tutto: cambia l'approccio al settore giovanile, che diventa la fucina di futuri campioni. Cambia anche la mentalità nella cantera, con i risultati che sono meno importanti della filosofia di gioco: insomma Crujff insegna che "sbagliando si impara." Anche la squadra viene rivoluzionata dato che dei giocatori in rosa ne rimangono solo nove. La campagna acquisti è faraonica con ben 2 miliardi di pesetas spese in 12 giocatori, tra cui Solero, Berigistain e Bakero. 
Dopo anni non particolarmente gioiosi, in Catalogna torna l'entusiasmo: la squadra termina seconda in campionato, esce ai quarti nella coppa nazionale, ma vince la Coppa delle Coppe contro la Sampdoria. Nonostante gli acquisti di Koeman e Laudrup, i ragazzi di Crujff arrivaro ancora secondi in campionato, perdono la Supercoppa Europea contro il Milan ma si aggiudicano la Copa del Rey proprio contro i blancos, vincitori della Liga. 
L'anno successivo, con l'arrivo di Hristo Stoickov, la squadra pone fine al quinquennio merengue, dominando il campionato, e nel 1991-92 vince la prima Champions della sua storia contro la Sampdoria a Wembley, grazie alla rete di Koeman nei supplementari. Oltre alla vittoria in campo europeo la squadra si aggiudica per la seconda volta consecutivo la Liga, successo ripetuto l'anno seguente.
Nel 1994 il Barça sembra una squadra senza difetti: con l'arrivo di Romario arriva la quarta vittoria consecutiva in campionato e in Champions il Dream Team raggiunge la finale surclassando tutti. Ma il sembrar perfetti non sempre é sinonimo di vera perfezione: lo dimostra la finale europea di quell'anno, il 18 maggio ad Atene contro il Milan di Capello. Crujff aveva detto prima del match che i rossoneri sarebbero stati umiliati ma succede completamente il contrario, visto che il Barcellona viene battuto 4-0. 
Negli ultimi due anni la squadra viene rinnovata, e perciò molti giocatori tra cui Laudrup e Koeman lasciano la Catalogna. Il biennio si conclude con un solo trofeo in bacheca, la Supercoppa di Lega. Crujff, a causa di contrasti con i dirigenti, viene licenziato ad una giornata dal termine della stagione 1995-96. Con il suo licenziamento, del Dream Team si perdono le tracce. 
Ma la memoria di quegli splendidi calciatori e di quell'allenatore non si è persa traccia. 
E non si perderà nemmeno in futuro. Non si perderà mai. 

lunedì 11 luglio 2016

DAL 9 DEL PORTOGALLO AL 4 DELL'AUSTRIA: TIRIAMO LE SOMME DI EURO 2016






ALBANIA 6.5 : Poteva essere 7 se sfruttavano meglio le occasioni loro concesse. La squadra di De Biasi esce dall'Europeo a testa altissima, con tre punti, probabilmente il massimo ottenibile. Non sorprendiamoci se saranno presenti anche in Russia tra due anni. 

AUSTRIA 4 : Incolore. Questo è tutto ciò che ho da dire della nazionale di Alaba e Arnautovic, che avevano il compito di portare la squadra almeno alla fase a eliminazione diretta. Piuttosto che guardare l'Austria preferisco il ciclismo.

BELGIO 5.5 : Niente sufficienza per i Red Devils. Perdono malamente le due uniche partite complicate, contro Italia e Galles, venendo surclassate sul piano tattico. Un bagno di umiltà serve a tutti, ad Hazard forse un po' meno, visto che è stato l'unico a cercare di risolvere la situazione. Troppo facile esaltarsi battendo l'Ungheria.

CROAZIA 7 : Forse la miglior Croazia di sempre assieme a quella del Mondiale francese. Tanto talento, mostrato in campo da tutti. Un nuovo gioiello messo in mostra, Pjaca. Un talento sopraffino, Modric. Tutti pensavano potesse arrivare in finale, dove è arrivato Quaresma, l'uomo che ha messo fine ai sogni croati. Non disperatevi, tifosi biancorossi, prima o poi il sogno sarà realtà. 

FRANCIA 6.5 : Fino alla semifinale, sembrava tutto enormemente pilotato. Prima Albania, Romania e Svizzera, poi Irlanda del Nord e Islanda. La Germania è stata punita, ma non il Portogallo. Pogba ha deluso, così come i tifosi francesi ancora una volta troppo poco legati al loro équipe. Griezmann, così sfortunato da perdere due finali in 40 giorni, merita i miei complimenti, per essersi caricato una nazione sulle spalle

GALLES 7.5 : Il destino non ha voluto che arrivasse in finale, pur meritandoselo. Partiti con poche speranze grazie soprattuto a Bale e Ramsey, ma anche a outsider come Robson-Kanu, hanno contagiato tutti con il loro "Don't take me home". Cheers men, cheers.

GERMANIA 6.5 : Stesso voto dei padroni di casa. Occasione sprecata, perché con la mole di talento a disposizione la finale era d'obbligo. Appena si è infortunato Gomez, il mago Löw ha perso il tocco, ed addio Europeo.

INGHILTERRA 4 : "The worst defeat in our history." Lineker ha azzeccato. Allenatore strapagato, difesa inguardabile, portiere vergognoso. É incredibile finire secondi nel girone che aveva. É incredibile gettare l'occasione migliore di vincere degli ultimi vent'anni al vento. God save the National Team

IRLANDA DEL NORD 7 : Fa soffrire le grandi, portando la Francia ad un passo dall'eliminazione. Più che per il gioco li ricorderemo perché pensavano realmente che Will Grigg was on fire. Ciao nordirlandesi, andate ad insegnare agli angeli come spendere 2000 € in birre.

IRLANDA 6 : Ricordata solo per aver battuto l'Italia, e per aver consegnato un punto alla Svezia con un incredibile autogol. Il resto non conta.

ISLANDA 8 : Il telecronista che impazzisce al 94' rimarrà sempre nei nostri cuori. Così come la Geyser Dance. Così come Gunnarsson e la sua barba vichinga. Usciti a testa altissima, dopo aver sbattuto fuori gli inglesi, ci hanno insegnato che le favole esistono.

ITALIA 8.5 : Secondo tutti non avremmo neanche superato i gironi. Conte ci ha fatto ricredere, dimostrando come il gruppo a volte batta i singoli. Prima il Belgio, poi la Spagna si sono inchinate. La Germania ci ha eliminato solo ai rigori. Almeno stavolta sappiamo da dove ripartire.

POLONIA 6.5 : Tanti rimpianti. Potevano fare meglio, ma ormai l'Europeo è finito. Alla prossima.

PORTOGALLO 8.5 : Campioni, finalmente. Senza Ronaldo, soprattutto. Grazie ai portoghesi per averci fatto amare Renato Sanches e Quaresma, con le sue improbabili capigliature. Meritato successo per Fernando Santos, capace di creare un gruppo unito, che l'ha ripagato. Festa totale, bravi tutti.

REPUBBLICA CECA 6 : Rimontare la Croazia non è cosa semplice. Loro l'hanno fatto, bravi. Ora i complimenti sono finiti.

ROMANIA & RUSSIA s.v. : Credo siano rimaste in albergo, un attimo che controllo.

SLOVACCHIA 6.5 : Escono surclassati dai tedeschi, ma questo ci sta. Hamsik e Weiss i giocatori da cui ripartire.

SPAGNA 4.5 : Dopo i convincenti gironi sembrava che dovessero umiliarci. Peccato che sia successo il contrario. Il ciclo d'oro è finito. Ora Morata&Co. devono ripetere le gesta dei predecessori. 

SVIZZERA 6 : Sfortunati. Chiudono il loro cammino solo ai rigori, dopo il pareggio in rovesciata firmato Shaqiri. Noi ricorderemo solo questo, il resto è già nel dimenticatoio.

TURCHIA 4 : Dovevano convincere, non l'hanno fatto, e la contestazione ci sta. Arda Turan si riconferma un buon, non ottimo, giocatore. Il futuro è nelle mani di Emre Mor.

UCRAINA s.v. : Cercasi presunti fenomeni, di nome Konoplyanka e Yarmolenko.

UNGHERIA 6 : Non potevano fare molto ma arrivare agli ottavi è un buon risultato, soprattuto per Kiraly, l'uomo che entrò in campo con i pantaloni della tuta.

LIBERTÉ, EGALITÉ, EDERNITÉ: E PENSARE CHE IL PORTOGALLO ERA DATO A 20...





Ogni 12 anni una sorpresa. Così recitano gli Europei. Prima la Danimarca nel 1992, poi la Grecia nel 2004 e ora il Portogallo nel 2016. Laudrup, Charisteas, Ronaldo. Tre protagonisti, tre maglie diverse (due rosse e una bianca), tre numeri diversi (11, 9, 7), ma con una vittoria europea in comune. Rispetto alla sconosciuta Grecia e alla ripescata Danimarca, il Portogallo non era la favorita, visto che era quotata a 20, ma comunque qualche remota chance di vittoria ce l'aveva. Un girone non troppo complesso, una star circondata da alcuni giocatori di qualità. Ma prima di arrivare a Saint Denis e alle doppie lacrime di Ronaldo, ripercorriamo tutte le yard che hanno portato al touchdown.
Il percorso inizia alle 21 del 14 giugno, presso Saint-Etienne dove i portoghesi affrontano la "presunta" cenerentola del torneo, l'Islanda. Ronaldo non è in partita e lo si capisce quando sbaglia lo stop davanti ad Halldorsson. A sbloccarla ci pensa Nani su cross di Vieirinha al 30' e da lì il match pare in discesa. Dico pare perché Bjarnason ci impiega venti minuti a pareggiare, sfruttando un errore incomprensibile dello stesso terzino autore dell'assist del vantaggio lusitano. Il match finisce così con l'Islanda che sfiora il colpaccio a tre minuti dalla fine e con il Portogallo che si porta un punto a casa che sa di sconfitta. Con l'Austria un altro pareggio, con Ronaldo protagonista in negativo, dato che il suo rigore sbatte sul palo. Al terzo ed ultimo esame CR7 si fa trovare pronto e con due gol ed un assist trascina i compagni, per il rotto della cuffia, agli ottavi. Ottavi che di nome fanno Croazia, una nazionale capace di battere la Spagna e chiudere il proprio girone in testa. Una partita molto sofferta, che va ai supplementari dove i portoghesi sono capaci di sfruttare l'unica loro grande disattenzione degli avversari per mettere la partita in ghiaccio: palo di Perisic di testa, ripartenza, cross di Nani per Ronaldo che tira, se la fa parare, e attende che Quaresma la spinga in porta. I quarti contro la Polonia sono lì ad aspettarli. Nel quarto entrambe le squadre, arrivate ai supplementari ed oltre, sentono la stanchezza e sull'1-1 vanno dagli undici metri: trionfa ancora Cristiano, che batte il primo rigore. Trionfa anche Quaresma che batte l'ultimo. In semifinale la sorpresa, il Galles, che fino a quel momento aveva fornito più di una solida prestazione, battendo Irlanda del Nord e soprattutto Belgio. La partita viene risolta tra il 50' e il 53': apre Ronaldo di testa, chiude Nani che segna su un tiro del capitano ribattuto. Pur essendo arrivati in finale, nessuno pensa che il Portogallo possa vincere. Perché è finito nella parte "facile del tabellone", perché è Ronaldo-dipendente, perché vincere una partita su sei al novantesimo ha dell'incredibile. Insomma nessuno ci crede, e neanche i bookmakers, che lo quotano a 4,50. Ma la finale è una partita a sé, e anche questa lo dimostra. La Francia arriva coi favori dei pronostici, viene dalla vittoria contro la sempre odiata Germania, viene da un cammino in crescendo. Eppure la pressione c'è ed è molta. Troppa dopo l'abbandono del campo di Ronaldo, al 24' del primo tempo. Tutta su Pogba e Griezmann, le stelle da cui ci si aspettava un colpo di genio mai arrivato. Il potenziale eroe poteva essere Gignac, con il suo volto da "puro delinquente", ma il palo all'ultimo gliel'ha negato. L'eroe è stato Eder, entrato al posto di Renato Sanches, uno che nella sua carriera ha giocato nel Braga e nello Swansea prima di approdare a Lille a gennaio. Al 109' l'ha decisa con un poderoso destro all'angolo. Un gran gol, un inaspettato protagonista. La coppa l'ha sollevata lui, lo "zoppo" Cristiano, ma il protagonista di questa notte di mezz'estate, sotto il cielo di Parigi è un altro. Nella città dell'amore per antonomasia, un uomo ha fatto innamorare di sé stesso un popolo. Eder e Charisteas. Due storie diverse, due nazionalità diverse, due maglie diverse, lo stesso medesimo destino. 
Non, je ne regrette rien, firmato Éderzito António Macedo Lopes.

domenica 3 luglio 2016

KD FREE: TUTTE LE NEWS SUL FREE AGENT PIÚ RICHIESTO D'AMERICA





Domani 4 luglio, festa d'indipendenza americana, Kevin Durant indipendente non sarà più. Lui, che è il free agent più richiesto tra le 30 squadre Nba, domani deciderà il suo futuro.
Dopo la cocente eliminazione alle Conference Finals contro Golden State, KD ha detto di dover ancora decidere sull'avvenire, ma fatto sta sapeva già quali fossero le sue pretendenti: Warriors, Spurs, Clippers, Celtics e Heat, oltre ai suoi Thunder. La location è già stata scelta, gli Hamptons, località preferita dai wealthy newyorkers. Ecco gli scenari...

THUNDER: Oklahoma City è la favorita nella corsa al #35. Perché Durant ha un ottimo rapporto sia con la gente sia con la città, ed inoltre perché i Thunder possono offrigli il massimo possibile cioè 26.6 milioni all'anno. In caso di remaining firmerà con l'opzione 1+1, lasciando l'anno prossimo in caso di titolo mancato.

WARRIORS: L'offerta è più che allettante. Giocare con gli Splash Brothers, con Green e con un coach come Steve Kerr, non è per niente male. L'unica incognita è che per firmare Durant dovrebbero rinunciare a Bogut, Barnes e Ezeli. Ma se prendono KD l'attacco è alieno e le altre squadre saranno terrorizzate di affrontare Golden State.

CLIPPERS: Dicono che l'abbiano impressionato, ma no grazie. Durant ha rifiutato l'idea dei "Big Four" che gli aveva illustrato Ballmer al fine di portare il titolo a Los Angeles. Ci hanno provato portando oltre al proprietario, Doc Rivers, Deandre Jordan (amico di lunga data di KD) e Griffin. Ma neanche questo l'ha convinto

Delle altre squadre sapremo più tardi, ma CBSSports dice che i Celtics non sono in pole ma ci sono vicini. Le altre sarebbero fuori. Okc pole-man, dietro Boston poi Golden State. Tre grandi generali per il migliore tra i soldati. Tra 18-24 ore conosceremo chi avrà vinto la guerra, per ora siamo in attesa. Trepida attesa.























RIMPIANTO NAZIONALE: L'ITALIA CEDE ALLA GERMANIA SOLO AI RIGORI







"22 uomini rincorrono il pallone per 90 minuti e alla fine la Germania vince." Questo è ciò che diceva Gary Lineker alla fine della lotteria dei rigori che aveva eliminato gli inglesi in semifinale dei Mondiali '90. Ed è questo che potrebbe dire anche Conte, ma siamo certo che non cercherà alibi perché non è nel suo carattere. La prima sconfitta contro i tedeschi brucia, ma rispetto ai pronostici che ci davano spacciati, li abbiamo spaventati. 
Ambedue le squadre si presentano con il 3-5-2: Löw avanza Müller sulla linea di Gomez, mettendo Höwedes nei tre di difesa assieme a Boateng e Hummels, mentre Kimmich e Hector fanno gli esterni di centrocampo, formato dal trio Özil-Khedira-Kroos. Conte invece non cambia gli uomini che hanno battutto la Spagna, fatta eccezione per De Rossi sostituito da Sturaro.
Il primo tempo è soporifero: la Germania attacca cercando la via del gol, l'Italia si difende sperando in un contropiede favorevole. Al 27' la nazionale tedesca segna di testa con Schweinsteiger, gol successivamente annullato per fuorigioco. Quattordici minuti dopo rispondono gli Azzurri, con Sturaro che sfiora il gol con un tiro di controbalzo che finisce di poco a lato.
Il secondo tempo inizia con un tiro di Müller al 54', salvato prodigiosamente da Florenzi. Dieci minuti dopo arriva finalmente il gol della Germania con Özil che su cross di Hector, deviato da Chiellini, segna di controbalzo. I ragazzi di Löw hanno poi un'altra nitida palla per segnare, con Gomez che di tacco rischia di segnare un gol magnifico col tacco. 
L'Italia però non si scoraggia ed inizia ad attaccare prima con Pellé che tira a lato e poi con Bonucci che al 75' trasforma il rigore procurato dal fallo di mano di Boateng in area. Prima dei supplementari De Sciglio cerca la via del gol al 90' trovando solamente l'esterno della rete. I rigori si avvicinano, le squadre sono stanche ma non mollano cercando, invano, il vantaggio rispettivamente con Draxler e Insigne. I penalty arrivano: Pellé sbaglia il rigore decisivo e così anche Schweinsteiger, che la spara in tribuna. Si va ad oltranza, segnano tutti. Darmian va sul dischetto, pensando chissà cosa, e sbaglia. Hector invece no. Vabbé, grazie comunque ragazzi. Grazie Italia. Sappiamo da dove ripartire.