La vita di un calciatore ventisettenne è diversa da quello di un uomo qualunque. Il soggetto non è laureato, sta attento alla linea, è felicemente fidanzato con una top model. Di solito ha un contratto a sei zeri, viene pagato altrettanto, finisce sulle prime pagine dei giornali, è testimonial di importanti società. É nel pieno della sua carriera, pronto per esplodere o già esploso, con una bacheca più o meno piena di trofei più o meno importanti. Un ventisettenne qualsiasi invece lavora per guadagnare, per mettere su famiglia. Ma tra i due opposti c'è qualcuno che sta nel mezzo, un calciatore sottotono o un nuovo Zuckerberg. Poi ci sono quelli che a 27 anni sono già finiti, per un motivo o per un altro. Pato è tra questi, una supercar che in un attimo ha finito il carburante ma non trova una stazione di rifornimento.
L'inizio di carriera può essere paragonato a quello di Messi. Campione già in tenera età, afflitto da una malattia che potrebbe interrompergliela. Il problema viene poi risolto con il finanziamento per le cure offerto da un conoscente, e la favola può continuare.
Alexandre ad 11 anni firma per l'Internacional di Porto Alegre, sebbene sembrava dovesse vestire la maglia del Gremio. Il ragazzo ha grandi qualità, e un'ottima tecnica che lo fanno diventare un obiettivo per le big europee: per questo motivo il club inserisce una clausola rescissoria di 20 milioni.
Il 2006 è l'anno del debutto, e il gol dopo due minuti fa capire all'allenatore che il ragazzo è un potenziale campione: viene perciò convocato per la competizione più importante dell'anno, il Mondiale per Club, dove Pato diventa il più giovane marcatore in una competizione FIFA, togliendo il record ad un certo Pelé. Ora tutto è pronto per l'approdo in Europa.
Il Milan si assicura il ragazzo per 22 milioni, la più alta cifra pagata per un minorenne fino a quel momento, ma Alexandre potrà giocare solo da gennaio. Il 13 del mese esordisce contro il Napoli, segnando il definitivo gol del 5-2. Dopo il gol, l'esultanza con il gesto del cuore, rivolta alla fidanzata e modella Sthefany Brito. Poi l'abbraccio dei compagni e le lacrime di gioia. Forte e umile, prototipo del calciatore perfetto. Due settimane dopo la prima doppietta in Serie A, contro il Genoa, e la giornata successiva il quarto gol in altrettante partite a Firenze. Dopo il gol, l'infortunio, che comunque non gli impedisce di arrivare a quota nove reti in diciotto partite. A marzo esordisce in Nazionale contro la Svezia e anche lì è gol all'esordio. Tre esordi, tre gol.
La stagione successiva si apre con l'arrivo di Ronaldinho dal Barcellona, e con la successiva creazione del trio d'attacco KA-PA-RO. Visti i molteplici infortuni di Borriello, Alexandre viene impiegato da prima punta, dove convince tutti. Si iniziano già a fare paragoni con gli altri due astri nascenti del campionato, Giovinco e Balotelli, che come Pato vivranno i loro momenti migliori in giovane età, perdendosi col passare degli anni. Intanto arrivano già le prime impressioni dei giornalisti sul talento brasiliano. Tutti lo elogiano, tutti dicono che in campo non dimostra l'età che ha, che è più maturo dei suoi 18 anni, che negli anni a venire vincerà sicuramente il Pallone d'Oro, che vincerà trofei importanti in Premier, dove lo vuole il Chelsea, o magari in Liga. Chiude la stagione 2008-2009, l'ultima di Ancelotti a Milano con 18 gol. In un'intervista rilasciata al Corriere dello Sport dice di voler seguire l'esempio di Maldini, sia per la longevità agonistica sia per l'attaccamento alla maglia. Tutto ciò non si compirà mai.
Inizia bene la stagione con Leonardo in panchina con un gol all'esordio a Siena, e con la doppietta al Bernabeu che fa prevalere il Milan 3-2 sul Real durante la fase a gironi. Poi iniziano gli infortuni. Due mesi lontano dal campo per problemi muscolari, sedici partite saltate. Ma questo non è il peggio: agli infortuni si aggiungono il divorzio con la fidanzata, poi moglie, Sthefany, dopo neanche un anno di matrimonio e la mancata convocazione al Mondiale sudafricano. Sembra che la situazione vada di male in peggio, ma con l'arrivo di Allegri, Pato rinasce. Sedici reti complessive, due alla prima contro il Lecce, due nel derby. La stagione si conclude con la vittoria dello Scudetto, l'ultimo grande trofeo dell'ultima grande stagione di Alexandre. Poi la vittoria della Supercoppa ai danni dell'Inter e l'ultimo imperioso scatto, datato 13 settembre 2011 a Barcellona. Uno scatto per superare Mascherano e battere Valdes, 24 secondi di stupore, di ammirazione. Dopo questo gol un futuro roseo, che però non arriverà mai. Il tempo scorre, e arriva l'estate e le sirene parigine per Alexandre. Sirene guidate da Ancelotti e finanziate dai qatarioti. 35 milioni sul piatto, pronti ad reinvestiti per Carlos Tevez, in rotta con il City e con Mancini. Ma poi il no di Berlusconi, spinto probabilmente dalla figlia Barbara al tempo felicemente fidanzata con il brasiliano, il no di Pato, che afferma che il Milan è casa sua. Il tempo si è fermato lì, e così la carriera del Papero. Da lì dieci infortuni in due anni, e pochi, pochissimi gol.
Torna in Brasile, al Corinthias, pagato 15 milioni, diventando così il più costoso della storia del Timão. Ritorna in Brasile per rinascere ma piuttosto che rinascere, peggiora. Sei mesi e viene prestato al San Paolo. Durante il primo allenamento, rischia di essere malmenato dai tifosi: viene salvato solamente dalle chiavi dello spogliatoio. Passa un anno, ed è tempo di un nuovo trasferimento, stavolta al Chelsea, per tentare il rilancio in Europa. Anche stavolta, il tentativo va a vuoto. Un gol e poi l'iscrizione alla lista degli infortunati. Dimenticato da tutti, anche dal Corinthias che non gli rinnova, giustamente, il contratto. Poi la possibilità di farlo ritornare in Italia, alla Lazio con Bielsa, ma quando l'arrivo del Loco salta, addio trasferimento.
Ora è li, svincolato, ad aspettare una squadra che gli offra un contratto. Spera che il club sia europeo, perché ha "una voglia matta di giocare la Champions." Ma a meno di miracoli, in qualsiasi squadra andrà non rivedremo più il Pato di un lustro fa, quel ragazzo che con il suo scatto da centometrista ti faceva brillare gli occhi di felicità. Uno scatto che doveva portarlo all'oro anche in questi anni. Un Pato che se fosse stato quello dei tempi migliori avrebbe potuto evitare l'1-7 con la Germania nel Mondiale di casa. Intanto dall'oro è passato al legno, mentre il tempo sembra essersi fermato alla sera del 13 settembre 2011.

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