domenica 30 ottobre 2016

LA RINASCITA DI MEDELLÍN




¡Al fin cayó! Così, il 3 dicembre 1993, El Tiempo, uno dei quotidiani colombiani più famosi, descriveva la morte di Pablo Escobar, El Patron del Mal, ucciso dagli agenti della DEA e dalla polizia di Stato. Quel giorno probabilmente il narcofútbol, soprattutto quello di Medellín morí, trascinando assieme a sé Los Cafeteros, che prima di ritornare ai fasti di allora dovettero aspettare l'arrivo sulla scena di James Rodriguez e compagnia. Di quella nazionale faceva parte René Higuita, l'uomo dello Scorpione, uno loco hasta la muerte. Bene, quel giorno, quel 4 giugno del 1993 il portiere venne arrestato accusato di non aver rivelato alla polizia dettagli riguardo alla liberazione della figlia del narcotrafficante Luis Carlos Molina Yepes. "Soy futbolista, no conocía la ley sobre los sequestros": così giustifica le sue azioni il nº 1 colombiano da poco rientrato nel Paese, dopo un'infelice esperienza al Valladolid in Spagna. Già un'altra volta Higuita aveva rischiato di farsi fotografare dietro le sbarre, quando nel 1991, era stato avvistato alla Catedral, la residenza-prigione dell'amico Pablo. Ma se la polizia una volta chiude un occhio, la seconda non lo fa: sei mesi di carcere e addio Mondiali '94. In quegli anni, peró, il calcio colombiano é una sorta di eldorado calcistico paragonabile alla Cina attuale. Il campionato é discreto ma ciò che conta sono i soldi, ed in Colombia al tempo, di plata grazie ai narcos ce n'é in abbondanza. Basti pensare che tre delle squadre attualmente più titolate erano il vanto di tre super criminali: Escobar era proprietario dell'Atletico Nacional, Gacha "El Mexicano" de Los Milionarios, mentre l'America de Cali era sotto il controllo dell'omonimo cartello, capeggiato dai fratelli Oreleja.


Tuttavia, in quegli anni il verbum ducis non era sempre detta a fin di bene, poiché ben due personaggi dello sport colombiano persero la vita per colpa dei sicari. Sto parlando di Alvaro Ortega, ucciso per aver annullato un gol all'Independiente de Medellin contro l'America de Cali, e soprattutto di Andres Escobar, ononimo di Pablo, ucciso proprio da uno dei suoi sicari, a causa di un autogol che aveva fatto sì che la Colombia venisse eliminata ai gironi di Usa '94. Lo stesso sicario, che solo un anno prima, lottava assieme a Los Pepes per eliminare El Patron. Gli sportivi però non sono gli unici nel mirino di Escobar: tutti coloro che gli sbarrano la strada, finiscono morti. Tutte le opportunità possibili per fare fracaso mediatico vengono sfruttate. É così che il 27 novembre 1989, 110 persone muoiono sul volo Avianca 203, é così che il 30 aprile 1984 il Ministro della Giustizia Bonilla viene assassinato. Si é calcolato che a Medellin ci siano stati diecimila omicidi l'anno tra il 1987 ed il 2002, e che nel 1991, anno in cui Escobar si consegnò alle autorità, ben 15 mila. Fortunatamente il Presidente Gavíria scampa al disastro aereo, che era destinato proprio a lui. 


Ma prima che tutto ciò accadesse, Medellín era conosciuta anche per i suoi eccellenti risultati calcistici. Ovviamente, avere Escobar come owner non era sicuramente male dato che nel 1987, al culmine della sua "carriera" era il settimo uomo più ricco del mondo secondo Forbes, con guadagni quotidiani di circa 60 milioni di dollari. Il 1989 é l'anno della consacrazione a livello continentale, con la vittoria della Copa Libertadores contro i paraguaiani dell'Olimpia Asunción. 2-0 all'andata in Paraguay e stesso risultato al ritorno: la finale si decide ai rigori. L'eroe é Higuita, che oltre a parare il primo rigore, tradizionalmente tirato dal portiere, respinge altri tre rigori e segna il proprio. Per la città é un successo straordinario, una vittoria che la gente ricorderà per sempre.


L'uomo qui inquadrato invece é Miguel Borja, e a molti non dice nulla. Il trofeo che ha in mano però fa capire che protagonista della Libertadores lo é stato sicuramente. Prima dell'approdo in Colombia, un lungo girovagare che l'ha visto indossare la maglia del Livorno nella stagione 2013-14: otto presenze e amaranto retrocessi. Dopo un doppio prestito in Argentina e poi nel Cortulua, nel paese del Patron. Quest'anno, in campo continentale cinque gol importantissimi, tra cui quattro nella semifinale contro il San Paolo, e uno nella finale contro gli ecuadoreñi del Indipendiente del Valle. Questa seconda Copa, dopo la prima "macchiata" dai narcos, é un riscatto per la città di Medellín. Andiamo a scoprirla.



Da capitale del narcotraffico a città rinata, il capoluogo del dipartimento di Antioquia é stata analizzata sia dal Wall Street Journal sia dall'Economist. Il primo l'ha descritta come città più innovativa del mondo, ricevendo inoltre il premio Lee Kuan Yew, una sorta di Nobel riguardante l'urbanistica. Omaggiata la capacità di "creare comunità vibranti, abitabili e sostenibili." Il secondo invece sottolinea come ora le agenzie di viaggio mettano piede, costruiscano le loro sedi nella Comuna 13, il quartiere più pericoloso della città. É vero che la differenza tra ricchi e poveri a Medellín é evidente, e che ancora un cittadino su cinque vive ancora sotto la soglia della povertà, però c'é da riconoscere alla ciudad un netto miglioramento. I quartieri più degradati sono stati al centro delle principali "migliorie", vista la costruzione della Metrocable che collega le comunas alla centro. 
Il numero di omicidi é nettamente diminuito, "solo" 773 nel 2015, mentre la lotta alla droga ha fatto enormi passi avanti con l'arresto lo scorso anno di Gálvez, considerato El Chapo Colombiano
Perché in questo spettacolare luogo la vita é come la religione induista. Se nella religione orientale tre sono le vie per giungere al Samsara, così succede anche a Medellín. Si può scegliere tra plata o plomo, oppure scegliere una terza strada che prevede di rinascere dopo anni bui. Ed é quella che Los Medellinenses hanno deciso di fare. Buena suerte Colombia.

domenica 23 ottobre 2016

IL MILAN "LOCO" FA INFURIARE LA VECCHIA SIGNORA




Ancora una volta il ragazzo birichino ha infastidito qualcuno. Ma se qualche settimana fa era un adulto di nome Sassuolo, ora quello stesso 18enne ha fatto perdere punti alla Vecchia Signora. Perché é giusto portare rispetto per le persone anziane ma talvolta bisogna anche controbattere, contestare le loro opinioni. E Manuel Locatelli l'ha fatto nel miglior modo, segnando e regalando al Milan un attuale secondo posto in solitario.
Entrambe le squadre si presentano con la rosa standard, con i titolarissimi, vale a dire Bacca e Higuain in attacco e Pjanic e Locatelli a centrocampo. San Siro quasi tutto esaurito, circa 76.000 spettatori e incasso da record per i rossoneri, oltre 3.7 milioni di euro. 
I primi venti minuti non sono un granché, con i due team che preferiscono studiarsi anziché attaccare: da segnalare solo un tiro di Suso respinto da Buffon in angolo. Al 22' prima occasione bianconera, con Dybala che gira in porta un traversone di Alex Sandro, parato attentamente da Donnarumma. 
Al minuto 36', quattordici minuti dopo il tiro di Paletta deviato in corner, arriva l'episodio incriminato: Pjanic calcia una punizione dai 25 metri, che attraversa tutta l'area e termina in porta. Rizzoli assegna il gol, ma in un secondo momento, dopo essersi confrontato con il suo assistente Cariolato, decide di annullare ingiustamente il gol, credendo che Bonucci fosse in fuorigioco. Le proteste non si placano, ma credo non si placheranno anche in futuro. Intanto nei bianconeri era entrato Cuadrado, che aveva sostituito Dybala, infortunatosi tentando l'eurogol da metà campo. 
Il secondo tempo vede entrambe le squadre che creano occasioni su occasioni. Cuadrado ci tenta due volte, Higuain prova la girata, murata però dalla difesa di Montella. Prima dell'infortunio di Niang, Bacca e Khedira rischiano di trovare il gol, ma é Locatelli che porta in vantaggio i suoi, con un missile sotto l'incrocio dal limite dell'area, dopo il passaggio fornitogli da Suso. Secondo gol in poche settimane per il 18enne rossonero, che fa esplodere San Siro per la seconda volta in vita sua. Intanto la Juve é diventata più stanca ma attacca ed il Milan cerca quindi di difendere il risultato. Entrano Mandzukic per Benatia, Gomez per Locatelli, ma il leit-motif del secondo tempo rimane lo stesso. Donnarumma salva su Pjanic ma prende un calcio all'orecchio, Sturaro sostituisce Benatia, Rizzoli da cinque minuti di recupero. Nonostante tutto, ma anche grazie alla super parata di Gigio su Khedira al 95', il risultato non cambia, e i rossoneri escono vittoriosi da The Clash contro la Juventus. Montella vince e si prende i meriti, applaudito per aver dato un'identità alla squadra. Questo Milan gioca un calcio meno frizzante di quello della sua Fiorentina, ma é sicuramente più cinico, e questo non é che un vantaggio. Una squadra giovane e orgogliosa dei suoi mezzi, che ha in Donnarumma e Locatelli i suoi diamanti più preziosi. Dall'altro lato la Juve non attacca molto, costruisce poco, e soprattutto non finalizza. Quelli di stasera assomigliano al Manchester United di inizio ottobre. Una squadra molto forte tecnicamente, ma che non ha ancora trovato l'esatta quadratura del cerchio. Intanto i rossoneri corrono sotto la curva e si prendono i complimenti di tutti. Una goccia nell'oceano pare indifferente, ma sono le gocce che fanno l'oceano. Ieri é iniziata una nuova età dell'oro: se Gigio e Loca sono i capi del progetto, i tifosi faranno di tutto per scavare e trovarlo. La caccia é cominciata. Solo che ora non siamo in California, ma nella città che, in questo momento, risplende di rosso e nero.

giovedì 20 ottobre 2016

SERIE A IN TV, PRONTA LA RIVOLUZIONE



Una nuova Serie A, in stile "Liga&Premier" si va creando. Come anticipato da "Calcio e Finanza" e da "la Repubblica", la trasmissione delle partite in tv dovrebbe subire una sorta di rivoluzione durante il triennio 2018-2021. Sulla scia di ciò che accade in Premier, non tutte le partite verranno trasmesse alla televisione e, la domenica alle 15 ci sarà una fascia protetta in cui nessuna partita verrà trasmessa. Quest'ultima novità verrà introdotta per far sì che la gente vada allo stadio, visto che secondo le ultime statistiche l'interesse delle persone nell'andare a vedere le partite sta scemando vistosamente: un'esempio é sicuramente il numero di abbonati per questa stagione di Lazio e Milan, che sommati superano a malapena i 20.000. Dalla Liga spagnola invece, l'idea di una sorta di campionato "spezzatino" con le partite trasmesse in numerosi orari. In Spagna si inizia il venerdì alle 20.45 per poi proseguire il sabato e la domenica, con match alle 13, alle 16.15, alle 18.30 ed infine alle 20.45, orario anche della gara del lunedì. 
In Italia non si avrà una divisione tale, ma si lavora per suddividere le partite in sette fasce:
- sabato alle 15 (proposta di Thoir per i mercati asiatici)
- sabato alle 18
- sabato alle 20.45
- domenica alle 12.30
- domenica alle 18 (probabilmente l'orario del match in chiaro)
- domenica alle 20.45
- lunedì alle 20.45 (o venerdì in caso di impegni europei)
L'assenza del match pomeridiano la domenica, potrebbe avvantaggiare Serie B e Lega Pro, che in questo modo potrebbero cercare di attirare un po' più di spettatore di quelli che attualmente assistono alle varie gare. 
In questo caso l'esempio lampante proviene anche stavolta dalla Premier: in Inghilterra infatti, il Clásico del 3 dicembre tra Barcellona e Real Madrid, delle ore 16.15 non sarà visibile in tv, perché la legge non lo permette. In questo modo, "supporters go to the stadium" e i templi calcistici britannici registrano il 99% di affluenza, come nel caso di Arsenal, Chelsea e Stoke City. Anche così il calcio d'Oltremanica é diventato il campionato più seguito al mondo.

lunedì 17 ottobre 2016

LE 5 SENTENZE DELL'OTTAVA GIORNATA

Dalla vittoria del Milan alla Viola appannata, passando per Inter, Dybala e Roma. Ecco i cinque key words del weekend appena trascorso



THE YOUNG MILAN - Ieri sera, il Milan aveva 23.9 anni di media in campo, ma questo non é contato niente, visto il risultato finale di 1-3, con cui i rossoneri si portano al secondo posto. I giovani, a partire da Donnarumma e Locatelli, hanno dato tutti una prova di maturità e solidità mentale. "Gigio" non ha dovuto faticare molto, mentre Romagnoli ha giocato da giocatore esperto senza sbavature. Locatelli, salvo qualche errore non grossolano, non ha sofferto la pressione mediatica, disputando tutto sommato un buon match. Niang si é rivelato l'uomo con una marcia in più in tutti i sensi, di questa squadra. Le uniche due note non liete sono state Suso e De Sciglio che contro il Chievo non hanno brillato. Ma quando si vince a questo ci si fa poco caso.



 IL GIGANTE E MOHAMED - C'era una volta il protagonista della storia che con l'aiuto del gigante buono riusciva a sconfiggere il nemico. Questa storia é assolutamente adattabile ai giorni nostri e la si sta vivendo in casa Roma, dove i due assoluti protagonisti del momento sono Dzeko e Salah, che anche a Napoli hanno portato i giallorossi alla vittoria. Il bosniaco, attualmente il capocannoniere del campionato con 7 gol in 8 partite, sta ritornando quello di Wolfsburg, quello che assieme a Grafite nel 2009 vinse la Bundesliga. L'egiziano é sempre il solito velocista, che però sta migliorando anche sotto porta, nonostante faccia ancora qualche errore di troppo. Se fossi romanista, spererei che continuino così.




VIOLA SBIADITO - La squadra che l'anno scorso aveva stupito tutti per il suo gioco frizzante, grazie anche ad un super Bernardeschi, é sparita. Ora il gioco é lento, noioso, e poco originale. Badelj e Sanchez non verticalizzano, Bernardeschi non si accende, Kalinic non realizza. Anche contro l'Atalanta, la Viola deve ringraziare il suo portiere che in un paio di occasioni ha salvato il risultato. Perché sennò oltre ai fischi ci sarebbero stati 0 punti in bacheca.


MALEDIZIONE!- L'immagine perfetta. Icardi desolato per la sconfitta, amareggiato per il rigore sbagliato, consapevole degli striscioni della "Nord". Già perché il caso Mauro Icardi é diventato motivo di divisone della tifoseria neroazzurra. La pagina incriminata, quella che si riferisce al post di Sassuolo-Inter del 2015, ha fatto scoppiare il caos, che ha portato a decine di dichiarazioni. Le parole però, in campo non sono servite a nulla, dato che l'Inter ha perso l'ennesimo match a San Siro. In questa stagione infatti ha vinto solo contro la Juve, su sei partite giocate alla "Scala". E se si va indietro nel tempo, la vittoria sui bianconeri é l'unica nelle ultime dodici gare. E pensare che al Meazza sembrava tornato il clima ideale per una vittoria.


DYPENDENTI - Paulo Dybala é il vero protagonista della nuova Juve. Sarà pure arrivato Higuain, ma il nº21 bianconero rimane ad ora la stella indiscussa, l'intoccabile, il paria, in senso buono, tra i ragazzi di Allegri. Anche contro l'Udinese l'ha decisa la Joya, con una punizione ed un rigore. Prendersi sulle spalle la squadra campione d'Italia a 22 anni, per lo più con 5 gol e 4 assist in sei gare, non é da tutti, é da predestinati.

venerdì 14 ottobre 2016

NON PIÚ IN GABBIA




L'uomo é un "animale" che non si accontenta mai, che non é mai felice, anche quando gioca poco ma quando lo fa si trasforma in un ottimo calciatore. Le panchine, lo stare affianco ai compagni seduti, il vedere gli altri giocare, aiuta quando sei agli inizi, ma se ti chiami Gabbiadini e giochi nel Napoli, una squadra che fa la Champions, the bench non é utile al morale. Il morale però ora sono certo che al ragazzo di Calcinate, al "bergamasco", migliorerà perché dopo la rottura del crociato di Milik, il nº23 napoletano é sicuro che il posto da titolare, almeno fino a gennaio non glielo toglierà nessuno. La sua vita, da stella nascente ad eterno secondo, non é cambiato ma spero per lui che il destino gliela cambierà, facendo sì che la gente capisca una volta per tutte quanto Manolo non sia più un ragazzo in gabbia, bensì un uomo libero.
L'attaccante di Bergamo, però, prima dell'arrivo in Campania ha avuto una carriera in crescendo, dall'esordio a 18 anni con l'Atalanta alla definitiva esplosione con la Sampdoria grazie a 15 gol in 47 partite. Poi il Napoli, nel gennaio 2015. L'occasione della vita, l'occasione che poteva definitivamente consacrarlo, ma ecco presentarsi un ostacolo, di nome Higuain: il Pipita segna, tanto e sempre, mentre Manolo rimane in panca segnando però tutte le volte che é in campo. Quest'estate Higuain va e Gabbiadini si aspetta che il destino gli renda il favore. Invece no, l'arrivo di Milik complica il tutto. Il gol al Chievo, l'esultanza rabbiosa, alla "Tardelli", lo libera di tutta la rabbia presente in corpo. Poi Arkadiusz si rompe il crociato con la Polonia, ed ecco che tutto sembra a favore di Manolo. Che però ora non può più sbagliare. It Happens once in a life.

giovedì 13 ottobre 2016

DAGLI ASPIRAPOLVERE ALL'INTER: ZHANG JINDONG, IL SELF-MADE MAN DA 8 MILIARDI






Correva l'anno 1990. Il Giappone stava entrando in una devastante crisi economica, la Germania Ovest, tre mesi prima della riunificazione, vinceva i Mondiali. Intanto Saddam invadeva il Kuwait dando inizio alla Guerra del Golfo, Gorbachov vinceva il Nobel per la Pace e Mandela diventava il presidente dell'ANC. Mentre tutto ciò accadeva, ad Anhui, Zhang Jindong, un 27enne laureato in letteratura cinese all'Università di Nanchino fondava assieme al fratello, in Ninghai Road, la Suning Appliance, un rivenditore all'ingrosso di elettrodomestici. Dopo un solo lustro, nel quale guadagnò di media 1 milione all'anno dalla vendita dei condizionatori, decise di separarsi dal fratello: Guiping mosse i primi passi nel settore immobiliare, mentre Jindong si buttò nel mercato retail. 
Nel 2000, a soli 37, capì che se voleva essere veramente qualcuno doveva ingrandire il suo brand, ed é quello che realmente fece, siglando partnership con società legate all'elettronica di consumo. La fama di Suning crebbe al punto, che nel 2004, Zhang riusciva ad aprire un negozio in quattro giorni portando i suoi prodotti in sessanta città diverse, grazie ad oltre 1500 punti vendita in tutta Cina. La quotazione alla Borsa di Shenzen lo stesso anno, non fa che aumentare la popolarità dell'azienda, che ad oggi conta 1700 negozi, 13.000 dipendenti, ed ha un fatturato di 20 miliardi ed un utile annuo di circa 150 milioni. Tutta questa notorietà non può che passare indifferente, soprattutto agli occhi di un businessman come Jack Ma, chairman di Alibaba, che nel maggio 2016 si accaparra il 20% di Suning, non a caso quando l'affare Inter si sta per chiudere. Con l'acquisto della società nerazzurra, Zhang vuole espandersi al di fuori della Cina, dove ora possiede solo la Laox, società giapponese che lavora nel suo stesso ambito.
La sua passione per il calcio é recente, ma il suo entusiasmo é molto. Infatti, inizia la sua "ascesa" soltanto nel 2015, acquistando il Jiangsu Suning, dove spende 101 milioni solo nella prima sessione di mercato, comprando "conoscenze" europee quali Ramires e Alex Teixeira. Parlando sempre di football, Jindong possiede anche PPTV, popolare televisione online cinese, che grazie al nuovo proprietario si é assicurata il broadcasting della Liga per 5 anni. 
Comprando l'Inter dichiara di voler espandere il brand in Europa, ma Zhang non é uno che concede interviste così facilmente, perché a sentirlo preferisce parlare coi fatti. É uno dei sostenitori della linea verde, dato che nel 2009 ha assunto circa 10.000 neo-laureati tramite stage. Come pregio ha inoltre la liberalità, un valore molto medievale, che però a lui calza perfettamente a pennello, dato che in totale ha versato circa 700 milioni di yuan (95 milioni di euro) in beneficenza. Anche essere stakanovista é una delle sue qualità: dalla Cina ci raccontano che le sue riunioni, con i vertici Suning, durino da tarda sera fino all'alba. C'é chi, come il primo ministro cinese, spera che la sua società diventi il Walmart cinese, e c'é invece chi lo definisce il Berlusconi cinese, per la sua attitudine a ricompensare le sue persone di fiducia. Come la signora Chen Jinfeng, che all'inizio macinava chilometri per vendere al di fuori di Nanchino i condizionatori. Bé 15 anni fa, dopo aver portato Zhang al vertice, é stata ricompensata con un bonus in azioni che l'ha trasformata in una delle self-made women più ricche del mondo, con un patrimonio che supera il miliardo. A quanto capiamo, vuole diventare il nuovo Berlusconi non solo nel suo business, ma anche nel calcio. Perché sognare che questo diventi realtà non nuoce, perché se dal vendere condizionatori si é creato un impero, sicuramente non ci metterà molto a riportare l'Inter sul tetto del mondo.

martedì 11 ottobre 2016

NIZZA, LA CITTÁ RIGENERA-CAMPIONI

Balotelli é solo l'ultimo calciatore ad essere stato "rivitalizzato" dal Nizza. Prima di lui giocatori come Evra, Remy e Ben Arfa avevano ritrovato la retta via.



A Nizza i cori della "Populaire Sud", l'anima del tifo rossonero, sono meglio delle medicine. Perché in ambito calcistico i tifosi sono ciò di cui la città va fiera visto che la squadra non é nota per le vittorie, seppure il nome della città derivi da Nike, la dea greca della vittoria. La Populaire, ad essere corretti, conosce i festeggiamenti post-titolo ma probabilmente pochissimi o nessuno di quelli in curva oggi se li ricordano, visto che per vedere il Nizza campione di Francia dobbiamo tornare indietro fino agli anni '50, più precisamente tra il 1950 e il 1958, quando Les Aiglons, grazie alle giocate di Pancho Gonzalez, Just Fontaine e Jean Corteaux, vinsero 4 campionati, arrivando anche a sfidare, poi perdendo, il leggendario Real Madrid di Puskas in occasione dei quarti di finale della stagione 1958-59. 
Ma, come Balotelli ben sa, Nizza è famosa per essere una delle città rigenera-campioni. Anche Mario infatti, dopo un'estate particolare, passata da svincolato, dopo un accordo quasi raggiunto con la Lazio, ha deciso di approdare in Costa Azzurra, attirato dal clima e dalla città oltre che ovviamente da una sfida. Ma SuperMario non é il primo italiano a bazzicare queste zone. Nizza é infatti legata con un doppio filo a les italiens: nel 1995, infatti, Franco Sensi ne diventa presidente, salvo poi venderla, dopo una Coppa di Francia e dopo molti soldi buttati. Durante l'era Sensi però, esattamente nel 2000, arriva un ragazzo interessante dal ruolo non ancora ben definito, indeciso tra l'esterno di centrocampo ed il terzino. Il suo nome é Patrice Evra, e all'epoca non é molto famoso, anzi é conosciuto più per il suo carattere frizzante che per le sue prestazioni in campo. I rossoneri lo rigenerano, e lui li ripaga con un'ottima stagione, grazie alla quale si trasferirà a Montecarlo, due anni più tardi, dove finalmente si metterà in mostra. 
Il secondo "soggetto irrequieto" di cui tratto oggi é Loïc Rémy, giocatore attualmente in forza al Crystal Palace, ma con trascorsi a Nizza. Anche lui é uno dall'atteggiamento non proprio pacato, visto che il 15 maggio del 2013 viene arrestato,  per poi prosciolto dalle accuse l'anno dopo, assieme al cugino e ad un amico con l'accuso di stupro verso una trentaquattrenne. Anche agli inizi la carriera ne é condizionata, dato che non viene scelto dall'academy del Lione, squadra della sua città natia, bensì dal Lens, dove però gioca poco e segna solo tre gol. I rossoneri però accettano di acquistare il giocatore, confidando in una sua rinascita. Tutto va per il verso giusto e Rémy ripaga la squadra, con ben 26 gol in 68 match. Le ottime prestazioni gli permettono di trasferirsi per 15 milioni di euro non troppo lontano da Nizza, esattamente a Marsiglia dove in tre anni mantiene la media di 0.48 reti a partita. Grazie a queste cifre, vola in Inghilterra, nell'ambita Premier League, dove attualmente gioca.
Il terzo personaggio di oggi é Ben Arfa, sicuramente tra i quattro il più scapestrato, ma allo stesso tempo forse il più talentuoso. Crescere a Lione con Benzema che ti oscura non é semplice, ma Hatem non ci fa caso e mostra a tutti il suo talento, sempre in lotta con il suo carattere non proprio pacifico. Celebre il suo litigio con il presidente Aulas, quando il giocatore sta per passare dal Lione agli acerrimi rivali del Marsiglia: i problemi di trasferimento impongono alla società di richiamare Ben Arfa, il quale però si rifiuta definendo l'approdo in Costa Azzurra una scelta di cuore. Arriva probabilmente nel posto sbagliato al momento sbagliato: il club, dopo un lustro vittorioso sta ricostruendo, e l'arrivo del franco-algerino sicuramente non aiuta. Aggiungeteci poi che Ben Arfa decide di saltare il Clásico di Francia contro il Psg per un finto infortunio e la frittata é fatta. Addio OM, buongiorno Premier. Ebbene sì perché, mentre l'amico Benzema va a Madrid sponda Real, Hatem si trasferisce nel paese dei tabloid, dove tra infortuni e scarso rendimento non combina praticamente nulla. Il trasferimento al Nizza é una sorta di redenzione, un cambio radicale che giova al ragazzo: 17 gol in 31 partite e squadra trascinata in Europa League. In estate ha accettato il Psg, che sembra però non calzargli a pennello, tanto che Emery l'ha già scaricato e lui sta iniziando a ricevere offerte provenienti da altre squadre. 
Per ora é tutto perché il quarto bad boy ha appena incominciato a tracciare il suo percorso lungo la Promenade Des Anglais. Un percorso ottimo finora, anche grazie ai 5 gol in 8 gare che permettono al Nizza di stare in cima alla Ligue 1. Per uno che vuole vincere il Pallone d'Oro entro due anni, non può che esserci inizio migliore. Sperando che la brezza marina non gli dia alla testa.

giovedì 6 ottobre 2016

ARSÈNE WENGER: VENI, VIDI, VICI





Al suo arrivo era sconosciuto. Nel 1996, quasi nessuno sapeva chi fosse. Il suo palmares sicuramente non lo aiutava. Una Ligue 1 e una Coppa di Francia con il Monaco, un'esperienza particolare con il Nagoya Grampus, condotto alla vittoria della Coppa dell'Imperatore. Essere il quarto allenatore straniero in 4 anni di Premier League non lo aiutava. Il calcio inglese poi, non veniva da un momento particolarmente bello: l'Heysel aveva bocciato le squadre anglosassoni, che dal 1985 al 1990 non avevano potuto disputare la Coppa dei Campioni. La nazionale, a.k.a The Three Lions, era reduce dalla cocente delusione europea, dove la squadra di casa, guidata da Paul Gascoigne, era stata eliminata in semifinale dalla Germania futura campionessa europea. Anche il campionato era diverso, visto che tutto era allo stato primordiale: pochi stranieri, incassi dai diritti tv non stratosferici, spettacolarità in via di sviluppo. Arsène Wenger, però, di questo ancora non sapeva niente. Poi, durante l'estate del '96, la chiamata dell'allora vicepresidente Dein, e la firma sul contratto il 28 settembre. Una firma epocale, una firma che aprirà le porte alla globalizzazione calcistica nel paese di Sua Maestà: i 16 attuali allenatori stranieri in Premier dovrebbero dire grazie a quest'uomo.

I RISULTATI
L'era di Wenger all'Arsenal può essere sostanzialmente paragonata alla carriera di Ronaldo (O'Fenomeno). Spettacolare nel primo decennio di carriera, in declino, pur vincendo ancora, nel secondo: non c'é paragone più azzeccato. Mentre il brasiliano surclassa tutti prima al Barcellona, poi all'Inter e al Real, l'Arsenal di Wenger fa bottino pieno, portando a casa 3 Premier League, tra cui quella targata Invincibili nel 2003-2004, 4 Fa Cup, 4 Community Shield, ed il titolo di vice-campione europeo per la stagione 2005-2006. E pensare che quella partita, l'Arsenal la gioca in dieci dal 18' per l'espulsione di Lehmann, riuscendo addirittura a passare in vantaggio, grazie alla zuccata di Sol Campbell, contro il Barcellona del miglior Ronaldinho.
Tra le cause del declino durante il secondo decennio, il cambio generazionale: fuori gli Henry, i Ljunberg, i Pires, dentro Van Persie, Fabregas e Walcott, da aggiungere a un cambio epocale, cioé il passaggio dal tempio di Highbury al modernissimo Emirates Stadium. Le squadre non sono affatto male, giocano anche bene, ma non compiono mai quel passo utile alla vittoria dei trofei più importanti. In 10 anni, cinque quarti posti e tre terzi posti, escludendo l'exploit della stagione 2013-14, quando l'Arsenal domina per larga parte del campionato, salvo poi perdere il campionato in favore del Manchester City. Wenger riesce anche a condurre i suoi alla vittoria di due Fa Cup consecutive, tra il 2013 ed il 2015, contro Hull City e Wigan, e di una Community Shield, vinta contro il Chelsea dell'odiato Mourinho lo scorso anno.

ACQUISTI E CESSIONI
803 milioni spesi, 515 incassati. Questo il bilancio acquisti-cessioni durante l'era Wenger. 
Tra gli acquisti più costosi da ricordare Özil (47 milioni dal Real Madrid), Xhaka (45 milioni dal Borussia Mönchengladbach), Sanchez (42 milioni, prelevato dal Barcellona) e Mustafi, acquistato dal Valencia per 41 milioni. 
Tra le cessioni più importanti Overmars, venduto al Barcellona per 40 milioni, Anelka, per 34 milioni al Chelsea e Van Persie, ceduto ai rivali dello United per una cifra pari a 34 milioni di euro.

I CONTI
Il fatturato è aumentato in maniera esponenziale nel corso di 20 anni: l'Arsenal é passato dai 27 milioni della stagione 1996-97 ai 329 dell'ultimo anno. Negli ultimi cinque il brand Gunner é migliorato dal 2012 ad oggi, esattamente del 21.9%, passando da 388 a 858 milioni. Anche lo stadio aiuta: il passaggio da Highbury all'Emirates, ha fatto sí che l'Arsenal quadriplicasse i ricavi, passando da 25 a 95 milioni di sterline. Nell'ultima stagione, i ricavi totali da stadio, hanno portato nelle casse dei londinesi ben 132 milioni, mettendo i Gunners davanti a tutti in questa speciale classifica, davanti a club come il Real Madrid. E tutto ciò é anche possibile quando su 60.000 spettatori totali, l'affluenza media è di 59.944. Perché sentirsi un tifoso dell'Arsenal non é una cosa da tutti.

La scorsa settimana, Arsène ha ricevuto un premio speciale per i suoi due decenni sulla panchina dei biancorossi di Londra. Ma premio o non premio, riconoscimento o non riconoscimento, Wenger sa che niente sarà meglio dell'accoglienza dei suoi tifosi, per la sua partita d'addio. Che preceda l'arrivo sulla panchina in Nazionale, il ritiro, o l'inizio di un'altra storia, Wenger sa già che lui, della storia dell'Arsenal, fa già parte. E sa anche che una sua statua, a fianco a quella di Henry, é già pronta per essere costruita.

lunedì 3 ottobre 2016

MILAN-SASSUOLO 4-3: LE PAGELLE


Partita spettacolare a San Siro. Il Milan va sotto 1-3 poi rimonta e vince con Paletta di testa. Ecco le pagelle...




PAGELLE MILAN

Donnarumma 6.5 : La parata su Politano, che evita il 4-4, è da fotografare ed esporre in qualche museo. Per il resto solita, solida prestazione.

Abate 5 : La sua palla persa, che ha generato il pareggio neroverde é da museo degli orrori. In palla, spento e poco propositivo.

Gomez 5.5 : Altro che titolare. Non é una certezza, e soprattutto non ha le capacità di impostare di Romagnoli. Speriamo, sia per lui sia per la sua squadra, che migliori.

Palettta 7.5 : Se tagliarsi i capelli porta la vittoria allora tutti pelati. Scherzi a parte, regge con esperienza gli attacchi del Sassuolo, siglando il suo primo ed importantissimo gol con il Milan. Insostituibile.

De Sciglio 6 : Fa il suo compitino ordinario. Niente più niente meno.

Montolivo 5 : Morto in campo. É lento in fase d'impostazione e soprattutto passa sempre e solo indietro. A questi livelli, non é accettabile. Fischi meritati.

Locatelli (sostituisce Montolivo) 7.5 : Che eurogol del ragazzo! Se continua così, il posto di Montolivo se lo prenderà lui.

Kucka 6 : Garantisce la solita grinta ed i soliti recuperi di palla. Se si potesse clonare, Montella lo farebbe subito.

Bonaventura 6.5 : Apre le marcature con un tiro da fuori, sfiora la doppietta su punizione, corre e lotta per 90 minuti. Jack si é calato alla perfezione nel suo nuovo ruolo, più da centrocampista che da uomo d'attacco. Per ora non si lamenta, e tutto procede liscio: meglio di cosí...

Suso 5.5 : Incide di meno che nelle altre uscite. Pochi dribbling, poca tecnica, poco illuminato. Questa settimana non potrà che giovargli.

Luiz Adriano 5 : Alla prima da titolare stecca. Mai dentro la partita, mai un inserimento. Bocciato e sostituito dopo 45 minuti.

Niang (sotituisce L.Adriano) 7 : Meglio giocare un tempo da fenomeno che due da giocatore medio. Entra e grazie alla sua velocità spacca la partita, regalando il 2-3 e propiziando il gol del definitivo sorpasso.

Bacca 6 : Sembra che in campo sia sceso il fratello moscio. Merita la sufficienza solo per il rigore del momentaneo 1-3

Poli (sotituisce Bacca) s.v.

All. Montella 6 : Sbaglia in alcune scelte, tra cui Luiz Adriano e Gomez, non sbaglia mai nei cambi. Li azzecca anche stavolta ed il Milan va. Da settimana prossima i vedrà la vera dimensione dei rossoneri.


PAGELLE SASSUOLO

Consigli 6 : Non può fare niente sui quattro gol del Milan. Ottima parata invece sulla punizione di Bonaventura.

Letschert 5 : Poco o niente in entrambe le fasi. Si perde Paletta sul 4-3. Errore imperdonabile.

Antei 6 : Causa il rigore del 2-3. Prestazione da rivedere.

Acerbi 7 : Segna, difende come un leone, zittendo i suoi ex tifosi che lo consideravano un bidone. Si é ufficialmente preso la rivincita.

Lirola 6 : Non convince come nelle uscite precedenti, limitando anche le galoppate sulla fascia.

Mazzitelli 5 : Si perde Bonaventura, ma si perde anche in campo. Il più spento tra i sassolesi.

Biondini (sotituisce Mazzitelli) 5 : Più che giocare si lamenta, entrando nel momento peggiore della partita, quello in cui il Milan inizia la rimonta.

Magnanelli 6 : Solita prestazione solida e generosa dell'infinito capitano neroverde.

Pellegrini 7 : Prestazione stupenda. Assist al bacio per Acerbi e successivo gol dell'1-3. Presente e futuro del club di Squinzi.

Politano 7.5 : Golden Boy Politano. Sfrutta al meglio l'errore di Abate, e rischia di rispondere a Locatelli, rischiando un eurogol. Sfortunatamente trova Donnarumma sulla sua strada.

Defrel 5 : Tanto movimento, nessun risultato. Il gol non arriva e la prestazione ne risente.

Adjapong 6.5 : Avrebbe pure segnato all'esordio, ma il suo tocco di mano gli toglie il gol al debutto.

All. Di Francesco 6.5 : Domina il Milan con otto infortunati, grazie a 73 minuti magici. Altra dimostrazione di forza per una squadra che ormai non sorprende più.