¡Al fin cayó! Così, il 3 dicembre 1993, El Tiempo, uno dei quotidiani colombiani più famosi, descriveva la morte di Pablo Escobar, El Patron del Mal, ucciso dagli agenti della DEA e dalla polizia di Stato. Quel giorno probabilmente il narcofútbol, soprattutto quello di Medellín morí, trascinando assieme a sé Los Cafeteros, che prima di ritornare ai fasti di allora dovettero aspettare l'arrivo sulla scena di James Rodriguez e compagnia. Di quella nazionale faceva parte René Higuita, l'uomo dello Scorpione, uno loco hasta la muerte. Bene, quel giorno, quel 4 giugno del 1993 il portiere venne arrestato accusato di non aver rivelato alla polizia dettagli riguardo alla liberazione della figlia del narcotrafficante Luis Carlos Molina Yepes. "Soy futbolista, no conocía la ley sobre los sequestros": così giustifica le sue azioni il nº 1 colombiano da poco rientrato nel Paese, dopo un'infelice esperienza al Valladolid in Spagna. Già un'altra volta Higuita aveva rischiato di farsi fotografare dietro le sbarre, quando nel 1991, era stato avvistato alla Catedral, la residenza-prigione dell'amico Pablo. Ma se la polizia una volta chiude un occhio, la seconda non lo fa: sei mesi di carcere e addio Mondiali '94. In quegli anni, peró, il calcio colombiano é una sorta di eldorado calcistico paragonabile alla Cina attuale. Il campionato é discreto ma ciò che conta sono i soldi, ed in Colombia al tempo, di plata grazie ai narcos ce n'é in abbondanza. Basti pensare che tre delle squadre attualmente più titolate erano il vanto di tre super criminali: Escobar era proprietario dell'Atletico Nacional, Gacha "El Mexicano" de Los Milionarios, mentre l'America de Cali era sotto il controllo dell'omonimo cartello, capeggiato dai fratelli Oreleja.
Tuttavia, in quegli anni il verbum ducis non era sempre detta a fin di bene, poiché ben due personaggi dello sport colombiano persero la vita per colpa dei sicari. Sto parlando di Alvaro Ortega, ucciso per aver annullato un gol all'Independiente de Medellin contro l'America de Cali, e soprattutto di Andres Escobar, ononimo di Pablo, ucciso proprio da uno dei suoi sicari, a causa di un autogol che aveva fatto sì che la Colombia venisse eliminata ai gironi di Usa '94. Lo stesso sicario, che solo un anno prima, lottava assieme a Los Pepes per eliminare El Patron. Gli sportivi però non sono gli unici nel mirino di Escobar: tutti coloro che gli sbarrano la strada, finiscono morti. Tutte le opportunità possibili per fare fracaso mediatico vengono sfruttate. É così che il 27 novembre 1989, 110 persone muoiono sul volo Avianca 203, é così che il 30 aprile 1984 il Ministro della Giustizia Bonilla viene assassinato. Si é calcolato che a Medellin ci siano stati diecimila omicidi l'anno tra il 1987 ed il 2002, e che nel 1991, anno in cui Escobar si consegnò alle autorità, ben 15 mila. Fortunatamente il Presidente Gavíria scampa al disastro aereo, che era destinato proprio a lui.
Ma prima che tutto ciò accadesse, Medellín era conosciuta anche per i suoi eccellenti risultati calcistici. Ovviamente, avere Escobar come owner non era sicuramente male dato che nel 1987, al culmine della sua "carriera" era il settimo uomo più ricco del mondo secondo Forbes, con guadagni quotidiani di circa 60 milioni di dollari. Il 1989 é l'anno della consacrazione a livello continentale, con la vittoria della Copa Libertadores contro i paraguaiani dell'Olimpia Asunción. 2-0 all'andata in Paraguay e stesso risultato al ritorno: la finale si decide ai rigori. L'eroe é Higuita, che oltre a parare il primo rigore, tradizionalmente tirato dal portiere, respinge altri tre rigori e segna il proprio. Per la città é un successo straordinario, una vittoria che la gente ricorderà per sempre.
L'uomo qui inquadrato invece é Miguel Borja, e a molti non dice nulla. Il trofeo che ha in mano però fa capire che protagonista della Libertadores lo é stato sicuramente. Prima dell'approdo in Colombia, un lungo girovagare che l'ha visto indossare la maglia del Livorno nella stagione 2013-14: otto presenze e amaranto retrocessi. Dopo un doppio prestito in Argentina e poi nel Cortulua, nel paese del Patron. Quest'anno, in campo continentale cinque gol importantissimi, tra cui quattro nella semifinale contro il San Paolo, e uno nella finale contro gli ecuadoreñi del Indipendiente del Valle. Questa seconda Copa, dopo la prima "macchiata" dai narcos, é un riscatto per la città di Medellín. Andiamo a scoprirla.
Da capitale del narcotraffico a città rinata, il capoluogo del dipartimento di Antioquia é stata analizzata sia dal Wall Street Journal sia dall'Economist. Il primo l'ha descritta come città più innovativa del mondo, ricevendo inoltre il premio Lee Kuan Yew, una sorta di Nobel riguardante l'urbanistica. Omaggiata la capacità di "creare comunità vibranti, abitabili e sostenibili." Il secondo invece sottolinea come ora le agenzie di viaggio mettano piede, costruiscano le loro sedi nella Comuna 13, il quartiere più pericoloso della città. É vero che la differenza tra ricchi e poveri a Medellín é evidente, e che ancora un cittadino su cinque vive ancora sotto la soglia della povertà, però c'é da riconoscere alla ciudad un netto miglioramento. I quartieri più degradati sono stati al centro delle principali "migliorie", vista la costruzione della Metrocable che collega le comunas alla centro.
Il numero di omicidi é nettamente diminuito, "solo" 773 nel 2015, mentre la lotta alla droga ha fatto enormi passi avanti con l'arresto lo scorso anno di Gálvez, considerato El Chapo Colombiano.
Perché in questo spettacolare luogo la vita é come la religione induista. Se nella religione orientale tre sono le vie per giungere al Samsara, così succede anche a Medellín. Si può scegliere tra plata o plomo, oppure scegliere una terza strada che prevede di rinascere dopo anni bui. Ed é quella che Los Medellinenses hanno deciso di fare. Buena suerte Colombia.
















