sabato 31 dicembre 2016

#TOP20 DEL 2016: 20º-11º

Con il 2016 che sta per concludersi, sono pronto a svelarvi la mia (personale) top 20 di quest'anno. Un'anno ricco di emozioni: qualcuno si è confermato, altri hanno sorpreso.


#20 - Dimitri Payet 



L'abbiamo scoperto tutti questa stagione con la maglia del West Ham, ma soprattutto con la casacca della sua nazionale. Ha risolto la prima uscita dei Bleus contro la Romania al minuto 89 con una fucilata sotto l'incrocio, ma soprattutto ha stupito tutti con le sue fenomenali doti balistiche. I suoi calci di punizioni sono pura magia per molti, sicuramente non per gli avversari. 

#19 - Jan Oblak


Grande stagione quella dell'estremo difensore sloveno. 18 gol incassati in tutto il campionato, uniti a un'eccellente Champions disputata, ma per poco persa. L'unica pecca sono i rigori di quella finale: su 5 penalty non è riuscito a neutralizzarne nemmeno uno.

#18 - Zlatan Ibrahimovic


L'ultimo anno a Parigi si è concluso con la vittoria di tutti i trofei disponibili in campo nazionale, ma soprattutto con 50 gol in 51 partite. L'avventura allo United si è aperta allo stesso modo, con la vittoria in Community Shield. Ora, dopo un breve periodo di magra, sta ritornando ai suoi livelli abituali, stratosferici se si pensa che ormai ha 34 anni.

#17 - Aaron Ramsey


Sarà stato il biondo, sarà stata l'astrologia, il 2016 di Ramsey non é stato affatto male. E se in Premier l'apporto é stato normale, agli Europei si é rivisto il vero Aaron, che con ben 4 assist ha trascinato assieme a Bale il Galles in semifinale. Se non fosse fermato in continuazione dagli infortuni potrebbe essere uno dei migliori a livello europeo.

#16 Manuel Neuer


Il gigante tedesco non ha passato male l'anno. Ha vinto il campionato (più che scontato), ha parato due rigori in un quarto di finale europeo, ha incassato solamente 2 gol nelle 58 partite giocate. Ha tentato di fare la doppietta Europeo-Champions ma non ci è riuscito. Quel ch'è certo é che é uno dei più forti, se non il più forte, portiere al mondo. Bravo coi piedi, rigorista, difficile da superare. Se questo è dire poco...

#15 N'Golo Kanté


Protagonista della favola Leicester, uomo dai sette polmoni, recupera-palloni infermabile; il paragone con Gattuso non stona. É uno che porta una gran quantità di punti alle sue squadre, e non a caso per lui il Chelsea ha sborsato 30 milioni quest'estate.

#14 Paul Pogba


Dopo un'ottima stagione alla Juve, quella che poi si sarebbe rivelata la sua ultima in bianconero, conclusasi con la vittoria dello Scudetto e della Coppa Italia, il Polpo era andato all'Europeo pronto per prendersi la scena, cosa che alla fine non ha fatto. Il trasferimento record allo United, tutto ad un tratto, lo ha fatto risaltare. I 110 milioni sborsati sono stati, per ora, quasi per niente ripagati.

#13 Gianluigi Buffon


Avere 38 anni non significa essere finito. O almeno non lo é per Gigi Buffon, uno che ormai da 10 anni è pilastro di Juve e Nazionale. Nonostante abbia già un posto nella Hall of Fame del calcio, il numero 1 italiano continua a divertirsi. Quando smetterà di farlo, probabilmente sarà il momento dell'addio.


#12 Gonzalo Higuain


In Italia assieme a Pogba è stato l'uomo più discusso dell'ultimo mercato. Perché puoi fare pure 36 gol, puoi avere pure l'affetto di una città intera, puoi pure entrare nella storia della Serie A, ma la fama di gloria, come ci insegnano i Greci, mai va rifiutata. Ed é quello che ha fatto Gonzalo. Che alla Juve, per ora, non sembra assomigliare alla macchina da gol che era a Napoli.

#11 Robert Lewandowski



Probabilmente il vero artefice dell'ultima Bundesliga dell'era Guardiola. Chiude l'anno con 42 gol totali, di cui 30 solo in campionato. Memorabili le 5 reti in 9 minuti al Wolfsburg. Un po' meno l'Europeo francese, che lo ha visto andare a segno una sola volta in cinque match. Poco per un attaccante del suo calibro.








sabato 24 dicembre 2016

SUPER-PAGELLE

É il Milan a trionfare nella Supercoppa giocata a Doha, grazie ad un Suso fenomenale. Nella Juve bene Chiellini e Buffon, male Lichsteiner




PAGELLE MILAN

Donnarumma 7.5 : fa almeno 4 grandi parate. Ricompie il salvataggio all'incrocio su Khedira come in precedenza aveva già fatto a San Siro. Para il rigore a Dybala. Un predestinato con un grande futuro davanti.

Abate 6.5 : chiude ottimamente nel primo tempo su Sturaro. Per il resto discreta partita sia sul fronte difensivo che su quello offensivo.

Antonelli (sostituisce Abate) 6 : sostituisce Abate, fuori per crampi. Non fa niente di speciale.

Romagnoli 7 : rischia di trovare il gol del 2-1, ma il suo gol si spegne sulla traversa. Gran partita, in cui concede pochissimo a Higuain e Mandzukic.

Paletta 7 : bel match anche per l'ex Atalanta. Concede poco o nulla all'attacco juventino, non fa neanche poi così male in fase di impostazione.

De Sciglio 6 : non brillantissimo, come invece lo è stato in altre serate, ma gioca un match sufficiente, nel quale non gli si può recriminare molto. 

Kucka 6 : meno incisivo del solito, lotta come un guerriero ma questa non è una novità. Bene anche alla lotteria dei rigori.

Locatelli 6 : visto il periodo non proprio positivo che sta attraversando, partita discreta. Esce stremato lasciando il posto a Pasalic.

Pasalic (sostituisce Locatelli) 6.5 : tenta il gol con un destro a giro, che però finisce di molto fuori. Il penalty invece non lo sbaglia, facendo esultare il mondo Milan, e regalando il trofeo nº29 a Berlusconi.

Bertolacci 6 : rispetto allo scorso anno, in cui era insicuro, gioca il match con calma e sangue freddo, che gli permettono di non essere tra i peggiori. 

Suso 8 : il vero incubo della Juve. Deride in due tempi sia Alex Sandro sia Evra. Da un suo cross nasce il gol di Bonaventura, e da un suo angolo la traversa di Romagnoli. Imprescindibile.

Bacca 5 : si mangia a porta vuota il gol della possibile vittoria rossonera nei tempi regolamentari. Il grande assente di questo big match.

Lapadula (sostituisce Bacca) 5 : entrato per migliorare ciò che aveva fatto Bacca, sbaglia il primo rigore. Una nota stonata in un bel periodo.

Bonaventura 7.5 : l'altro grande talento del Milan montelliano. Sempre decisivo, in qualunque partita. Insostituibile é dire poco.

All. Montella 7 : Sfrutta le armi che ha, e l'assenza di pressione sui suoi per mettere pressione alla Juve, riuscendo a riportare un trofeo a Milano dopo ben 5 anni.

PAGELLE JUVENTUS

Buffon 7 : assieme a Chiellini il grande protagonista in positivo della Juve. Para su Bacca, su Bonaventura e anche un rigore. Nelle grandi occasioni non stecca mai.

Lichsteiner 4 : Bonaventura è stato il suo incubo. Lo perde sul gol, lo perde negli uno contro uno, rischia anche un rosso tirandogli una gomitata. Peggio di così è complicato. 

Rugani 6 : non così brillante come nelle ultime uscite, ma nel complesso sufficiente. Fanno il loro anche le espressioni della fidanzata in tribuna.

Chiellini 7 : segna il suo secondo gol in Supercoppa, dopo quello siglato alla Lazio. L'unico che respinge i molti cross del Milan. Senza di lui i bianconeri avrebbero sofferto di più.

Alex Sandro 6 : per aver giocato mezz'ora non così male. Poi esce per un problema al flessore, e la sua assenza si nota.

Evra (sostituisce Alex Sandro) 4 : Suso ha praticamente giocato contro un invalido. Lo perde sempre, o meglio non lo affronta mai. La peggior prestazione da quando è alla Juve.

Khedira 6.5 : impegna Donnarumma come già aveva fatto due mesi fa. Non sbaglia dal dischetto, e sta sempre attento in entrambe le fasi.

Marchisio 6 : uno dei pochi positivi tra le fila dei ragazzi di Allegri. Sempre con i tempi giusti.

Sturaro 5.5 : nel primo tempo uno dei più attivi. Nel secondo tempo, tutto il contrario. Non aiuta mai Evra in fase di copertura, manco se lo pagassero.

Lemina (sostituisce Sturaro) 5.5 : doveva dare quello sprint e quella fisicità utile a spaccare la partita. Allegri lo sposta da destra a sinistra, ma non cambia nulla. 

Pjanic 5 : il Pjanic che ci si immaginava non è mai apparso, per quanto riguarda la Supercoppa. Lento in fase di impostazione, soprattutto nel verticalizzare.

Dybala (sostituisce Pjanic) 5 : il coro di accoglienza al momento del cambio fa capire quanto i tifosi bianconeri aspettassero l'entrata di Dybala. Che invece li delude: gol sbagliato praticamente a porta sguarnita, rigore che finisce sulla mano di richiamo di Donnarumma. 

Higuain 5 : il più atteso. Anche lui invece stecca. Si propone poco, tira quindi poco. Annebbiato.

Mandzukic 5.5 : lotta sempre, ma stavolta perde la sfida con i centrali rossoneri. Anche lui sottotono rispetto alle ultime uscite.

All. Allegri 5.5 : non azzecca i cambi, si infuria con Marotta e Paratici a fine partita. La squadra non reagisce nel migliore dei modi dopo il gol del vantaggio segnato da Chiellini, adagiandosi sugli allori. Sicuramente non il miglior atteggiamento per un club che punta alla vittoria della Champions League, dove il livello è nettamente più alto.










martedì 20 dicembre 2016

SACCO CINESE ATTO 2º

Se prima compravano calciatori a fine carriera, e in questi anni buoni giocatori, ora fanno sul serio e vogliono i top player nel loro campionato. Il saccheggio cinese parte 2 è impaziente di cominciare.




Roma, caput mundi, è stata saccheggiata ben cinque volte : la prima nel 390 a.C. per opera dei Galli e l' ultima volta dai lanzichenecchi di Carlo V d'Asburgo. E in entrambe le occasioni i danni principali sono stati fatti alle opere più importanti e significative, chiese e monumenti ricche di storia. 
Ebbene, da un anno a questa parte in Europa, é iniziato un nuovo saccheggio, stavolta di tipo calcistico, da parte dei cinesi, che a suon di milioni stanno comprando giocatori che militano nelle squadre del Vecchio Continente. 
Tutto era iniziato nel 2015: calciatori come Jackson Martinez, Alex Teixera, e due ex del calcio italiano come Gervinho e Lavezzi avevano deciso di trasferirsi nel Paese del dragone, seguendo la via dei soldi, che tanto attira in questi anni. La campagna di conquista estiva del 2016 non é stata da meno: Hulk, Roger Martinez e Pellé hanno lasciato l'Europa per accasarsi nella Chinese SuperLeague, un campionato pieno di denaro ma in realtà abbastanza povero tecnicamente.
Fatto sta che i 40 milioni per Jackson, o i 16.5 milioni all'anno per l'attaccante italiano non sono bastati, ed ora i tycoon orientali proprietari del calcio sono pronti a sborsare cifre ancora più astronomiche per giocatori stavolta di alto livello.

TEVEZ E L'ASSALTO AI TOP PLAYER DELLA PREMIER
Non è notizia di oggi che Tevez andrà a giocare in Cina. Per la precisione si accaserà allo Shanghai Shenua, dove percepirà 735.000 euro a settimana, ovvero 3 milioni al mese, ossia 38 milioni all'anno diventando così, per distacco, il giocatore più pagato di sempre. Molti hanno gridato allo scandalo, accusando l'argentino di aver tradito il Boca, dove aveva promesso di chiudere la carriera, e dove molti lo considerano una sorta di divinità. L'addio da brividi, riservatogli nella sua ultima partita, spiega quanto il loro rapporto non verrà per nulla scalfito, nonostante questo passaggio legato ovviamente alla sete di denaro. Un altro protagonista del calcio europeo che volerà sotto la Muraglia, per 52 milioni di euro, è Oscar che in realtà non sta vivendo un gran momento al Chelsea, dato che da molto tempo è uscito dalle rotazioni di Conte, che gli preferisce Willian. Il brasiliano andrà ai rivali cittadini, allo Shanghai SIGP, che lo ricoprirà d'oro, assicurandogli un contratto da 24 milioni all'anno. Non male per uno che da inizio stagione ha giocato solo 35 minuti.
Ma l'assalto cinese non finisce qui: i tabloid parlano di offerte per Terry, che per una cifra tra gli 8 e i 12 milioni a stagione si unirebbe all'Apache, per Fabregas, per cui Scolari (allenatore del Guangzhou Evergrande) offrirebbe 40 milioni, per Sanchez, che sarebbe il primo obiettivo di Pellegrini e del suo Hebei Fortune. El niño maravilla, si unirebbe a Gervinho e Lavezzi, e andrebbe a guadagnare circa 26 milioni annui.

IL SOGNO MESSI
Sky Sports rivela però che quest'ultimi sarebbero interessati a far firmare niente poco di meno che Lionel Messi. Sempre di cifre astronomiche si parla, ma stavolta superano realmente l'ordinario: all'argentino infatti è stato offerto un quinquennale da 100 milioni l'anno. Le probabilità che però si trasferisca in Cina sono poche, per la squadra in cui gioca, per l'età ma anche per la famiglia, che a Barcellona sta più che bene.
Ad ora, la Chinese SuperLeague assomiglia molto ad un generale in attesa di dare l'ordine ai soldati di attaccare: conoscendo la loro fama di gloria, conoscendo le loro risorse, non sorprendetevi se prima o poi dei militari dagli occhi a mandorla accerchieranno i nostri migliori soldati.

domenica 18 dicembre 2016

L'EROE DEI DUE MONDI

Per la sua valanga di gol negli ultimi minuti, é stato già coniato il termine Zona Ramos. Uno che di reti pesanti ne ha fatte, in Europa e non.


Se sei tifoso del Real Madrid, da due anni a questa parte, sai che se stai perdendo a pochi minuti dalla fine un match cruciale di qualsiasi competizione, all'ultimo calcio d'angolo o punizione sbucherà sempre Ramos che ti farà saltare di gioia. Perché ormai il trend é talmente "di moda" che l'antica "Zona Cesarini" é stata ribattezzata "Zona Ramos", o come i colleghi spagnoli di MARCA hanno preferito chiamarla, "NoventayRamos". Ma cosa c'entra il capitano del Real con il titolo? C'entra eccome: è stato proprio lui a mettere in bacheca l'ultimo Mondiale per Club madrileño, datato ormai 2014. All'epoca c'era Ancelotti seduto in panchina, e quella vittoria ai danni degli argentini del San Lorenzo grazie alla doppietta di Ramos, che segnó al 15' e al 37', fu l'ultimo trofeo di "Carletto" alla guida dei Blancos. Per il Madrid, l'anno si chiuse come mai era terminato, ovvero con quattro nuovi trofei da aggiungere alla già ricca collezione: Champions League (la Décima), Copa del Rey, Supercoppa Europea ed appunto Mondiale per Club. A questo si sommò il record di vittorie di fila, 22,  che superò quello di Rjkaard di 18 successi consecutivi. E se il 2014 era stata una stagione fenomenale, l'anno 2015 si aprì con una sconfitta a Valencia, e si concluse con una sconfitta in semifinale contro la Juve, che distrusse il sogno di una finale Barça-Real. 

ROBERTO CARLOS E IL MILAN NEL MIRINO
Il Real e Ramos possono superare entrambi qualcuno in diverse situazioni. Le Merengues possono sorpassare il Milan come numero di "Intercontinentali" vinte, adesso sono entrambi a 4, mentre Ramos può battere il record di gol di Roberto Carlos, 68, essendo solamente a sei reti di distanza. Magari potrebbe già cominciare fra meno di tre ore, in occasione della finale contro i Kashima Antlers. Un altro primato, stavolta personale, che il difensore andaluso può migliorare, é il numero stagionale di reti: é già a 4, ed il massimo a cui é arrivato é stato 7. Irraggiungibili paiono, ad ora, altre due colonne del Real come Pirri e Hierro, che hanno siglato nel corso della loro carriera al Madrid rispettivamente 172 e 127 gol. 

IL NUOVO CESARINI
Sergio Ramos ha ereditato la fascia di capitano nel 2014, ma anche prima di quel momento si era già capito quanto in campo fosse un leader, e soprattutto quanto i suoi gol fossero decisivi in ogni competizione. Iniziando dal 2006-07 quando aprí due volte le marcature nelle ultime sette giornate di campionato, che diedero poi la vittoria al Real. E come non scordarsi del gol vittoria del Clásico del marzo 2013, al minuto 82': per non citare il gol del 2-0 che rischiò di far approdare, il 30 aprile, i Blancos in finale di Champions. Alla fine, reduci comunque da una 4-1 subito a casa Dortmund, i "bianchi di Madrid" non riuscirono nell'impresa, con il Borussia che andò in finale e la perse all'89'. 
Stessa sorte, un anno più tardi, capitò all'Atletico che vide sfumare la sua prima vittoria in campo europeo proprio per il gol di Ramos al minuto 93. Da ricordare però anche la rete che aprì le danze alla vittoria schiacciante in semifinale contro il Bayern, lo stesso anno, e il gol del momentaneo 2-2 in finale di Supercoppa Europea del 9 agosto scorso, trofeo poi vinto ai supplementari con gol di Carvajal. 
Un andaluso capitano di una delle squadre più forti (e ricche) del mondo, poche volte si vede. Ma se costui è devoto alla causa e se è quello che attualmente incarna meglio lo spirito di "Juanito", ovvero il fatto di non mollare mai, tipico madridista, ecco che leader della squadra lo diventa in modo naturale, senza che gli venga imposto da nessuno. 
Anche questo significa chiamarsi Sergio Ramos.





domenica 11 dicembre 2016

IN PASTO AGLI EUROPEI

Un torneo che ormai rappresenta il miglior esempio della disparità tecnica ed economica tra Europa e Sudamerica. Una formula che il nuovo chief della Fifa vuole cambiare



Il calcio diciamo, può assomigliare alla Firenze dantesca, all'epoca di Bonifacio VII, all'era della guerra tra fazioni, tra guelfi bianchi e neri. A dirla tutta, per niente sanguinolenta, ma l'idea di due "partiti" contrapposti persiste. Ed ecco che si parla di risultatisti o giocolieri, ma anche e soprattutto di tradizionalisti e innovatori. Platini é un esponente dei primi; Infantino é un chiaro rappresentante dei secondi. L'ultima grande questione a cui l'attuale presidente della FIFA si é affezionato é stata quella riguardante il Mondiale per Club. Una competizione che dal 2005, ossia da quando ha aperto a tutte le vincitrici continentali, ha visto trionfare le europee 8 volte su 11, che in tutti i casi hanno giocato la finale. Quando, raramente sono state sconfitte, é successo sempre per mano delle sudamericane: il San Paolo ha sconfitto il Liverpool nel 2005, l'Internacional ha battuto il Barça nel 2007, ed infine il Corinthians ha trionfato sul Chelsea di Di Matteo ben tre anni fa.
Solo due volte all'atto decisivo sono arrivate due squadre di altri continenti, più precisamente africane vale a dire il TP Mazembe nel 2010, che prima di essere sconfitto dall'Inter di Benitez aveva battuto un fragile Internacional, e il Raja Casablanca nel 2013, sconfitto in finale dal Bayern ma capace di affossare l'Atletico Mineiro di un Ronaldinho in fase decisamente calante.

Differenze che passione
In undici edizioni neanche le superpotenze messicane, arabe, giapponesi e ultimamene cinesi sono minimamente riuscite ad impensierire i club del Vecchio Continente, contro i quali vincere, é praticamente impossibile, sia dal punto di vista della pecunia sia dal punto di vista sportiva.
Solamente dando un'occhiata al valore della rosa si capisce quanto la differenza sia abissale. L'America, squadra messicana che affronterà il Real in semifinale ha un valore di rosa pari a 40.5 milioni di euro ed il giocatore più costoso, la punta centrale Romero, é valutato 3.5 milioni. La vincitrice della Libertadores, quell'Atletico Nacional una volta di proprietà di Escobar, vale solo 23.5 milioni, e anche le varie "superpotenze" continentali, ovvero River e Boca, non superano gli ottanta.
I Blancos invece hanno una rosa che complessivamente costa 775.8 milioni, con il solo Ronaldo che ne porta con sé ben 110. Per non parlare di ricavi annuali: Madrid guadagna praticamente dieci volte tanto Medellin (630 per le Merengues, 75 per i colombiani).
Passando al lato sportivo, la faccenda non cambia: il Real conta venti nazionali, l'Atletico Nacional 1/5 (4 cafeteros e un venezuelano). E tra i colombiani solo Torres, con 46 presenze, può vantare un numero di cap discreto mentre gli altri, Berrio, Borja e Diaz, non hanno ancora fatto grandi esperienze.

Tra vecchio e nuovo
Prima di tutto ciò, prima del 2005, c'era la semplice ed eterna sfida tra la migliore europea e la migliore sudamericana, con la formula andata-ritorno. Nelle 43 edizioni, 22 volte hanno vinto le squadre dell'Emisfero Sud, dimostrando come l'equilibro, fino agli anni '90 ci fosse eccome. Poi, negli ultimi 10 anni della Coppa Intercontinentale, solo tre successi latinos firmati Boca e Velez Sarsfield. 
Ed ecco che per interrompere la monotonia, arriva l'idea di Infantino, che pensa ad una competizione dal 10 al 30 giugno con le 32 migliori squadre del mondo, con cadenza biennale, in un'unica sede (magari a rotazione). 
Che poi questa formula non entusiasmi tutti i tre miliardi di calciofili sulla Terra, può anche essere giusto. Ma che sia meglio dei continui viaggi interoceanici, e di competizioni stancanti e praticamente inutili, su questo non c'é dubbio. 



sabato 3 dicembre 2016

OTTOVOLANTE BLUES




Dire che questa vittoria all'Etihad non sorprenda é dire il falso. Perché vincere 3-1 in casa del City di Guardiola, ribaltare un match che sembrava avere come risultato una sconfitta, non era da tutti, ma il Chelsea di Conte con grande carattere alla fine il big match l'ha vinto. Per i Blues ottava vittoria consecutiva e +4 sul Liverpool che però deve ancora disputare la 14ª giornata.
I padroni di casa scendono in campo con un insolito 3-4-3 andando ad affrontare gli avversari con lo schema che meglio conoscono. E ad inizio match questo cambio di modulo sembra portare beneficio agli uomini di Pep, visto che prima del gol del vantaggio, arrivato al 45' su cross di Navas deviato in porta da Cahill, Agüero aveva almeno avuto due o tre occasioni per portare in vantaggio i suoi. 
Anche l'inizio di secondo tempo é dominato dal City con De Bruyne che fallisce due occasioni colossali tra cui soprattutto la seconda, dove da due passi colpisce la traversa a porta sguarnita.
E come suggerisce l'antica legge del calcio, "gol sbagliato, gol subito", sbagliare porta al pareggio avversario. In questo caso é Diego Costa, che lanciato perfettamente da Fabregas, stoppa la palla all'interno dell'area e scarica una botta in porta su cui Bravo non può niente.
Cerca subito di reagire il City con il suo nº10 che non riesce a battere Courtois. Ed é a questo punto che, a parer mio, il Chelsea vince il match. Al 69' infatti, Hazard recupera palla a metà campo, la passa a Costa, che a sua volta imbecca Willian in contropiede: il brasiliano entra in aerea e fulmina il portiere Citizen, non proprio incolpevole.
La ciliegina sulla torta arriva al 95' quando ancora una volta da un lancio partito dalla difesa, Hazard brucia Otamendi sullo scatto e sigla il definitivo 3-1. 
Il match, nonostante sia matematicamente concluso, finisce con una rissa molto all'inglese, originata da un "fallaccio" di Agüero su David Luiz: espulso l'attaccante, espulso anche Fernandinho per eccessive e violente proteste.
Anche questo fa parte dello spettacolo, della visione che tutti noi abbiamo del calcio britannico. 
Che per oggi solo Conte ha apprezzato.

venerdì 2 dicembre 2016

CLÁSICO CCLXV




Real Madrid-Barcellona non sarà mai solamente una partita di calcio. Troppa la rivalità tra le due città trainanti della Spagna, troppa la differenza in campo politico che ormai da secoli separa questi due luoghi sacri del fútbol. Se Madrid é il centro da sempre della monarchia, ed il Real era la squadra del "Caudillo" Francisco Franco, Barcellona é mossa da secoli da un sentimento indipendentista che prima o poi sfocerà in un referendum dove i catalani sperano una volta per tutte di separarsi dal resto della nazione. Il sentirsi catalani, e per questo "non spagnoli" si nota appena appena si entra nella capital de Catalunya, dove le bandiere castigliane risaltano meno delle altre, come a dire "noi non siamo parte della Spagna, ma di una comunidad autónoma che può benissimo sopravvivere da sola." Ed é quindi soprattutto l'aspetto politico a fare da sfondo a questo super match. Durante l'epoca della dittatura infatti, le cinque Coppe Campioni ed i numerosi trofei vennero sempre visti con sospetto da los culés, che affermavano e affermano che fossero favoriti dal fatto che lo stesso Capo di Stato facesse il tifoso per la squadra principe della capitale. Dall'altro lato, i madrileñi fanno sempre notare come negli ultimi il Barça non sia stato sempre sanzionato per l'aver esposto bandiere rimandanti alla bandiera catalá. Insomma, continuando di questo passo si entra in un loop continuo che rischia di non aver più fine. Meglio voltare pagina e prepararsi a godersi una delle sfide più belle di tutto il calcio mondiale. Una sfida da 1 miliardo di euro in campo. 

FORMA DELLE SQUADRE: REAL UP, BARÇA DOWN
L'aria che tira tra le due tifoserie é completamente opposta: delusione sotto la Sagrada Familia, euforia alla Puerta del Sol. Il Real non perde da 32 partite, é in forma, viene dalla facile vittoria in Copa del Rey e dal convincente 3-0 al Calderon contro l'Atletico. Pur non avendo a disposizione fenomeni quali Kroos e Bale, la squadra di Zidane ha dimostrato, soprattutto nel derby cittadino, di avere una propria identità, di non dipendere esclusivamente da CR7, anche se a dirla tutta, il portoghese ci mette sempre lo zampino. 
Al contrario il Barcellona viene da tre pareggi in quattro gare, e nell'ultima contro il Malaga ha evidenziato i limiti di una squadra che senza qualche suo pezzo grosso, non "gira" a dovere. Il ritorno del tridentazo dovrebbe far tornare il sorriso ai tifosi.

I PIÚ ATTESI: LÍO E CR7


"Messi é come un bevanda energetica. Serve al Barcellona per rendere al massimo." Questa frase per far capire quanto la mancanza, l'assenza della Pulce influisca sul rendimento collettivo della squadra. Lionel é mancato contro il Malaga ed é finita in pareggio senza reti. Quando il 10, invece, si carica sulle spalle la squadra ecco che i risultati, e soprattutto le vittorie in rimonta arrivano: contro Valencia e Siviglia é stato così. In Champions numeri ancora migliori, con 9 gol in 4 partite. Anche in nazionale, sintomi di miglioramento in quanto a leader. Finalmente direi.
Una tripletta ai cugini dell'Atletico, una doppietta allo Sporting Gijón. Questi é il bottino più recente di Cristiano, che a suon di gol e di ottime prestazioni sta aiutando il Real a tenere a -6 il Barça (33 pt a 27 pt). Aggiungeteci poi le reti segnate in nazionale, il Pallone d'Oro praticamente in mano, e 16 gol nel Clásico, ed otterrete un giocatore pronto a "spaccare".

Il Mundo Deportivo l'ha definita come la sfida tra la Cantera (Barcellona) ed il Portafoglio (Real Madrid). Marca ha analizzato scientificamente i due mostri, quali Ronaldo e Messi. AS l'ha definito "il match capace di paralizzare il mondo e fermare il tempo per 90 minuti". Al di là di queste definizioni, questa sfida é imperdibile, da gustare dal primo all'ultimo secondo, da vivere come se fosse la partita del secolo, perché molte volte lo é. Oppure si può dire che é semplicemente, utilizzando la numerazione di coloro che la Spagna tempo addietro conquistarono, il Clásico CCLXV. 
Ai posteri l'ardua sentenza.





martedì 22 novembre 2016

UN DERBY SU-PER

Finisce il pareggio il primo derby milanese tra Montella e Pioli. Berlusconi emozionato dalla coreografia


La 217esima sfida tra casciavit baüscia si é concluso sul 2-2. E diciamo che la lotta in campo é stata simile alla lotta in campo politico tra queste due classi sociali nel corso della storia: una battaglia accesa, a tratti spettacolare ed esaltante, senza esclusione di colpi. Che poi di botti ce ne siano stati due per parte questa é un'altra storia.
Le squadre si schierano a specchio, con una sola novità in campo, Kondogbia al posto di Banega e Gomez al posto dell'infortunato Romagnoli. San Siro tutto esaurito, 77.000 spettatori, 3.7 milioni di incasso, Berlusconi presente, coreografie stupende, specialmente quella milanista: anche questo é il derby. L'Inter inizia aggressiva, con Candreva e Perisic che impensieriscono più volte i rossoneri ma senza mettere il pallone in rete. Il Milan sembra stordito, ma é solo una situazione temporanea, dato che al 42' Bacca tenta di siglare il vantaggio, soltanto che il suo tiro è debole. Un minuto più tardi, Bonaventura rompe gli indugi, parte in contropiede e serve Suso al limite dell'area: lo spagnolo rientra sul sinistro e calcia sul secondo palo, portando in vantaggio i suoi. Il nº8 rossonero é il secondo spagnolo a segnare nel derby, dopo "Luisito" Suarez. Il vantaggio però, escluso l'intervallo non dura tanto, perché al 53' del secondo tempo, Candreva riceve palla da una rimessa e la mette nel sette con un destro imparabile da Donnarumma. La reazione del Milan non tarda ad arrivare: cinque minuti dopo il pareggio, sull'asse Bacca-Suso i padroni di casa raddoppiano. Il colombiano infatti, lanciato sulla fascia dal compagno, si sdebita con un assist, che permette allo spagnolo di saltare Miranda e di battere agevolmente Handanovic. Per Suso, una doppietta da ricordare. L'ex Liverpool é tornato solamente in questa stagione stabilmente tra i titolari dopo che nel 2015, anno del suo arrivo, venne ceduto in prestito al Genoa per sei mesi, nei quali realizzò 6 gol e due assist. La risposta dell'Inter stavolta si fa attendere, ma arriva al 92', in tempo per far godere i propri tifosi: sull'ultimo calcio d'angolo del match, Murillo la spizza verso la porta e Perisic riesce a mandarla in rete, mandando in delirio la "Nord". 
Non si può parlare di dominio Inter, come dicono in molti, perché se si riesce a pareggiare un match nel recupero significa che non si ha dominato la partita. Per il Milan, una buona prestazione influenzata dal gol subito all'ultimo secondo, dovuto probabilmente all'eccessivo difensivismo degli ultimi minuti. Escluso ciò, é stato un gran derby, che ha fatto divertire il pubblico presente e gli spettatori da casa: che sia stato l'ultimo di Berlusconi, invece, non se ne ha la certezza.

venerdì 18 novembre 2016

MY NAME IS RONALDO, CRISTIANO RONALDO

Numero 1 in tutto (social, classifica dei marcatori all-time in Champions, ecc) la stella portoghese ha firmato in una settimana due rinnovi, con Real e Nike, diventando il calciatore più pagato di sempre da un unico sponsor. Ecco la sua storia.




Il 21 gennaio 1985, mamma Dolores era già a conoscenza che presto le sarebbe nato il quarto figlio, per la precisione il secondo maschio. Ma cosa c'entra gennaio con una madre portoghese? Bé, quel giorno, Ronald Reagan giurava per la seconda volta di servire il suo Paese in qualità di presidente degli Stati Uniti d'America. Sedici giorni dopo, Dolores e José Aveiro vedevano nascere il loro secondogenito maschio che proprio in onore dell'ex attore hollywodiano, ma anche a causa della fede cristiana della madre, veniva registrato all'anagrafe con il nome di Cristiano Ronaldo. E a questo punto, qualcuno non esperto in materia calcistica si chiederà come mai scrivo un articolo su un semplice footballer, uno che apparentemente vale un qualsiasi professionista del settore. Ed é qui che la maggior parte dei neofiti sbaglia. Nel calcio c'é e ci sarà sempre un'era pre e post Ronaldo. Un giocatore come lui, uno che abbina alla tecnica sopraffina la caratteristica di essere un'incredibile macchina da gol, uno che negli ultimi mesi é stato più googlato del Papa, uno che con i suoi post porta nelle casse della Nike milioni di dollari, non era mai esistito prima e forse, dico forse, non esisterà nemmeno in futuro.
Già si resta estasiati quando lo si vede giocare, se poi si conosce la sua storia, allora niente pare impossibile. Che sia questo il motto di CR7, dell'uomo di Funchal, del calciatore stacanovista per eccellenza, non si sa ancora. Intanto godiamoci la sua storia.

Tra povertà e nostalgia di casa
Se al giorno d'oggi i genitori non si preoccupassero delle sorti scolastiche dei figli, appena scoperta la notizia si griderebbe più o meno allo scandalo. Bé, per la famiglia di Cristiano non era così. Il padre, alcolista e sempre lontano da casa, se ne fregava bellamente delle sorti del figlio, e la madre, che di professione faceva la cuoca, non stava molto attenta all'andamento scolastico del figlio. Il ragazzo era un tipo abbastanza irrequieto: saltava le lezioni, scappava dagli insegnati, non svolgeva i compiti, mentiva sui brutti voti. Il calcio, fin da giovane era talmente importante che Ronaldo, dopo essere tornato da scuola, prendeva yogurt e pallone e andava a giocare a futebol fino a mezzanotte. La stessa madre ha recentemente ammesso, che nonostante il figlio andasse male a scuola, ciò che le importava di più erano le sue sorti calcistiche. Già da giovanissimo odiava perdere ed ogni volta che la sua squadra, l'Andorinha, perdeva, Cristiano rientrava in spogliatoio piangendo. La madre, sicuramente, non lo aiutava a crescere caratterialmente e a maturare, dato che gli permetteva di calciare il pallone di notte sulle pareti. Anche il ragazzo, dal canto suo, se ne fregava dei vicini, non gli importava del rumore che produceva con i suoi palleggi, del fatto che rompesse i vetri delle finestre delle altre persone, senza mai ripagarli. 
A 12 anni si trasferisce a Lisbona, per giocare nelle giovanili dello Sporting. L'inizio non fu dei migliori: la nostalgia di casa si faceva sentire, e ogni volta che Ronaldo era da solo piangeva ininterrottamente. Ma la madre fu categorica, e gli disse che non sarebbe tornato a casa per alcun motivo. La vita scolastica, ovviamente non lo aiutava: in classe era deriso dai compagni, che lo scherzavano a causa della sua pronuncia che risentiva parecchio dell'accento di Madeira. Per migliorare quest'ultimo aspetto, Cristiano stava ore e ore a ripetere le varie frasi per farsi capire ogni volta sempre meglio. E in questo periodo di solitudine iniziò ad allenarsi anche per mettere su muscoli, visto che si vedeva troppo magro: quando era in stanza da solo faceva flessioni ed addominali in quantità, andava regolarmente in palestra, e prima di ogni pasto mangiava due piatti di zuppa, considerata dai portoghesi una sorta di antipasto. A 14 anni si trasferisce in centro, in un residence con tre amici, sperando che la vita migliori, ma non é così. Con i pochi soldi che ha riesce a malapena a comprarsi un paio di jeans e una maglietta in saldo, se tutto fila liscio. Per il resto tutto va storto, con Cristiano che non ha successo con le ragazze, principalmente a causa dei suoi denti storti, e che in generale é timido e impacciato. 

Esordio con lo Sporting e trasferimento allo United (2002-2009)
Con lo Sporting, gioca solo un anno, realizzando 5 gol in totale in tutte le competizioni, ed esordendo nel preliminare di Champions contro l'Inter. L'anno successivo arriva il trasferimento allo United, per 12.5 milioni di sterline, la cifra più alta mai pagata fino ad allora per un teenager. Ronaldo inizialmente scelse la nº28, ma Ferguson, convinto che il ragazzo potesse seguire le orme di coloro che l'avevano precedentemente indossata, tra cui Beckham, lo convinse a prendere la 7. CR7 ripaga fin da subito l'investimento con sei stagioni in continuo crescendo, sia come numero di gol, sia come numero di trofei vinti: 118 gol in 292 partite, accompagnati dalla vittoria di una Fa Cup, due Carling Cup, tre Premier, due Community Shield, una Champions e un Mondiale per club. Supera il record quarantennale di Best, che in una sola stagione tra campionato e coppa aveva segnato 33 gol. Vince anche il suo primo pallone d'oro, nel 2008, a completamento di una stagione fantastica dove vince sia in campo nazionale che continentale. 
L'estate del 2009 é un'estate di svolta per CR7. L'interesse del Real Madrid si sta facendo sempre più importante e Marca arriva ad affermare come Florentino Perez sia pronto a sborsare 120 milioni per l'asso portoghese. Ferguson cerca di opporsi in tutti i modi, fa anche un viaggio in Spagna, cerca di vendere il suo giocatore al Barcellona, ma alla fine cede di fronte all'offerta di 94 milioni. Ronaldo passa così ai Galacticos, diventando il trasferimento all'epoca più costoso della storia.

Galactico (2009-2016)
Nonostante un'accoglienza fenomenale dai 90.000 del Bernabeu che lo applaudono al giorno della presentazione, nonostante 146 gol in 144 partite in tre anni, nonostante la conquista del titolo di Pichichi (miglior marcatore della Liga) e della Scarpa d'Oro, CR7 in 1095 giorni vince solo una Liga, ai danni probabilmente del miglior Barça di sempre. Prima di rivincere un'altro importante trofeo passano due anni, nei quali vince un pallone d'oro e abbatte diversi record: poi nel 2014 sotto la guida di Carlo Ancelotti, lui e il suo Real vincono la tanto attesa Décima ai danni dei cugini dell'Atletico nella finale di Lisbona. Ronaldo conclude la stagione con ben 17 reti nella competizione continentale e con il suo terzo pallone d'oro sotto braccio, dopo quelli del 2008 e del 2013. Il 2016 é però l'anno perfetto per CR7, dato che l'asso portoghese conquista in una sola annata l'accoppiata Champions-Europeo. Il Balon d'Or é in vista, ma per questo é solo questione di tempo.

Vita fuori dal campo: sponsor e bella vita
Quando non gioca e non si allena, Cristiano Ronaldo guadagna in ogni caso molti soldi. Recentemente ha firmato un contratto di sponsorizzazione a vita con la Nike, che gli porterà nelle tasche 24 milioni di dollari annui, ma questo non é il suo unico contratto: é sponsor di Castrol (6 milioni), KFC (2 milioni), Armani (1 milione), Tag Heuer, Emirates, PES, Toyota, Herbalife, Banco Espirito Santo CR7 Underwear (la sua linea di intimo maschile). Poi, incredibile da dire, é testimonial anche di Facial Fitness Pro, un'azienda giapponese che produce oggetti per rinforzare la tonicità del viso, e di Mobily, operatore telefonico arabo. Questi due ultimi per ribadire l'internazionalità di Ronaldo, che lo porta a firmare contratti con aziende semi sconosciute. 
Va completamente pazzo per Instagram, per il quale si fa fotografare in qualsiasi momento della giornata, e ovviamente anche per le auto: tra quelle che possiede, una Bugatti, una Lamborghini, una Ferrari e altre supercar, il cui totale valore supera i 3 milioni di euro. 
Amando Instagram e i social in generale non può che essere una stella anche in questo campo: 117 milioni di seguaci su Facebook, 48 milioni di follower su Twitter e 81 su Instagram fanno di lui il calciatori più seguito in rete. 
E pensare che solamente 15 anni fa Cristiano era solamente un ragazzo con un enorme talento che tentava di sfondare nel mondo del calcio. 15 anni dopo si ritrova a guadagnare 80 milioni all'anno. Benjamin Disraeli, storico primo ministro dell'epoca vittoriana, diceva la verità: "Il successo é perseguire uno scopo con costanza."

giovedì 10 novembre 2016

UN ITALIANO A FULHAM ROAD

Rivitalizzazione di giocatori finiti, esternazione delle emozioni dentro e fuori dal campo, abilità nel cambiare modulo: il successo di Conte al Chelsea in 3 punti



Un anno di questi giorni, lo Special One perdeva 1-0 a Stoke-on-Trent con gol di Arnautovic, iniziando quel trittico di partite che, dopo la sconfitta a Leicester l'avrebbe condotto all'esonero. 365 giorni dopo, "The Fantastico One" ha portato il Chelsea a meno uno dalla vetta. Perché tutti a Fulham Road, hanno iniziato ad amarlo qualche settimana fa, e da lì non hanno più smesso. Ecco spiegato in tre punti il successo di Conte in quel di Londra.

1. Mi Chiamo Antonio e resuscito giocatori
Scommetto 100€ che tre dei giocatori più felici a Cobham in questo momento siano Moses, Pedro e Matic. Il primo, quest'anno finalmente al centro del progetto Chelsea dopo anni passati in prestito, ha sicuramente giovato della terapia Conte. Due gol in dieci partite lo confermano. Un altro nettamente migliorato é Pedro, arrivato lo scorso anno ma poco impiegato da Mou e Hiddink. Con l'allenatore leccese, fa venti minuti ogni partita, però ad alto ritmo, e questo non é che un vantaggio per i Blues. Anche Matic è rinato: dalla possibilità di trasferimento a luglio, alle chiavi di centrocampo in questo momento. L'87% di precisione nel passaggio spiega come Nemanja non ami solo difendere. Con Kanté forma una delle migliori "dighe" davanti alla difesa di tutta la Premier. 

2. Angelo e Demone
La "scenata" di Mou a fine partita in Chelsea-Manchester United, fa capire come l'atteggiamento di Conte non sia amato proprio da tutti. Sono sicuro però, che dalle parti di Fulham Road, tutti siano felici di come "The Fantastico One" reagisca durante ogni match. Urla continue, incitazione del pubblico, reazioni passionali, esultanze da vero loco. Perché Conte in ogni partite ci mette l'anima, che l'incontro sia facile o difficile, e vedere che la squadra lo segue e gioca bene lo esalta non poco. In conferenza stampa invece é un angelo scherzoso. Non aggredisce mai nessuno, al contrario di un suo collega, dà sempre l'impressione di avere una grande calma, non fa alcuno show. Magari lo fa per sfogarsi in partita. Almeno, questa é l'impressione...

3. Cambio di modulo: Yes We Can
Che Conte ami il cambio di modulo, nessuno lo mette in dubbio. L'ha cambiato alla Juventus, ha vinto il primo scudetto; lo ha cambiato al Chelsea, e anche qui spera di mettere in bacheca un trofeo. Il 3-4-3 ha avuto effetti immediati: cinque vittorie consecutive e cinque clean sheet consecutivi. Il doppio asse Moses-Willian e Alonso-Hazard funziona meravigliosamente, perché in fase di non possesso la difesa é composta da 5 uomini, mentre quando l'azione diventa offensiva c'é una doppia spinta su entrambi i lati. La retroguardia a tre uomini ha giovato anche alla difesa, che ora vede David Luiz alla "Bonucci", supportato da uno veloce come Azpilicueta, e da uno tra Terry e Cahill, che portano esperienza ed abilità ad utilizzare le maniere forti quando è necessario, oltre che grande capacità nel colpire di testa.

É di queste settimane la notizia della nuova partnership tra Nike e Chelsea, che garantirà al club londinese 900 milioni in 15 anni. Questa cifra monstre é stata versata dal colosso americano per ampliare ancora di più la rete di contatti nel mondo nel calcio, ribadendo il suo dominio nella nazione della Regina. Sotto sotto però a Beaverton, il CEO Mark Parker spera che il Chelsea vinca la Premier, così da ricordare a tutti che i campioni di Inghilterra sono sponsorizzati dalla Nike. Eh, caro Mark, stai pur certo che se Conte continua per la sua strada senza che nessuno lo intralci, qualche soddisfazione pure a te, te la darà. Magari a proposito ci scriverai anche un tweet.



domenica 30 ottobre 2016

LA RINASCITA DI MEDELLÍN




¡Al fin cayó! Così, il 3 dicembre 1993, El Tiempo, uno dei quotidiani colombiani più famosi, descriveva la morte di Pablo Escobar, El Patron del Mal, ucciso dagli agenti della DEA e dalla polizia di Stato. Quel giorno probabilmente il narcofútbol, soprattutto quello di Medellín morí, trascinando assieme a sé Los Cafeteros, che prima di ritornare ai fasti di allora dovettero aspettare l'arrivo sulla scena di James Rodriguez e compagnia. Di quella nazionale faceva parte René Higuita, l'uomo dello Scorpione, uno loco hasta la muerte. Bene, quel giorno, quel 4 giugno del 1993 il portiere venne arrestato accusato di non aver rivelato alla polizia dettagli riguardo alla liberazione della figlia del narcotrafficante Luis Carlos Molina Yepes. "Soy futbolista, no conocía la ley sobre los sequestros": così giustifica le sue azioni il nº 1 colombiano da poco rientrato nel Paese, dopo un'infelice esperienza al Valladolid in Spagna. Già un'altra volta Higuita aveva rischiato di farsi fotografare dietro le sbarre, quando nel 1991, era stato avvistato alla Catedral, la residenza-prigione dell'amico Pablo. Ma se la polizia una volta chiude un occhio, la seconda non lo fa: sei mesi di carcere e addio Mondiali '94. In quegli anni, peró, il calcio colombiano é una sorta di eldorado calcistico paragonabile alla Cina attuale. Il campionato é discreto ma ciò che conta sono i soldi, ed in Colombia al tempo, di plata grazie ai narcos ce n'é in abbondanza. Basti pensare che tre delle squadre attualmente più titolate erano il vanto di tre super criminali: Escobar era proprietario dell'Atletico Nacional, Gacha "El Mexicano" de Los Milionarios, mentre l'America de Cali era sotto il controllo dell'omonimo cartello, capeggiato dai fratelli Oreleja.


Tuttavia, in quegli anni il verbum ducis non era sempre detta a fin di bene, poiché ben due personaggi dello sport colombiano persero la vita per colpa dei sicari. Sto parlando di Alvaro Ortega, ucciso per aver annullato un gol all'Independiente de Medellin contro l'America de Cali, e soprattutto di Andres Escobar, ononimo di Pablo, ucciso proprio da uno dei suoi sicari, a causa di un autogol che aveva fatto sì che la Colombia venisse eliminata ai gironi di Usa '94. Lo stesso sicario, che solo un anno prima, lottava assieme a Los Pepes per eliminare El Patron. Gli sportivi però non sono gli unici nel mirino di Escobar: tutti coloro che gli sbarrano la strada, finiscono morti. Tutte le opportunità possibili per fare fracaso mediatico vengono sfruttate. É così che il 27 novembre 1989, 110 persone muoiono sul volo Avianca 203, é così che il 30 aprile 1984 il Ministro della Giustizia Bonilla viene assassinato. Si é calcolato che a Medellin ci siano stati diecimila omicidi l'anno tra il 1987 ed il 2002, e che nel 1991, anno in cui Escobar si consegnò alle autorità, ben 15 mila. Fortunatamente il Presidente Gavíria scampa al disastro aereo, che era destinato proprio a lui. 


Ma prima che tutto ciò accadesse, Medellín era conosciuta anche per i suoi eccellenti risultati calcistici. Ovviamente, avere Escobar come owner non era sicuramente male dato che nel 1987, al culmine della sua "carriera" era il settimo uomo più ricco del mondo secondo Forbes, con guadagni quotidiani di circa 60 milioni di dollari. Il 1989 é l'anno della consacrazione a livello continentale, con la vittoria della Copa Libertadores contro i paraguaiani dell'Olimpia Asunción. 2-0 all'andata in Paraguay e stesso risultato al ritorno: la finale si decide ai rigori. L'eroe é Higuita, che oltre a parare il primo rigore, tradizionalmente tirato dal portiere, respinge altri tre rigori e segna il proprio. Per la città é un successo straordinario, una vittoria che la gente ricorderà per sempre.


L'uomo qui inquadrato invece é Miguel Borja, e a molti non dice nulla. Il trofeo che ha in mano però fa capire che protagonista della Libertadores lo é stato sicuramente. Prima dell'approdo in Colombia, un lungo girovagare che l'ha visto indossare la maglia del Livorno nella stagione 2013-14: otto presenze e amaranto retrocessi. Dopo un doppio prestito in Argentina e poi nel Cortulua, nel paese del Patron. Quest'anno, in campo continentale cinque gol importantissimi, tra cui quattro nella semifinale contro il San Paolo, e uno nella finale contro gli ecuadoreñi del Indipendiente del Valle. Questa seconda Copa, dopo la prima "macchiata" dai narcos, é un riscatto per la città di Medellín. Andiamo a scoprirla.



Da capitale del narcotraffico a città rinata, il capoluogo del dipartimento di Antioquia é stata analizzata sia dal Wall Street Journal sia dall'Economist. Il primo l'ha descritta come città più innovativa del mondo, ricevendo inoltre il premio Lee Kuan Yew, una sorta di Nobel riguardante l'urbanistica. Omaggiata la capacità di "creare comunità vibranti, abitabili e sostenibili." Il secondo invece sottolinea come ora le agenzie di viaggio mettano piede, costruiscano le loro sedi nella Comuna 13, il quartiere più pericoloso della città. É vero che la differenza tra ricchi e poveri a Medellín é evidente, e che ancora un cittadino su cinque vive ancora sotto la soglia della povertà, però c'é da riconoscere alla ciudad un netto miglioramento. I quartieri più degradati sono stati al centro delle principali "migliorie", vista la costruzione della Metrocable che collega le comunas alla centro. 
Il numero di omicidi é nettamente diminuito, "solo" 773 nel 2015, mentre la lotta alla droga ha fatto enormi passi avanti con l'arresto lo scorso anno di Gálvez, considerato El Chapo Colombiano
Perché in questo spettacolare luogo la vita é come la religione induista. Se nella religione orientale tre sono le vie per giungere al Samsara, così succede anche a Medellín. Si può scegliere tra plata o plomo, oppure scegliere una terza strada che prevede di rinascere dopo anni bui. Ed é quella che Los Medellinenses hanno deciso di fare. Buena suerte Colombia.

domenica 23 ottobre 2016

IL MILAN "LOCO" FA INFURIARE LA VECCHIA SIGNORA




Ancora una volta il ragazzo birichino ha infastidito qualcuno. Ma se qualche settimana fa era un adulto di nome Sassuolo, ora quello stesso 18enne ha fatto perdere punti alla Vecchia Signora. Perché é giusto portare rispetto per le persone anziane ma talvolta bisogna anche controbattere, contestare le loro opinioni. E Manuel Locatelli l'ha fatto nel miglior modo, segnando e regalando al Milan un attuale secondo posto in solitario.
Entrambe le squadre si presentano con la rosa standard, con i titolarissimi, vale a dire Bacca e Higuain in attacco e Pjanic e Locatelli a centrocampo. San Siro quasi tutto esaurito, circa 76.000 spettatori e incasso da record per i rossoneri, oltre 3.7 milioni di euro. 
I primi venti minuti non sono un granché, con i due team che preferiscono studiarsi anziché attaccare: da segnalare solo un tiro di Suso respinto da Buffon in angolo. Al 22' prima occasione bianconera, con Dybala che gira in porta un traversone di Alex Sandro, parato attentamente da Donnarumma. 
Al minuto 36', quattordici minuti dopo il tiro di Paletta deviato in corner, arriva l'episodio incriminato: Pjanic calcia una punizione dai 25 metri, che attraversa tutta l'area e termina in porta. Rizzoli assegna il gol, ma in un secondo momento, dopo essersi confrontato con il suo assistente Cariolato, decide di annullare ingiustamente il gol, credendo che Bonucci fosse in fuorigioco. Le proteste non si placano, ma credo non si placheranno anche in futuro. Intanto nei bianconeri era entrato Cuadrado, che aveva sostituito Dybala, infortunatosi tentando l'eurogol da metà campo. 
Il secondo tempo vede entrambe le squadre che creano occasioni su occasioni. Cuadrado ci tenta due volte, Higuain prova la girata, murata però dalla difesa di Montella. Prima dell'infortunio di Niang, Bacca e Khedira rischiano di trovare il gol, ma é Locatelli che porta in vantaggio i suoi, con un missile sotto l'incrocio dal limite dell'area, dopo il passaggio fornitogli da Suso. Secondo gol in poche settimane per il 18enne rossonero, che fa esplodere San Siro per la seconda volta in vita sua. Intanto la Juve é diventata più stanca ma attacca ed il Milan cerca quindi di difendere il risultato. Entrano Mandzukic per Benatia, Gomez per Locatelli, ma il leit-motif del secondo tempo rimane lo stesso. Donnarumma salva su Pjanic ma prende un calcio all'orecchio, Sturaro sostituisce Benatia, Rizzoli da cinque minuti di recupero. Nonostante tutto, ma anche grazie alla super parata di Gigio su Khedira al 95', il risultato non cambia, e i rossoneri escono vittoriosi da The Clash contro la Juventus. Montella vince e si prende i meriti, applaudito per aver dato un'identità alla squadra. Questo Milan gioca un calcio meno frizzante di quello della sua Fiorentina, ma é sicuramente più cinico, e questo non é che un vantaggio. Una squadra giovane e orgogliosa dei suoi mezzi, che ha in Donnarumma e Locatelli i suoi diamanti più preziosi. Dall'altro lato la Juve non attacca molto, costruisce poco, e soprattutto non finalizza. Quelli di stasera assomigliano al Manchester United di inizio ottobre. Una squadra molto forte tecnicamente, ma che non ha ancora trovato l'esatta quadratura del cerchio. Intanto i rossoneri corrono sotto la curva e si prendono i complimenti di tutti. Una goccia nell'oceano pare indifferente, ma sono le gocce che fanno l'oceano. Ieri é iniziata una nuova età dell'oro: se Gigio e Loca sono i capi del progetto, i tifosi faranno di tutto per scavare e trovarlo. La caccia é cominciata. Solo che ora non siamo in California, ma nella città che, in questo momento, risplende di rosso e nero.

giovedì 20 ottobre 2016

SERIE A IN TV, PRONTA LA RIVOLUZIONE



Una nuova Serie A, in stile "Liga&Premier" si va creando. Come anticipato da "Calcio e Finanza" e da "la Repubblica", la trasmissione delle partite in tv dovrebbe subire una sorta di rivoluzione durante il triennio 2018-2021. Sulla scia di ciò che accade in Premier, non tutte le partite verranno trasmesse alla televisione e, la domenica alle 15 ci sarà una fascia protetta in cui nessuna partita verrà trasmessa. Quest'ultima novità verrà introdotta per far sì che la gente vada allo stadio, visto che secondo le ultime statistiche l'interesse delle persone nell'andare a vedere le partite sta scemando vistosamente: un'esempio é sicuramente il numero di abbonati per questa stagione di Lazio e Milan, che sommati superano a malapena i 20.000. Dalla Liga spagnola invece, l'idea di una sorta di campionato "spezzatino" con le partite trasmesse in numerosi orari. In Spagna si inizia il venerdì alle 20.45 per poi proseguire il sabato e la domenica, con match alle 13, alle 16.15, alle 18.30 ed infine alle 20.45, orario anche della gara del lunedì. 
In Italia non si avrà una divisione tale, ma si lavora per suddividere le partite in sette fasce:
- sabato alle 15 (proposta di Thoir per i mercati asiatici)
- sabato alle 18
- sabato alle 20.45
- domenica alle 12.30
- domenica alle 18 (probabilmente l'orario del match in chiaro)
- domenica alle 20.45
- lunedì alle 20.45 (o venerdì in caso di impegni europei)
L'assenza del match pomeridiano la domenica, potrebbe avvantaggiare Serie B e Lega Pro, che in questo modo potrebbero cercare di attirare un po' più di spettatore di quelli che attualmente assistono alle varie gare. 
In questo caso l'esempio lampante proviene anche stavolta dalla Premier: in Inghilterra infatti, il Clásico del 3 dicembre tra Barcellona e Real Madrid, delle ore 16.15 non sarà visibile in tv, perché la legge non lo permette. In questo modo, "supporters go to the stadium" e i templi calcistici britannici registrano il 99% di affluenza, come nel caso di Arsenal, Chelsea e Stoke City. Anche così il calcio d'Oltremanica é diventato il campionato più seguito al mondo.

lunedì 17 ottobre 2016

LE 5 SENTENZE DELL'OTTAVA GIORNATA

Dalla vittoria del Milan alla Viola appannata, passando per Inter, Dybala e Roma. Ecco i cinque key words del weekend appena trascorso



THE YOUNG MILAN - Ieri sera, il Milan aveva 23.9 anni di media in campo, ma questo non é contato niente, visto il risultato finale di 1-3, con cui i rossoneri si portano al secondo posto. I giovani, a partire da Donnarumma e Locatelli, hanno dato tutti una prova di maturità e solidità mentale. "Gigio" non ha dovuto faticare molto, mentre Romagnoli ha giocato da giocatore esperto senza sbavature. Locatelli, salvo qualche errore non grossolano, non ha sofferto la pressione mediatica, disputando tutto sommato un buon match. Niang si é rivelato l'uomo con una marcia in più in tutti i sensi, di questa squadra. Le uniche due note non liete sono state Suso e De Sciglio che contro il Chievo non hanno brillato. Ma quando si vince a questo ci si fa poco caso.



 IL GIGANTE E MOHAMED - C'era una volta il protagonista della storia che con l'aiuto del gigante buono riusciva a sconfiggere il nemico. Questa storia é assolutamente adattabile ai giorni nostri e la si sta vivendo in casa Roma, dove i due assoluti protagonisti del momento sono Dzeko e Salah, che anche a Napoli hanno portato i giallorossi alla vittoria. Il bosniaco, attualmente il capocannoniere del campionato con 7 gol in 8 partite, sta ritornando quello di Wolfsburg, quello che assieme a Grafite nel 2009 vinse la Bundesliga. L'egiziano é sempre il solito velocista, che però sta migliorando anche sotto porta, nonostante faccia ancora qualche errore di troppo. Se fossi romanista, spererei che continuino così.




VIOLA SBIADITO - La squadra che l'anno scorso aveva stupito tutti per il suo gioco frizzante, grazie anche ad un super Bernardeschi, é sparita. Ora il gioco é lento, noioso, e poco originale. Badelj e Sanchez non verticalizzano, Bernardeschi non si accende, Kalinic non realizza. Anche contro l'Atalanta, la Viola deve ringraziare il suo portiere che in un paio di occasioni ha salvato il risultato. Perché sennò oltre ai fischi ci sarebbero stati 0 punti in bacheca.


MALEDIZIONE!- L'immagine perfetta. Icardi desolato per la sconfitta, amareggiato per il rigore sbagliato, consapevole degli striscioni della "Nord". Già perché il caso Mauro Icardi é diventato motivo di divisone della tifoseria neroazzurra. La pagina incriminata, quella che si riferisce al post di Sassuolo-Inter del 2015, ha fatto scoppiare il caos, che ha portato a decine di dichiarazioni. Le parole però, in campo non sono servite a nulla, dato che l'Inter ha perso l'ennesimo match a San Siro. In questa stagione infatti ha vinto solo contro la Juve, su sei partite giocate alla "Scala". E se si va indietro nel tempo, la vittoria sui bianconeri é l'unica nelle ultime dodici gare. E pensare che al Meazza sembrava tornato il clima ideale per una vittoria.


DYPENDENTI - Paulo Dybala é il vero protagonista della nuova Juve. Sarà pure arrivato Higuain, ma il nº21 bianconero rimane ad ora la stella indiscussa, l'intoccabile, il paria, in senso buono, tra i ragazzi di Allegri. Anche contro l'Udinese l'ha decisa la Joya, con una punizione ed un rigore. Prendersi sulle spalle la squadra campione d'Italia a 22 anni, per lo più con 5 gol e 4 assist in sei gare, non é da tutti, é da predestinati.