giovedì 1 giugno 2017

STAR WARS


Nonostante siano arrivate in fondo molto in scioltezza, Waariors e Cavs sono pronti a darsi battaglia: ecco spiegato in cinque punti come mai le Finals di quest'anno saranno le migliori di sempre




"Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere o di perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, allora soccomberai in ogni battaglia." Queste parole, a prima vista, soprattutto a chi non sa chi le ha pronunciate, paiono uscir fuori dalla bocca di un qualsiasi filosofo. Chiunque abbia fatto questo pensiero, non sbaglia affatto: queste frasi sono state infatti pronunciate da uno dei filosofi e generali più importanti e celebri di tutto l'estremo Oriente, Sun Tzu, il cui libro chiamato "L'arte della guerra" è tutt'oggi utilizzato come fonte d'ispirazione in ambiti che non hanno a che vedere con quello militare, come per esempio in campo manageriale. Ma, fermandoci a ragionare un momento c'è una domanda che sorge a tutti spontanea: cosa c'entra un filosofo e generale cinese del VI-V secolo avanti Cristo, con dieci uomini che giocano a uno sport inventato alla fine del 1800? Il collegamento è possibile farlo proprio tramite la parola guerra, perché in fondo le Finals di quest'anno saranno l'atto III di una guerra che dura ormai da tre anni, e che da tre anni ha sempre gli stessi protagonisti.
Per avvicinarci meglio all'evento dell'anno in ambito cestistico, è utile sapere di più su queste Finali NBA: è cruciale, soprattutto, sapere come mai saranno le migliori di sempre.

1. Dominare. Sempre
La parola chiave in questa stagione è stata "RIPOSO": riposo per gestire le energie da usare nei match clou, riposo per evitare lunghi infortuni, riposo soprattutto in vista delle Finals. Ecco semplicemente spiegato il motivo per cui Lebron giocava meno in regular season, per cui Curry non spingeva sull'acceleratore durante l'anno, per cui Durant non giocava tutti e quarantotto i minuti. Perché le tre star stavano risparmiando energie per la parte finale di stagione, quella più importante e decisiva. Una regular season, che nonostante ciò, è stata come una sorta di passeggiata al parco, più per gli Warriors (67-15) che per i Cavaliers (51-31), i quali sono riusciti a farsi soffiare il primo posto nella Eastern Conference da Boston.
Ai Playoffs, tutto un altro discorso. Lì sì che è stato veramente facile, come tagliare il burro caldo come un coltello, poiché tutti gli avversari incontrati dai due team si sono stati prontamente spazzati via, come un ciclone fa con le case di legno. Ed è cosi che Golden State è arrivata in fondo con uno score di 12-0, mentre Cleveland ha raggiunto le Finals perdendo solo un match, ovvero gara 3 delle Conference Finals contro Boston.

2. Upgrade 3.5 : Kevin Durant
Gli aggiornamenti, o se preferite essere internazionali gli upgrade, hanno la funzione di rendere più sicuro e migliorare un app o un programma. Questo concetto può anche essere applicato al basket, perché in fin dei conti i giocatori che si trasferiscono in squadre diverse dalla loro, possono concretamente fungere da aggiornamento per quest'ultime. Così è successo agli Warriors quest'anno: non che prima dell'arrivo di Durant fossero scarsi, sennò non avrebbero vinto un anello, ma sicuramente KD ha fatto loro fare un salto di qualità. Infatti, prima dell'arrivo del ragazzo di Wahington, l'attacco di Golden State ruotava attorno agli Splash Brothers, Curry e Thompson. Quando questi due non erano in giornata, segnare molto diventava un'impresa ardua per la squadra gialloblù. Con l'arrivo dell'ex stella di Oklahoma City, ora per la squadra allenata da Steve Kerr c'è la possibilità di scaricare molti tiri e di dare molti possessi in mano a Durant, che approdando agli Warriors è migliorato molto anche in fase difensiva, nonostante già l'anno scorso avesse fatto passi da gigante. Un pericolo in più per la difesa dei Cavs, un motivo di divertimento in più per i tifosi della Bay Area.

3. Big Three alla riscossa
Quest'anno a Cleveland hanno finalmente potuto apprezzare in tutto il loro splendore i Big Three in azione. Fino all'anno scorso, o almeno fino alle Finals, il trio Lebron-Love-Irving non aveva dato prova di tutta l'intesa che nel corso di quell'anno avevano trovato. Quest'anno finalmente, grazie anche a meno infortuni dell'ex cestista dei Minnesota Timberwolves, i Big Three si sono trovati più volte sul campo insieme e hanno potuto affinare ancor di più la loro già grande intesa. Kyrie è sempre il solito fenomeno nel ball-handling, nei crossover e negli ankle-breaker, l'uomo che con la giocata individuale ti trasmette fiducia e carica allo stesso momento. Lebron quest'anno è andato oltre lo straordinario, e ha giocato una pallacanestro sublime, dimostrato ampiamente dal fatto che recentemente ha superato Jordan in numero di punti nei Playoff. Sorpassare MJ è stato come liberarsi di un peso per King James, che da sempre è stato al centro di continui paragoni con una leggenda cestistica qual è stata l'ex stella dei Bulls. Love, infine, è riuscito a recuperare definitivamente dagli infortuni che fin dal suo arrivo a Cleveland lo avevano attanagliato. E il suo definitivo recupero è molto importante per i Cavs, perché Love è importante sia in fase difensiva, soprattutto a rimbalzo, sia in fase offensiva, dato che è uno dei migliori dall'arco.

4. Atto III
Paragonare queste Finals con un'opera di Shakespeare non è azzardato. Non lo è perché sia il lavoro del drammaturgo inglese, sia questa semplice serie di partite hanno in loro una certa componente drammatica, un certo pathos, che fa prender loro le distanze da tutte le altre opere degli altri generi esistenti. Questo atto sarà infatti il numero tre tra Golden State e Cleveland, che dopo le Finali del 2015 e 2016, si ritroveranno faccia a faccia per la terza volta consecutiva. E in questo caso, si riscrive la storia del gioco: mai due franchigie si erano incontrate tre volte in-a-row, poiché il massimo che si era "raggiunto" erano state le due volte.
Quest'anno poi un altro record verrà eguagliato, ovvero il numero di giocatori presenti all'ultimo All Star Game, che come nel 1983-84 (l'anno della finale tra Lakers e Celtics) saranno 7, mentre 11 saranno i cestisti che almeno una volta hanno partecipato alla "partita delle stelle". Per concludere con le statistiche, Lebron James (2009, 2010, 2012, 2013), Kevin Durant (2014) e Steph Curry (2015, 2016) hanno vinto sette degli ultimi otto premi di MVP della regular season. Chi vincerà quello delle Finals?

5. Questione di redimersi
"The Block, "The Shot", "The Stop" sono tre parole che hanno tormentato i tifosi gialloblu dal 19 giugno dello scorso anno fino ad oggi. Li hanno tormentati perché sono state la causa dell'incredibile comeback di Cleveland nelle finali dello scorso anno. In quella serie infatti gli Warriors guidavano la serie per 3-1 e avevano il match ball a gara 5: come tutti sanno, non l'hanno sfruttata, e da quel momento è iniziata la rimonta dei Cavs, che hanno concluso la serie stappando champagne nella "pancia" della Oracle Arena. Questo è il motivo per cui la serie di quest'anno è più di sette semplici partite, ma soprattutto per Golden State è un'occasione per redimersi, un modo per riscattare una sconfitta che a circa un anno di distanza brucia ancora come se fosse una ferita appena comparsa.
Un'occasione anche per Durant, che a 28 anni, dopo aver partecipato e perso la sua unica finale nel 2012, quando giocava per gli Oklahoma City Thunder, ha l'occasione della vita di alzare il suo primo Larry O'Brien Trophy, che però a detta sua non sarà l'anello mancante che completerà la sua carriera. "Sarà solamente un altro trofeo" assicura KD in un'intervista a Yahoo Sports.

Che sia solo un trofeo, il riconoscimento della vita, o la vittoria sognata fin da bambino, questo dipenderà da giocatore a giocatore: ciò che però conterà di più per ognuno di loro sarà, alla fine, sollevare al cielo quel pezzo di argento misto a oro 24 carati dal valore di 13.000 dollari.



Nessun commento:

Posta un commento